Un vichingo in Serie A: Kennet Andersson
Ago 1, 2019

Siamo onesti: la statura e il biondo dei suoi capelli si identificavano perfettamente con la natura vichinga ma il viso da bravo ragazzo poi cozzava inesorabilmente con il resto. Kennet Andersson sbarcò in Italia nel ‘95 senza drakkar ma con il biglietto da visita di chi, un anno prima, aveva dominato nei mondiali statunitensi con lo stesso impeto dei guerrieri norreni.

A Detroit era riuscito con la sua Svezia a segnare un gol contro il Brasile che da lì a poco sarebbe diventato tetracampione e se non fosse arrivato il pareggio di Romario quella rete avrebbe avuto i risvolti dell’impresa. Era ancora il girone, ma il gigante di Eskilstuna stava solo all’antipasto: agli ottavi doppietta all’Arabia Saudita, ai quarti gol nei supplementari alla Romania (fondamentale per andare ai rigori e poi passare il turno).

Con la maglia del Bologna

Fu ancora la Selecao a bloccare gli scandinavi nell’ultimo step per la finale: altra perla di Romario, questa volta decisiva come una sentenza. Ad Andersson restò comunque l’orgoglio per un cammino strepitoso che lo vide fra i protagonisti (inaspettati) e come ciliegina sulla torta arrivò pure la quinta marcatura nella finalina con la Bulgaria. Niente titolo da capocannoniere della competizione iridata (dannati Stoickov e Salenko!) ma le prestazioni gli valsero la chiamata in Serie A: direzione Bari! Il club di Matarrese gioca un calcio spumeggiante e meriterebbe molto di più in termini di classifica ma nonostante questo i pugliesi retrocedono. Non bastarono neppure i 24 sigilli dello Zar Protti (miglior goleador del campionato e primo ad esserlo giocando in un club retrocesso) che insieme a Kennet avevano rallegrato i pomeriggi del San Nicola.

Kennet Andersson e Klas Ingesson

Lo svedese conclude con 12 gol, non male come prima esperienza nello stivale, ma è lapalissiano che sia portato più a farli fare. I 193 cm infatti non servono solo a farsi vedere meglio dai tifosi sistemati in cima alla struttura progettata da Renzo Piano, ma soprattutto ad un gioco di sponda prolifico in fase offensiva. Certo, sono da mettere sul conto le particolari “attenzioni” che i difensori avversari gli riservano (vedi le entrate killer di Belotti in quel Vicenza-Bologna, partita che costò addirittura l’espulsione dello svedese per proteste dopo aver subito di tutto), ma l’anima di un vichingo non si piange mai addosso. Magari timido e riservato fuori dal campo ma dentro il rettangolo verde lotta come un animale.

Passa al Bologna e anche con i felsinei si gode compagni di reparto che per vedere la porta non hanno bisogno di occhiali perché la sentono a chilometri di distanza; prima Baggio (nella stagione più fertile sottoporta di tutta la sua carriera), poi Beppe Signori, ovvero il centravanti con maggiori realizzazioni negli anni 90… non proprio sfortunato lo svedese, eh?! Dal ’96 al 2000 veste rossoblu, con una breve parentesi laziale all’inizio dell’ultimo campionato italiano; la Lazio vince il tricolore ma Andersson viene richiamato a Bologna già nel mese di novembre, durante il nostalgico mercato di riparazione.

Fa in tempo appena a disputare due partite in campionato e vincere la Supercoppa Europea del ’99 contro lo United, pur restando in panchina. L’occasione capitolina resterà la prima e l’ultima per fare quel grande salto che non arrivò mai. Due anni al Fenerbahce (e un campionato vinto) prima di concludere la carriera in Svezia. Da lì erano stati mossi i primi passi, magari poco tecnici ma comunque meritevoli di considerazioni positive. Si era innamorato del calcio con i mondiali del ’74 e in seguito ebbe una forte attrazione per le giocate di Socrates, il suo beniamino. Come già scritto, era idoneo a far sviluppare gli schemi e mandare in rete i compagni ma quando di mezzo c’era il gioco aereo era impossibile non vederlo nel tabellino dei marcatori: i suoi colpi di testa non perdonavano. Nel ’91 vinse per la seconda volta l’Allsvenskan con il Goteborg, segnando 13 volte in appena 16 presenze; il Dio del calcio sembrava che volesse donargli un futuro ad alto livello ma le aspettative si verificarono solo in parte. Esperienza negativa in Belgio, non male in Francia (con Lille e Caen dove comunque si attestò sulla doppia cifra, 11 e 9 reti), ma si fece conoscere al mondo grazie ad Usa94.

Il suo inconfondibile stile

Rimpianti? Diversi, a partire appunto dal versante nazionale, dove la mancate qualificazioni ad Euro96 e Francia98 furono dei veri fallimenti. Kennet in quegli anni navigava al massimo delle sue potenzialità e con tutta probabilità sarebbe riuscito a lasciare qualche segno. Li lasciò diversi nel nostro campionato, con ben 45 reti a referto e svariati assist; nella prima stagione punì con una doppietta l’Udinese, sia all’andata che al ritorno, mostrandosi bestia nera dei friulani.

Con il Bologna memorabile invece la sua tripletta (tutta nel secondo tempo, Serie A ’97-‘98) al Ferraris contro la Samp, ribaltando il doppio svantaggio, senza tralasciare i due gol inflitti all’Inter nel suo ultimo campionato (3 a 0 finale)… ovviamente di testa. Fu un grande amico del connazionale e compianto Klas Ingesson, con il quale condivise un capodanno speciale in Piazza Maggiore ai tempi del Bologna. I due erano tornati dal Natale in Svezia e nel locale dove stavano mangiando (forse più bevendo) incontrarono un giovanissimo Andrea Pirlo, all’epoca giocatore dell’Inter; Andersson gli chiese cosa facesse lì e se volesse bere. Pirlo propose una Coca Cola, certamente blasfemia per due figli della Scandinavia. Kennet avvisò Klas che immediatamente obbligò il futuro campione italiano a scolarsi diversi bicchieri di whisky, dicendogli pure che se avesse provato in futuro a fargli un tunnel gli avrebbe spezzato le gambe… il tono era scherzoso ma Pirlo, sbronzo ed impaurito, la prese come una minaccia vera.

La vita in ogni caso va presa con la sana leggerezza e come ha detto di recente lo stesso Andersson, dando un consiglio ai giovani: “Prendetevi il vostro tempo, ma metteteci sempre la passione e ridete molto!”. Impossibile non avergli voluto bene, impossibile dimenticarlo. Allora alla mente ritorna prepotentemente il coro dei tifosi del Bologna, sulle note di Topolino: “Dalla Svezia è arrivato il nostro goleador… Andersson, Andersson… Kennet Andersson!”.

Luca Fazi

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