Poi a un certo punto della partita apparve in curva un fantoccio, di quelli che si usano a carnevale. Successe allo stadio Bentegodi di Verona, il 28 Aprile 1996, durante il derby cittadino: Hellas-Chievo. Il fantoccio aveva la faccia dipinta di nero. Ma non fu quello che impressionò. Il fantoccio nero aveva un cappio stretto attorno al collo.
Quelli che occupavano la zona centrale della curva del Verona lo appesero alla balaustra, in modo che fosse ben visibile a tutto lo stadio. Lo fecero dondolare, e intanto battevano le mani al ritmo di una marcia militare. Sotto al fantoccio apparve uno striscione. Era in dialetto veneto e diceva: “El negro i ve là regalà. Dasighe el stadio da netar!”. Il nero ve lo hanno regalato, dategli lo stadio da pulire. Ne apparve un altro, in inglese, per rendere il tutto più internazionale: “Negro go away”.
Dietro al fantoccio e dietro agli striscioni c’erano ragazzi incappucciati in bianco, come quelli del Ku Klux Klan. Il manichino con il cappio rimase appeso per un tempo interminabile: trentotto minuti.
Nel frattempo in campo si continuò a giocare. Tutti videro lo striscione: gli spettatori, i giocatori, gli allenatori Perotti e Malesani, l’arbitro Tombolini, i dirigenti delle due squadre. Tutti videro il fantoccio che penzolava, come in un mediocre horror di serie B, tutti allo stadio sentirono quelli della curva del Verona che intonavano canti di matrice nazista. Tutti videro, nessuno pensò di far qualcosa.
Il “negro” cui si riferiva lo striscione si chiamava Maickel Ferrier, era un difensore olandese, giocava con il Voledam. Il Verona aveva appena definito il contratto, la trattativa era praticamente chiusa. Per Maickel Ferrier l’Italia era l’occasione della vita. Il lunedì la foto del fantoccio con il cappio al collo uscì su tutti i quotidiani, le tv ne parlarono, l’argomento tenne banco anche durante un rotocalco del pomeriggio.
Il mondo del calcio tutto compatto si indignò. Furono ore indimenticabili.
Poi il mondo del calcio tutto compatto dimenticò. Furono ore dimenticabili. Dimenticò pure il Verona, che dopo l’indignazione preferì stracciare la trattativa con il difensore olandese. Meglio di no, fecero sapere. Il mondo del calcio si indignò, ma con meno convinzione, ma solo un po’, giusto perché erano giorni di indignazione, quelli lì.
A Maickel Ferrier fecero sapere che l’occasione della sua vita era saltata per colpa di un fantoccio nero con il cappio al collo che i tifosi del Verona avevano fatto dondolare sulla balaustra della loro curva. Era l’aprile del 1996. Trentotto minuti, rimase appeso il fantoccio.
Furio Zara