Calcio proletario contro calcio borghese, viva il collettivo
Apr 4, 2021

Rivoluzione e ideologia. Corrado Viciani fu il primo ad applicare il credo tulipanico in Italia. Quella cosa che va sotto il nome, ormai inflazionato, di “calcio totale” e che fece vincere all’Ajax di Rinus Michels e di Ştefan Kovàcs la Coppa dei Campioni per tre anni di fila dal 1970 al 1973 (l’Olanda di Michels arrivò anche alla finale dei Mondiali nel 1974 e la perse contro la Germania ). Una vera e propria rivoluzione nella prima metà degli anni Settanta che alcuni definirono “democrazia nel calcio”, perché tutti dovevano saper fare tutto, il terzino andare di doppio passo e il regista entrare in tackle, e che altri – come Nick Hornby in Febbre a 90′ – chiamarono, con la spocchia un po’ anglosassone degli inventori del football, “postmoderno in versione calcistica”. Ora, la Ternana di Viciani vinse il campionato 1971-’72 di serie B applicando una sorta di tiqui-taca ante litteram in salsa rossoverde, ma nessuno in “conca” si atteggiò a Lyotard o Derrida. Neanche sapevamo cosa fosse il postmoderno, noi.

Se ci fu ideologia – ma ne dubito – questa non fu una roba da fighetti gauche caviar: semmai fu internazionalismo sovietico allo stato puro. “Dicono che ho plagiato i giocatori – dichiarò Viciani in un’intervista, un po’ scherzando un po’ no – che ho fatto di loro tanti soldatini di piombo (…) in una squadra bisogna ragionare con una testa sola, quella dell’allenatore. Sennò è il caos”. E ancora: “Anche nel calcio la fatica è un peso da portare. Se viene distribuita in parti uguali tra dieci individui la sofferenza è minore”. Viciani fu rivoluzionario – questo sì – perché calcisticamente fu un feroce anti-italiano. In un’epoca in cui andava forte l’Inter che vinceva di rimessa (ma ne prese due dai lancieri nella finale del 1972, va detto), applicò un modello innovativo tirandosi dietro i lazzi divertiti di un’Italia intellettualmente pigra che si crogiolava – e si crogiola ancora – nella pozzanghera provinciale della creatività, della “squadra femmina” di Brera, dell’anarchia virtuosa, dell’arte di arrangiarsi.

 

 

Arrangiarsi un cavolo! Sono tutti capaci ad “arrangiarsi” con in squadra Maradona e Careca, ma se hai undici ragazzi normali devi organizzare – un po’ per scelta, un po’ per necessità – i tuoi bei piani quinquennali di passaggi di non più di cinque metri e il tuo collettivismo militanz. E’ sempre una faccenda di classi sociali, dopotutto.

 

 

Che poi i primi ad applicare il “calcio totale”, a ben vedere, non furono mica gli olandesi. Il NKVD era una squadra che vinse il campionato sovietico nel 1940. Gran parte dei club in Urss dipendevano da dicasteri militari (Dinamo, CDKA), ferrovie e grandi industrie (Lokomotiv, Torpedo) o dal sistema delle cooperative (Spartak). Il NKVD (Narodnyj Kommissariat Vnutrennich Del) era la squadra del Commissariato del Popolo per gli Affari Interni, ma nonostante il conformismo culturale e burocratizzato dell’epoca staliniana, era guidata da Boris Arkad’ev (foto sotto, a fianco), un allenatore per certi versi visionario. Fu lui a promuovere per la prima volta una vera e propria rivoluzione con un sistema di continuo scambio di posizione tra i giocatori. Intervistato dalla Komsomol’skaja pravda dichiarò: “Nella gestione del gioco la disposizione degli uomini in campo non deve essere rigida. Un difensore deve saper giocare anche in attacco”. Sulla Pravda parlò addirittura di “caos organizzato” chiamando in causa il concetto di anima russa: “I giocatori hanno lavorato molto per riuscire a superare la schematicità del W, per infondere in questa invenzione inglese la nostra anima russa, il nostro slancio”. Insomma calcio proletario contro calcio borghese, trionfo del collettivo, squadre come macchine automatiche e giocatori come automi sebbene pervasi dallo spirito della nazione.

La Ternana nella stagione 1971-’72.

 


Naturalmente è un eccesso. Corrado Viciani non fu mai un Commissario del Popolo e non trasformò mai lo spogliatoio in un Soviet. Le squadre – crediamo lo sapesse anche lui – devono essere un giusto mix di individualità e organizzazione. Anche se saremmo curiosi di vederlo oggi. Per noi  sarebbe arrivato come minimo in zona Champions.

                                                                                                                                 Massimo Sorci

 

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