In piena epoca fascista i tifosi lo chiamavano “il Duce” per l’entusiasmo e il carisma. Titolare inamovibile per Carlo Carcano, rifiutò la richiesta dell’allenatore di seguirlo alla Juventus. Stiamo parlando di Giuseppe Gandini, forse il più tipico esponente della scuola piemontese di provincia che prima e dopo la Grande Guerra espresse un calcio grintoso, ruvido e molto concreto. Originario di Spinetta Marengo, venne notato da Augusto Rangone. La sua prima partita in maglia grigia, il 2 ottobre 1921, fu nel derby Casale-Alessandria 0-0. Vinse la Coppa Coni del 1927 e sfiorò la vittoria dello scudetto nel 1927-’28. In merito alla sua esperienza da calciatore dichiarò: “Giocavo con passione, per me era un divertimento, tanto che non sentivo neppure la fatica”. Il 6 dicembre 1931 disputò l’ultima gara della sua carriera, nuovamente a Casale: fu costretto a mollare per un infortunio ai legamenti del ginocchio. Quando fu spostato dall’allenatore ungherese Béla Révész sulla fascia sinistra nel 1923 e poi, dall’anno successivo, al ruolo di centrosostegno rivelò il tocco nitido dell’attaccante e il piglio del grande trascinatore. Per lui anche sei partite in Nazionale, l’esordio al “Mestalla” di Valencia contro la Spagna nel 1925.
Gandini, fu il Grigio più alessandrino di tutti
Gen 9, 2019
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