Anche il calcio veneto ha i suoi miti. Presidenti, giocatori, soprattutto squadre che hanno fatto storia e che i tifosi ricordano ancora dopo decenni. Come il Padova di Nereo Rocco, o il Verona di Osvaldo Bagnoli, o il Vicenza di Giovan Battista Fabbri e Paolo Rossi. Tutte squadre che sono state protagoniste solo di pochi e indimenticabili campionati. Perché il calcio veneto è fatto di provinciali. Che riescono ad arrivare fra le grandi solo una volta e tolgono presto il disturbo.
Lo hanno chiamato “Nobile provinciale”. Dopo venti campionati di fila in serie A, dal 1955 al 1975. Il Lanerossi Vicenza. La ultracentenaria società biancorossa, che ha vinto in quel ventennio cinque volte lo “scudetto delle provinciali”. Quello della serie A che comincia dal settimo posto, dopo le solite grandi.
Giovan Battista Fabbri.
Nel 1976 il Lanerossi regalò al calcio italiano una squadra eccezionale, spettacolare, innovativa. Giorgio Lago, grande giornalista sportivo e direttore del Gazzettino, la soprannominò “Real Vicenza”. Il Real Madrid delle provinciali. E battezzò “Pablito” la stella di quella squadra, Paolo Rossi. Protagonista in azzurro di due Campionati del Mondo consecutivi, in Argentina e poi in Spagna.
Nel campionato 1977-’78 il Real Vicenza ha conteso fino all’ultimo alla Juventus lo scudetto. Qualcuno sostiene che i poteri forti del calcio non glielo abbiano fatto vincere. Ha vinto comunque il confronto con i bianconeri per qualità e novità. È stata la prima squadra davvero europea del calcio nazionale. Il secondo posto in serie A è tutt’ora il miglior risultato assoluto nella storia della società. Vent’anni dopo un’altra grande squadra biancorossa, quella di Francesco Guidolin, si è fermata all’8° posto.
Uno scatenato Paolo Rossi.
Nell’estate del 1976 il Real Vicenza nasce un po’ per caso e molto per fortuna. Il presidente Giussy Farina deve rilanciare la squadra dopo aver rischiato addirittura una duplice retrocessione consecutiva. I soldi però sono pochi. Come sempre. Assume un allenatore di cinquant’anni, Giovan Battista Fabbri, appena retrocesso in serie C con il Piacenza.
Franco Cerilli.
Quasi sconosciuto ma con fama di far giocare le sue squadre in modo spettacolare. La seconda mossa del presidente è svecchiare la squadra. Troppi trentenni. Ne conferma solo due: il portiere Ernesto Galli e il centravanti Sandro Vitali. Rimangono anche i difensori Dolci e Prestanti e i centrocampisti Faloppa e Filippi. Esperienza e affidabilità. Farina punta sui giovani, anche perché costano meno. In squadra ne ha già tre: il terzino Luciano Marangon, l’attaccante Stefano D’Aversa ed il diciottenne centravanti Massimo Briaschi, proveniente dal vivaio. Fa poi tre acquisti che risulteranno straordinari. Franco Cerilli, trequartista mancino scartato dall’Inter. Un giovanissimo libero di appena 21 anni, Giorgio Carrera, dalla Reggiana. E Paolo Rossi, ala destra di proprietà della Juventus, noto solo a qualche addetto ai lavori, riserva del Como. Diventa titolare per caso, quando Vitali abbandona il ritiro per una questione di ingaggio.
Faloppa e Rossi con il presidente Giussy Farina.
Manca il regista. Giancarlo Salvi è stato scaricato dalla Sampdoria dopo undici campionati consecutivi. Ha 31 anni, talento e carisma. Ma a Vicenza non vuol venire. Accetta il trasferimento solo a metà agosto, conquistato dal gioco di G.B. Fabbri. Farina completa l’undici con il terzino Lelj e il mediano Donina. Età media: 25 anni. Con pochi ritocchi (Callioni, Guidetti, Rosi) questa squadra sarà protagonista di due campionati consecutivi: vittoria della serie B 197-’77, secondo posto nella serie A 1977-’78. Ancora più veloce della ascesa è però la caduta. Retrocede dopo solo un anno, buttando via nelle ultime giornate una salvezza che sembrava sicura.
Terribile esultanza.
Nelle due prime stagioni il Real Vicenza è la rivelazione del campionato e del calcio nazionale. Pratica un gioco dichiaratamente offensivo in tempi in cui il catenaccio è ancora la tattica più diffusa. Segue i canoni lanciati dall’Olanda, accentuandone la rinuncia ai ruoli fissi. Mai si erano visti In Italia difensori che diventano attaccanti, centrocampisti che scendono in copertura. Soprattutto nessun allenatore giocherebbe con una sola punta, per di più con un centravanti che in area di rigore ci sta poco. G.B. Fabbri trasforma Paolo Rossi in attaccante centrale. E lui diventa il miglior marcatore prima in B e poi in A. A furor di popolo è il n. 9 della Nazionale ai Mondiali in Argentina. Si afferma come uno dei più grandi attaccanti del mondo.
Ancora Paolo Rossi con G.B. Fabbri.
Il Real fa sognare i vicentini. Più di una volta gli spalti dello stadio Menti sono esauriti. Il record assoluto di spettatori (31.023) risale al 22 gennaio 1978, l’anno del 2° posto. I Clubs Biancorossi aderenti al Centro di Coordinamento arrivano a 131, gli iscritti a 11.500. Le grandi devono abbassare la testa. Paolo Rossi segna più volte triplette in serie A. I tifosi vogliono che il sogno continui, che il centravanti che gira in bicicletta per la città resti biancorosso per sempre. Ci crede anche Farina. Cerca soldi. I tifosi sottoscrivono 8.300 abbonamenti biennali. Sulla fiducia.
Cerilli contro l’Inter.
Ma è l’unico supporto che trova il presidente. Gli industriali, le banche, perfino il Comune restano a guardare. Il consiglio della società si spacca. Farina insiste. E sbaglia. Una squadra non è fatta da un solo giocatore, anche se è un campione come Paolo Rossi. Alle buste il Vicenza si aggiudica la comproproprietà del centravanti per una cifra spropositata per un piccolo club. Due miliardi e mezzo di lire. La Juventus fa un gioco strano. Offre solo 780 milioni. Ha sottovalutato Farina? Ma è lesa maestà. Il mondo del calcio sproposita reazioni negative.
https://youtu.be/6v4CLvivqnA
Comincia il declino del Real Vicenza. Penalizzato da infortuni, da cessioni sbagliate, da arbitraggi contrari, da sconcertanti risultati delle concorrenti. Il 13 maggio 1979 il sogno finisce. È serie B. Finisce anche il sogno di G.B. Fabbri, un grande allenatore. Troppo semplice e umano per diventare personaggio. Un innovatore dalle grandi intuizioni. Ha creato una squadra che andava in campo per vincere e dare spettacolo ed un gruppo di giocatori in cui non ci sono mai state invidie ma solo amicizia.
Gianni Poggi