Quando il Milan andava in provincia a giocare, veniva accolto come se fosse la fonte battesimale del calcio. Ressa, autografi e religioso silenzio durante la partita. Adesso, siamo nell’inverno del 1976, le trasferte in provincia sono all’insegna delle urla “Serie B, Serie B”, perché il Milan è in zona retrocessione. E’ finito il tempo di Rocco, quello scafato, che ha vinto tutto. Il vento ha portato Pippo Marchioro, quello rampante. Lo ha scelto il nuovo presidente, l’industriale Vittorio Duina. Settore siderurgico, specializzato nei tubi. E ha perfino il consenso di Rivera.
La campagna acquisti è tutta qui: Fabio Capello e Giorgio Morini , più alcuni giovani dalla provincia. Partono Benetti e Chiarugi. D’altronde, Duina è considerato un presidente vulcanico, termine che talvolta sottende l’idiosincrasia a spendere. Alla presentazione ufficiale di Marchioro c’è però anche Nereo Rocco, che Duina vuole ancora come suo consigliere tecnico. Marchioro dovrebbe sprizzare entusiasmo, annunciare programmi. Ma quel giorno è di poche parole. Ed è facile intuirne il motivo: si aspetta che Rocco si tolga definitivamente dai piedi. Pippo Marchioro nasce a Milano, zona Garibaldi, figlio unico di un operaio. Interrompe gli studi per fare il calciatore. Pilotato dal destino, a metà anni Cinquanta è capitano della Primavera del Milan. Ruolo prediletto in attacco, ma se la caverà bene anche in mezzo. Quando inizia ad allenare, è secondo di Radice. Allena il Como, lo porta in serie A. Poi va al Cesena, dove costruisce subito una squadra dai ritmi insostenibili, fa dodici risultati utili consecutivi e va per la prima (e unica) volta in Coppa Uuefa.
Il ritiro pre-campionato del Milan è a Nebbiuno. E’ il 5 agosto 1976 quando Rivera, per la prima volta con il numero 7 sulle spalle, viene schierato in una partitella a ranghi misti. Sarà il suo numero di maglia della gestione Marchioro. Se il vecchio Rivera operava sul centro-sinistra , il nuovo svaria su tutta la trequarti, prevalentemente sul centro-destra. Ma i critici bocciano il nuovo Milan. Dicono che Capello con Rivera e Bigon forma un trio da moviola. Forse per questo nella prima partitella Marchioro è nervoso . Avverte il pubblico che non tollererà commenti a voce alta.Vuole una squadra corta che giochi in quarantacinque metri. Poi fa giocare un torneo con quattro squadre da sei giocatori, per abituarli ad accorciare. Applicando regole speciali: se quando una squadra segna, c’è qualche giocatore nella propria metà campo, il gol non vale. Vietato entrare nell’area piccola. E se un difensore salva sulla linea , è rigore.
E la battaglia che conduce Marchioro non è solo tattica e tecnica, è anche ideologica: “Sarà un Milan socialista . Non dobbiamo curarci dei risultati delle amichevoli , anche a costo di fare brutte figure. Nemmeno a novembre probabilmente, il Milan sarà la squadra che intendo io. Morfologicamente il giocatore italiano non è diverso dagli altri. Piuttosto gli va instillata una diversa coscienza professionale: se continuassimo a motivare la sua inferiorità con la scusa che sul piano atletico non ce la fa a reggere il confronto con gli stranieri, sbaglieremmo tutto”. Allineato al grande preparatore Enrico Arcelli: perchè il calciatore ormai è diventato un atleta. Ricky Albertosi,che era andato in vacanza con un girovita da commendatore, perde cinque chili . Le donne sono pazze di lui. E anche Rivera rinasce. Corre come non capitava da tempo.
Ma non parla mai. A Milanello fa la sua comparsa lo specialista svizzero Lupan. Per attuare il training autogeno. Non è una novità per Marchioro, che a Cesena ha adottato anche sedute ipnotiche. Il tutto per accrescere la concentrazione e ridurre le sindromi ansiose tipiche degli atleti. Ma che nel sacro tempio del calcio, viene ancora accolto con un misto di curiosità e derisione. Anche se lo stesso Torino campione d’Italia ha svolto sedute di yoga. Marchioro comunque non impone nulla: il training autogeno si farà con il consenso almeno del novanta per cento dei giocatori.
Intanto, dopo la vittoria col Perugia all’esordio, contro la Samp si sbadiglia. Marchioro stavolta ha dirottato la squadra sulla zona mista. Il presidente Duina a fine partita si fa scappare “Che schifo”. E Marchioro risponde: “ Il presidente non capisce un granchè di calcio”. Per la trasferta di Bucarest in coppa Uefa, Duina decide così di invitare Rocco come dirigente accompagnatore. E scopre che al Paron questo nuovo Milan di sinistra proprio non piace. Né lo convincono alcune scelte tecniche del suo giovane successore. Milan-Juve potrebbe essere la svolta del campionato. La Juve è una squadra che preferisce i colpi d’incontro e vince proprio così. A Bologna invece il vero protagonista diventa Duina: urla contro Capello “Scemo, bidone”, coi rossoneri sotto di due gol. Poi si precipita negli spogliatoi a scusarsi. Perché la squadra rimonta : 2-2 . Per la successiva trasferta di Bilbao partirà anche Rocco, invitato ancora da Duina. E su Marchioro (foto sotto, a Milanello) fa l’effetto di un agguato: “Se viene Rocco in aereo, me ne vado. E’ elemento di turbativa”.
Nel primo tempo il Milan imperversa. Va in vantaggio con uno splendido tiro al volo di Capello su cross di Rivera. A fine frazione pareggio su rigore. Nella ripresa palle a campanile e frittata difensiva: 4-1 per i baschi. Intanto Duina telefona a Rocco, lo invita al derby e lo implora di stare “più vicino alla società”. Gli assenti hanno sempre ragione, quando le cose vanno male. Alla fine Rocco non accetta l’invito. E’ il suo modo di rispondere a Marchioro. Che intanto si autoassolve: a Bilbao d’altronde il Milan ha giocato a uomo. Poi chiede al presidente l’assunzione di uno psicologo. Duina si sente in dovere di precisare. E riesce quasi a chiarire: “Sarebbe una sciocchezza impedire a Marchioro di continuare l’esperimento intrapreso. E se alla fine del girone d’andata la situazione del Milan fosse così disastrosa , sarei proprio io ad andarmene. Aspetto sempre Rocco in tribuna a San Siro, per spiegarmi come vede la squadra”. Il Milan è ormai diventato un set felliniano dove tutti pretendono qualcosa. Tutto cospira perché il ruolo del tecnico sia meno che trascurabile, perché Marchioro sia solo una delle variabili e presto diventi quella impazzita. E si aspetta che inizi a girare il film, cioè il bel gioco. E’ un derby in tono minore, da metà classifica. Si torna alla zona : Albertosi, Sabadini, Maldera, Morini, Bet, Turone, Rivera, Biasiolo, Calloni, Capello, Silva. L’Inter va in vantaggio , siluro di Marini da venticinque metri. Il Milan reagisce e pareggia: incantevole il gol di Silva. Ne esce rinfrancato e si può concentrare sul doppio impegno contro Roma e Bilbao in quattro giorni. Piace davvero all’Olimpico, con nove uomini dietro la linea della palla e veloce nelle ripartenze. Alla fine ancora un pari. Per la rimonta contro il Bilbao, Marchioro punta sul tanto criticato Calloni. E lo sciagurato Egidio segna di testa alla sua maniera. E’ un Milan debordante di sovrapposizioni sulle fasce. I baschi sparacchiano. Biasiolo trova lo spiraglio su cross di Maldera, 2-0. San Siro una bolgia. Poi Rivera conquista un penalty, che Calloni trasforma. Il 3-0 basterebbe. A tre minuti dalla fine, un rigore dubbio segna l’eliminazione : “Usciamo a testa alta , col rammarico di essere stati eliminati da una squadra inferiore alla nostra”. Intanto Duina spara a zero contro l’arbitro.
Ma dopo il deludente pari col Genoa, il presidente si scatena: “ In squadra ci sono dei parassiti , elementi che vivono sulle spalle degli altri e sulla buona fede dell’allenatore , giocatori che aspettano che il pallone gli capiti sul piede “. Sarebbero tre o quattro. E quando i calciatori invitano Duina a fare i nomi, lui scarica il compito sul tecnico. Passa un giorno e il presidente ammette di aver esagerato, trascinato dalla passione. Promette che chiacchiererà di meno. I bene informati parlano di una squadra divisa. Ci sarebbero ormai i clan. E la zona di Marchioro non avrebbe più la maggioranza nello spogliatoio. A Foggia arriva una sconfitta netta. In classifica otto punti in dieci giornate, non accadeva da vent’ anni. Fa virare Marchioro : “Io ritengo che il maggior responsabile di tutto quel che è accaduto sia il sottoscritto. Io ho portato il Milan nella brutta situazione in cui si trova. Io lo riporterò a una situazione maggiormente consona. Parlerò coi giocatori, se c’è da mutare modulo di gioco, lo faremo”. Nell’incontro di rito per gli auguri natalizi, scoppia la pace: Marchioro e Rocco si abbracciano.
A inizio anno c’è Lazio-Milan e Capello annuncia battaglia: dopo una prova balbettante in Nazionale, lo danno per finito. Ed in effetti è stata la sua ultima in azzurro. Sarà un caso, ma i rossoneri espugnano l’Olimpico. Marchioro depura gli schemi da alcune presunte incrostazioni moderne, bel gol su triangolo Calloni-Rivera-Calloni. E’ l’illusione. Se la partita perfetta finisce 0-0 , i rossoneri raggiungono la perfezione due volte consecutive in casa . E Marchioro intanto è tornato alla zona.
La trasferta contro il Catanzaro è di quelle non impossibili. Il Milan evapora e perde. Duina è incontenibile: “la squadra è un po’ vecchia” e annuncia che proporrà una riduzione del quaranta per cento dello stipendio a tutta la rosa. Non è tutto: invierà un richiamo scritto a un gruppetto di giocatori che deve indicare ancora il tecnico. Marchioro si rifiuta e Duina prova a forzare: vuole i nomi entro lunedì e poi li renderà pubblici. Racconta che in guerra era tenente e ha fatto legare i soldati alle ruote dei cannoni. E, in caso di prestazione negativa contro il Cesena, minaccia l’esclusione dalla rosa. Rocco intanto si defila (lo vuole la Spal). La partita decisiva per Marchioro è proprio contro il “suo” Cesena, come se una forza irresistibile lo spingesse a tornare sulla Terra. Poche ore e Duina gli garantisce piena fiducia: “Non avevo intenzione di imporre un ultimatum a Marchioro. Da lui e dai giocatori mi aspetto una bella vittoria”. Passano solo ventiquattrore e il presidente torna alla carica: “Marchioro si trova in stato confusionale. Gli abbiamo chiesto di riflettere fino a lunedì sui mali del Milan e sui giocatori che hanno tradito la nostra fiducia. Ma se perdiamo con il Cesena, non cacceremo Marchioro. Gli chiederemo quali provvedimenti suggerisce. Se non proporrà nulla, dovremo agire noi. E non riesco a capire perché Rocco non venga mai a Milano. O forse aspetta che licenzi Marchioro, ma io non caccio nessuno. Io non ho bisogno di un tecnico, ma di un consigliere”. I frastornati giocatori rossoneri entrano in campo salutati da una bordata di fischi. Lo 0-0 è frutto di due pali e dei soliti errori di Calloni . Marchioro viene richiamato dall’arbitro, parla troppo e finisce afono. Duina invece non parla. Ma fino a lunedì. Poi annuncia provvedimenti radicali. Anche se “ho già detto che non intendo esonerare Marchioro “.
“Chiedevo troppe evoluzioni sul piano delle metodologie di allenamento e del gioco in un ambiente settario. Col povero Rocco erano abituati a giocare (e bene) in settantacinque metri. Un giocatore che aveva basato la sua carriera sull’istinto, non riusciva a ritrovarsi”. L’ultima proposta di Duina è il compromesso storico . Anche se sembra un commissariamento: Rocco accanto a Marchioro come direttore tecnico . E Marchioro ovviamente rifiuta: “Di tutori non ho mai avuto bisogno”. Rocco, dall’altra parte, vuole carta bianca. Duina aveva promesso di stare zitto . E infatti scrive. Viene diffuso un memoriale in cui la società punta il dito contro Marchioro: avrebbe anche minacciato il Paron. L’esperienza di Marchioro finisce il 9 febbraio 1977. La restaurazione prevede marcatura a uomo, forse barricate a Milano, come contro Radetzky. E Rivera riavrà il 10. Quando si dice che bisogna cambiare e poi ci si rifiuta.
E Marchioro era l’unico che potesse provarci al Milan in quel momento. Ha ancora molto da imparare, ma qualcosa già da insegnare (farà altre cinque promozioni). Troppa fretta, lo ammetterà. Ma la strada è battuta, questione di uomini adatti. E di stabilità societaria. Adesso Marchioro decide che l’unica soluzione è andarsene. Per non vendere un bene prezioso: la purezza dell’idea. Dopo l’esonero, Duina dichiara che quattro-cinque giocatori sono da mettere fuori rosa: pare ci sia anche Rivera. Li incontra a Milanello. Ma se li ritrova davanti imbufaliti . Forse non se l’aspetta e chiarisce: “Io intendevo solo fuori forma e non fuori rosa . Ho promesso alla squadra che non rilascerò più dichiarazioni, se non scritte. In cambio del massimo rendimento, ho promesso il massimo silenzio. Starò zitto”.
Ernesto Consolo
Da Soccernews24.it