Flippo “Pippo” Maniero può vantare una carriera da bomber di provincia di altissimo profilo. Nell’età aurea del calcio italiano, ha vissuto anche un paio di trasferimenti costosi: 10 miliardi per il passaggio al Milan, 7 miliardi per quello al Parma. Maniero ha accumulato persino 6 presenze in Champions League, eppure è anche uno dei centravanti di provincia più dimenticabili.
A differenza di altri bomber di provincia, Maniero ha coltivato con più discrezione il mito della sua fama minore. Le piazze a cui si è legato maggiormente – Padova, Venezia – non sono tra le più viscerali; non ha vissuto nessun exploit stagionale che lo ha issato nella classifica marcatori fino all’Everest dei Trezeguet e dei Crespo (e quando ce lo ha avuto, nel 2002, era già troppo vecchio per essere credibile); non aveva nessun gesto tecnico “signature” e, nel periodo artisticamente più fertile per le esultanze, non ne aveva nessuna memorabile.
“Pippo” Maniero è un nome nebuloso che circola nella nostra memoria, una particella pavloviana incastrata fra gli album Panini. Maniero era davvero bravo a fare la comparsa, a mettersi in secondo piano.
Al Parma era stato chiamato per fare la terza punta, dietro Crespo e Chiesa, e c’è stato un periodo – che ovviamente non ricordiamo – in cui i tifosi del Parma fischiavano Crespo e volevano in campo Maniero. Lui si scherniva: “Gli attaccanti sono Chiesa e Hernan, io devo fare la terza punta, sempre pronto a entrare. Non ho mai fatto polemiche, ne farò mai, perché non servono e perché le decisioni le deve prendere Ancelotti” e si preoccupava più che altro di essere un uomo spogliatoio, sempre pronto allo scherzo che potesse alleggerire la pressione. Al punto di essere costretto a giustificarsi: “Non sono un pagliaccio, però. Ogni tanto gioco anche a pallone”.
Dopo quella stagione Maniero si è trasformato in un puro valore di mercato, una piccola pedina di scambio nella fittissima rete del Parma di Tanzi. Durante il calciomercato invernale del 1998 i giornali ormai lo apostrofavano come “il solito Maniero”, lui continuava a rasarsi i capelli per rendersi irriconoscibile, e alla fine è passato al Milan per cercare di mettere una pezza alla scarsa vena di Kluivert.
Tifoso del Milan, una volta arrivato ha dichiarato: “Prendermi una rivincita è stata la prima cosa alla quale ho pensato appena mi ha chiamato il Milan” anche se non era chiaro contro chi o cosa, “Il ragionier Maniero”, dovesse prendersi la sua rivincita. Appena arrivato Capello, da sempre dietologo ossessivo, lo giudicò sovrappeso, e lui rispose: “Sono sugli 83 chili, mister. Tutto qui. È il peso che ho da quando ho fatto il militare, sarò su di un chilo, non di più”. Alla fine totalizzerà 13 presenze e 3 gol, giocando spesso in coppia con Maurizio Ganz a formare il duo potenziale forse più forte della Nazionale padana. Al suo esordio ha risolto uno zero a zero casalingo contro il Piacenza, facendo tap-in dopo una traversa di Kluivert. È sembrato uno dei pochi momenti di gioia autentica della sua vita; il giorno dopo la Gazzetta ha titolato: “Maniero usato sicuro”. A fine anno è andato al Venezia, rinunciando definitivamente a una carriera di alto livello e mettendo a disposizione di chi ne avesse bisogno il quantitativo di gol che servivano alle squadre per non retrocedere o per essere promosse.
Con la sua aria anonima e una carriera con rari momenti di intensità, tra i bomber di provincia Maniero è quello che più di tutti somiglia a un cacciatore di taglie. Maniero ha segnato 78 gol in Serie A, 115 complessivamente in carriera. Ma nessuno sa come e perché li abbia segnati: Maniero segnava di testa come si stura un lavandino, faceva un tap-in come si cambia una lampadina, e quasi sempre accompagnandolo con lo stesso quantitativo di gioia. Maniero non ha avuto né l’ambizione di diventare un grande giocatore, né l’emotività e il carisma per diventare la bandiera, l’idolo o il feticcio delle piazze in cui ha giocato. Scendeva in Serie B e saliva in Serie B senza farsi troppi problemi.
Maniero ha cambiato 15 squadre e ha rappresentato, tra i centravanti di provincia, quello che più smaccatamente è stato ridotto al numero dei suoi gol. In “Moneyball” Peter Brand dice: “Noi abbiamo bisogno di lui perché abbiamo bisogno di un certo numero di basi guadagnate” e Maniero veniva chiamato per il quantitativo di gol che, con gioia molto contenuta, avrebbe realizzato. Veniva chiamato come si chiama un disinfestatore: un uomo specializzato in lavoretti specifici.
Dal punto di vista tecnico, lo stile di Maniero era puro pragmatismo. I suoi gol non erano né particolarmente belli né particolarmente brutti: non contenevano un’astuzia profonda, una particolare grinta e non erano l’espressione di un talento specifico. Maniero era, semplicemente, un ottimo “terminale offensivo”. Come altri centravanti anni ’90, Maniero era più forte di testa che di piede: qualcosa che oggi è assolutamente impossibile da concepire. Non so se c’entrano i palloni, il fatto che la loro consistenza grave permetteva impatti quasi sempre più secchi e violenti di quelli attuali. Anche da fermo, Maniero imprimeva alla palla una frustata notevole, non limitandosi a cercare la porta ma un angolo preciso di questa; arrampicandosi sopra la testa dei difensori o scendendo in tuffo ad altezze in cui si dovrebbe usare il piede per buongusto. È difficile capire come facesse Maniero a possedere una sensibilità simile su una superficie che non usiamo come quella del cranio. Per questo la compilation dei gol di testa di Maniero è piuttosto impressionante.
Il gol più famoso di Maniero è forse anche il più bello. Risale alla stagione 1998-’99, in cui il Venezia fece una straordinaria rimonta dall’ultimo posto in classifica fino a quasi l’Europa, con gli ultimi mesi giocati dalla coppia d’attacco Recoba-Maniero. In un’intervista l’attaccante indica come punto di svolta stagionale una sfida con l’Empoli in cui il Venezia rimontò vincendo 3 a 2. Maniero segnò 2 gol e il secondo con un colpo di tacco che, visto che siamo negli anni ’90, è corretto definire “alla Mancini”. Il “Chino” Recoba pennella la palla in area, Maniero spalle alla porta, circondato da difensori, la gira in porta di tacco voltando la testa dall’altra parte (il dettaglio più estetico del gol): “Era l’unico modo che avevo per colpirla, ma se ci ripenso 100 volte non mi riesce più”.
Dopo una coda di carriera da bomber di provincia, calcando i campi delle categorie più assurde con le squadre dai nomi più incredibili (Piovese, Legnarese, Casalserugo), Maniero si è ritirato.
Alla sua partita d’addio c’erano Di Livio, Toldo, Ferrara, Amauri, Quagliarella, Di Michele e persino Del Piero, con cui Maniero ha giocato in un’annata delle giovanili del Padova particolarmente fortunata.