Il vecchio bomber della provincia casereccia
Mar 13, 2021

Alla radio…

“Palla in verticale per Hubner! Dario Hubneeer! 3-0 Piacenza. La doppietta di Dario Hubner che porta a 24 i suoi gol in campionato e si prende lo scettro di re dei bomber. Scrive il suo nome nella storia del campionato di serie A”.

 

“L’Estate di Hubner”, non Cristiano Ronaldo o Messi, non Balotelli o Totti. Hubner, con la sua testa ciondolante e il pizzetto, adesso imbiancato. Non sarà “Let it be” ma il motivo che mi rimbalza da Facebook m’acchiappa, mi diverte. Però…

 

Hubner nel Piacenza.

 

Vedo chi l’ha scritto e lo suona: Toromeccanica, band salentina – e che solo i Negramaro o la Taranta… –  già apparsa sul palscoscenico italiano, soprattutto quello del concerto del Primo Maggio. Giovanissimi che si sono ricordati di un vecchio bomber, e non uno di quelle icone mondiali coperte di tatuaggi, che fanno foto in mutande, ma uno di quelli fatti in casa.

 

 

M’acchiappa  per quella radio che gracchia all’inizio e ti riporta a quasi 15 anni fa. Il Bisonte oppure Tatanka, forse l’ultimo bomber di provincia, quando il calcio non era ancora completamente globalizzato – dei vari Messi sparsi per il mondo tutto sommato non te ne fregava niente – guardavi il football di casa tua e l’uomo gol potevi andartelo a comprare comodamente in serie B o in serie C. Di gente così un tempo ne avevamo tanta.

 

Il Bisone in azione nel Cesena.

 

Lui di gol ne ha fatti tanti, ovunque: più di 300. Il primo in serie A, e proprio il giorno del suo debutto in serie A,  lo fece nel ’97 a 30 anni col Brescia a San Siro contro l’Inter (e ne seguiranno subito tre alla Sampdoria): “Non avevo mai messo piede a San Siro, 85.000 persone che restano ammutolite”.  Tutti aspettavano Ronaldo e invece ecco Dario Hubner, di Muggia, uno di quei paesi rimasti smezzati con l’ex Jugoslavia dopo la guerra. Padre operaio, fratello carrozziere, lui stesso garzone di panetteria, fabbro, imbianchino. Finita la terza media, via al lavoro. Leggo che ai professori disse: “Mi date o non mi date questo diploma io da domani mattina alle 7 faccio il fabbro”. Diplomato con sufficienza, a gentile richiesta e con buon cuore.

 

“Toglietemi tutto, ma non il gol, un grappino e la sigaretta” (anche se in questa foto il grappino è sostituito da una bella birra!).

 

Poi il ragazzo scoprì che coi gol si guadagnava di più e si faticava di meno e andò così. “Bomber di provincia” si diceva una volta, avrebbero potuto scriverglielo pure sulla carta d’identità. Amava le Marlboro e dicono che per rilassarsi qualche volte se ne facesse una anche durante l’intervallo. (E infatti nel video fuma anche guardando i suoi gol alla televisione seduto in salotto). Diceva Corioni presidente del Brescia che se Darione non avesse frequentato troppo le Marlboro e i grappini sarebbe diventato il più forte attaccante italiano dell’epoca.

 

 

Alto, forte, potente, un tiro che buca, spacca, sfonda, un Bisonte appunto. Tutto il contrario di quello che oggi diremmo un Falso Nueve. No, lui era un centravanti classico, di quelli che oggi non li fanno più, si piazzava in mezzo e di solito partiva in contropiede – come capita a tutti quei club di provincia che lui ha frequentato e che dovevano cercare di sfangare il pareggio – ingobbendosi, un Bisonte appunto. Si è guadagnato da vivere facendo gol per oltre vent’anni, dalla Pievigina al Cavenago, il club più a Sud il Perugia. Ha vinto la classifica cannonieri in tutte le categorie: in C col Fano, in B col Cesena, e in A col Piacenza quando ormai aveva 35 anni. Mai una partita in nazionale, pur avendo fatto almeno un paio di anni buoni in serie A. Capita.

Ha lasciato ormai quarantenne divertendosi sui campi di provincia. Ha aperto un bar a Crema dove abita, un tempo tutti gli ex calciatori aprivano un bar.

La giovane band dei Toromeccanica ha preso spunto da quella primavera-estate fatta di gol e  di innamoramenti giovanili, per scriverci sopra “L’Estate di Hubner”. Il brano apre proprio con la radiocronaca di quel Piacenza-Verona in cui Hubner si laureò capocannoniere. Di un’estate di un fatuo amore giovanile tutto sommato resta solo l’eco alla radio di quei gol del Bisonte Hubner.

 

 

“Vaglioni! Mo’ ve lo tagliu ‘sto pallone!”  Non poteva mancare anche lui , ovviamente, imbiancato nei capelli e nel pizzo, ma sempre rubicondo, genuino, bello e simpatico come un caro, vecchio bomber di provincia. Darione Hubner, il Bisonte. Bei tempi.

PS: Fidatevi, acchiappa!

Fabrizio Bocca

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