La Juventina di Renzo Barbera: la “piccola grande” squadra che accese Palermo
Set 28, 2025

Da Resuttana alla Favorita, tra anni d’oro del dilettantismo e ricordi di un calcio ormai perduto

Non c’era bisogno di televisione o cronache via radio: a Palermo, negli anni Settanta, il calcio si viveva in ogni quartiere. Quando il Palermo giocava lontano dalla Favorita, la città non restava mai orfana di pallone. Bastava una bicicletta o una passeggiata a piedi per ritrovarsi a Resuttana, su quel campo polveroso che profumava di passione. Lì giocava la Juventina di Renzo Barbera, il presidente che ancora non era diventato “il Presidentissimo” rosanero, ma che già respirava calcio in ogni gesto.

La Juventina 1938-’39


La squadra bianco-azzurra era un pezzo importante del mosaico cittadino: insieme a Cantieri Navali e Amat teneva alto il nome di Palermo in Serie D, mentre Bacigalupo, Kalsa e Stella Maris animavano la Promozione. Nei weekend, alle 14,30, quando iniziavano tutte le partite, i tifosi avevano solo da scegliere quale campo affollare.

Un undici nell’annata 1941-’42



La Juventina, però, aveva qualcosa in più. Per le sfide di cartello lasciava il Resuttana e si spostava alla Favorita: contro squadre come Alcamo, Canicattì, Terranova di Gela o Nissa serviva una cornice diversa, spalti capaci di contenere un pubblico che nel quartiere non ci stava più.

Renzo Barbera, un gentiluomo nel calcio



In una storica fotografia scattata proprio alla Favorita si riconoscono volti che avrebbero lasciato un segno. In porta Vittorio Di Cristofaro, palermitano classe ’41, considerato tra i migliori estremi difensori della categoria. In difesa Guadagna, grintoso anche se lui rifuggiva sempre quell’etichetta, e Totò Valenziano, cefaludese e terzino “fluidificante” quando ancora non si usava definirli così. Il libero era Buzzanca, fratello dell’attore Lando, elegante anche fuori dal campo.

Quando il Palermo era Juventina


A centrocampo l’energia di Girgenti e Bandini sosteneva i talenti più giovani. Spiccava soprattutto un ragazzino con il numero 7, Ignazio Arcoleo: l’allenatore Vicpalek lo voleva largo a destra, preservandolo dai compiti di fatica. Sarebbe diventato protagonista da giocatore e in seguito tecnico del “Palermo dei picciotti”. Accanto a lui, il regista Pippo Tranchina, numero 10 vero per classe e stile, che scelse poi la carriera in banca. In avanti le punte Piazzi e Minutella completavano un undici quasi interamente siciliano.

La Juventina disputava le proprie partite casalinghe sul campo del quartiere Resuttana



Quella era la Juventina di Barbera, un vivaio naturale di giocatori e di passione. La sua storia, però, non nasceva negli anni Settanta. Le origini risalivano al 1930, quando la società fu fondata da militari della Divisione “Aosta”. Nel 1941, con la città segnata dalla guerra e il Palermo sull’orlo del fallimento, la Juventina accettò la fusione e nacque l’Unione Sportiva Palermo-Juventina. Nel dopoguerra ritornò il rosanero, ma nel 1951 Renzo Barbera riportò in vita il nome Juventina, costruendo una nuova squadra capace di crescere tra Resuttana e Favorita.

Il percorso bianco-azzurro si concluse nel 1968, con la fusione con la Juve Bagheria che diede vita al Bagheria. Ma a distanza di decenni, quel nome conserva un’aura speciale. Perché la Juventina fu molto più che una squadra: fu un modo di vivere il calcio, quando a Palermo bastava un campo in terra battuta per sentirsi al centro del mondo.

Mario Bocchio

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