
Terzino instancabile, scopritore di talenti e tifoso appassionato: quarant’anni con la Sampdoria nel cuore
Genova, Carignano, un pomeriggio di giugno. Dal portone di via Corsica esce Domenico Arnuzzo, volto che ogni sampdoriano conosce. La sua vita è intrecciata alla Sampdoria: prima giocatore, poi dirigente e oggi tifoso, sempre con la stessa passione negli occhi.

Nato a Sampierdarena, Arnuzzo cresce tra libri e pallone. Inizia a giocare nelle squadre del quartiere, poi a 14 anni entra nel vivaio blucerchiato. Da attaccante a terzino per necessità, diventa un difensore “vecchio stile”: grintoso, determinato e sempre pronto a marcare a uomo.

Esordisce in Serie A nel 1969, tra prestiti a Reggiana e Savona, fino a diventare titolare. Nei dodici anni in prima squadra colleziona 195 partite e un gol memorabile contro il Foggia, simbolo del suo impegno costante in difesa.

Dopo il ritiro, Arnuzzo diventa responsabile del settore giovanile sotto Paolo Mantovani. Scopre talenti come Roberto Mancini, porta alla Sampdoria giocatori decisivi come Boghossian e Flachi e contribuisce alla crescita della società in Italia e in Europa. Non mancano episodi curiosi e avventure all’estero, tra osservazioni in Jugoslavia e incontri con grandi protagonisti del calcio.

Nel 2001 lascia la Sampdoria per seguire Marcello Lippi alla Juventus, diventando osservatore fino al 2012. Poi ritorna a Genova come opinionista, continuando a raccontare la squadra del cuore. Per Arnuzzo essere sampdoriano significa vivere ogni partita come parte di una grande famiglia, ricordando ogni derby e ogni sfida come momenti preziosi della sua lunga carriera.
Una vita intera dedicata a un unico amore: la Sampdoria, dentro e fuori dal campo.
Mario Bocchio