
Severino Saugo, classe 1939, lo abbiamo conosciuto tempo fa, ma la sua fisionomia c’era già familiare fin dalla fine degli anni Sessanta quando lo notavamo giocare con la squadra del quartiere Santo (Sant’Antonio) di Thiene sul campo “Livio Gemmo”, in Ca’Pajella, contro l’A.C. Marte di Giovanni Pegoraro. “Marte”, squadra di un altro pianeta, allenata dal mitico ex rossonero Gino Penzo. L’allenatore “brasiliano” Penzo fu poi anche il trainer della formazione “Rino Toniolo” del Santo, club che portò al successo conquistando il passaggio in Seconda Categoria nel 1974-’75. Quella per Severino fu l’ultima annata calcistica con la quale chiuse in bellezza la pluriennale carriera.

Per questo, in occasione del 67° anniversario della fondazione del ”Rino Toniolo” (1958-2025), ripropongo oggi l’intervista al giocatore considerato simbolo e “bandiera” della squadra, avendo vestito con orgoglio per diciassette stagioni consecutive la maglia della nota frazione di Thiene. L’ottuagenario ex attaccante biancoceleste, lo incontrammo sul parterre del vecchio caro Stadio Miotto prima di una gara di qualche anno fa. Da come ci raccontano ancora oggi i giornali d’epoca, rimangono indelebili le sue gesta atletiche legate a quelle di un altro grande protagonista del “Santo”, purtroppo scomparso nel 2017 e cioè, Antonio Marchiori detto “Momi”, cuore pulsante della squadra e poi anche presidente della stessa società calcistica.


Marchioni, a sinistra, e ancora Saugo
Ricordiamo che il giornalista di turno nella cronaca sportiva d’epoca di una gara vinta in casa per 1 a 0 scrisse tra l’altro :“ …i due minuscoli attaccanti del ‘Rino Toniolo’ portavano, con veloci incursioni in contropiede, lo scompiglio nella difesa avversaria maranese…”. Ma ora seguiamo con attenzione l’intervista del nostro simpaticissimo interlocutore.

“Severino cosa pensa Lei oggi del calcio?” dopo la pausa di rito egli afferma sicuro: “ Per me era più bello quello di una volta! C’era più pubblico, il gioco era più lento anche se duro, ma lo spettacolo assicurato. Oggi corrono sempre, il gioco è veloce, ma anche violento ed è facile subire infortuni gravi. Poi non mi piace sentire gridare e protestare i giocatori in campo: non è un bel sentire. I rettangoli verdi, rispetto ai nostri tempi, sono bellissimi, ma i palloni forse troppo leggeri e volano; sono più adatti alle squadre giovanili”. Passiamo ora alla seconda domanda : “Severino, quando è cominciata l’avventura nel mondo della ‘pelota’ cittadina?”

Una domanda che evoca di sicuro la nostalgia canaglia: “Ho cominciato come tutti a quel tempo, giocando nelle corti. A sedici anni sono sceso in campo con i nerostellati del Malo disputando il mio primo campionato CSI regolamentare e ho proseguito a Zanè per un’altra stagione. Nelle frazione del Santo prima di noi non c’era nulla. Siamo partiti in pochi, un gruppo di amici, nel 1958 iniziando dal campionato di Terza Categoria. Si giocava contro squadre dotate di grande esperienza come Sarcedo, Zane, Caldogno e via discorrendo. Pian piano, con gli anni, richiamando nelle nostre fila buoni giocatori da altre squadre, siamo riusciti a farci temere e rispettare fino a conquistare la promozione in Seconda Categoria dopo aver prevalso nel campionato 1974-’75 con l’allenatore Gino Penzo. Dopo aver vinto il nostro girone, siamo entrati nella seconda fase per la conquista del titolo provinciale dove abbiamo battuto Zugliano e Asiago. Il titolo provinciale però lo abbiamo perso per 3 a 1 contro il Montorso. In quella stagione giocai poco perché ero uno dei veterani più ‘anziani’ e perciò quella fu la conclusione della mia lunga carriera fatta quasi tutta con la stessa maglia”.


Ancora il Toniolo con Saugo molto giovane
E aggiunge sorridente e pago: “Poi la squadra, più di recente, ha raggiunto un risultato lusinghiero arrivando anche in Prima Categoria ma questa è già storia moderna”. E qua la domanda casca a fagiolo: “Cosa non le piace del calcio moderno rispetto a quello di una volta?” La risposta è rapida come lo scatto giovanile che Severino doveva avere in campo: “Non mi piacciono i giocatori che si fanno i tatuaggi! Non mi piacciono quelli che si levano la maglia e vanno a urlare sotto la tribuna. Non condivido quando i calciatori di una squadra vincente, cantano, urlano e schiamazzano negli spogliatoi, quasi a voler sfottere gli avversari. Scusate, ma io sono ancora legato alla sportività genuina: all’avversario battuto in campo va tutto il nostro rispetto. Forse sarò nostalgico e romantico, ma a me piace ancora il calcio di Rocco e Rivera, quello che ha dato a noi tifosi del Milan, tante soddisfazioni”. E così anche noi ci ritroviamo istintivamente a concordare con le varie risposte del nostro simpatico interlocutore, mentre andiamo a concludere in bellezza: “Severino, lo vogliamo dare un consiglio alle giovani leve?”
La risposta è di quelle che anche noi vogliamo ascoltare: “Certamente! Praticare lo sport di qualsiasi specialità è la medicina per l’anima soprattutto dei giovani. Può essere individuale o di gruppo, ma è sempre un’attività terapeutica. Io ho scelto il calcio, uno sport di aggregazione (non c’era molta scelta ai miei tempi) e nel gioco mi sono sentivo utile ai miei compagni dai quali ho avuto le mie belle gratificazioni. Da tutti ho imparato qualcosa, soprattutto quella di emozionarmi con loro in ogni fase di gioco, lottando per superare gli ostacoli che sembravano insormontabili; battersi per lo stesso obiettivo capendo fino in fondo il valore dell’amicizia dentro e fuori dal campo.” “Grazie Severino! A fine intervista vuole terminare con una battuta?”: “Molto volentieri! Vorrei esternate la mia appartenenza: Viva il calcio! Viva lo sport! Forza Thiene! Forza Rino Toniolo!!! … rimane sottinteso il Milan…”.
Giuseppe (Joe) Bonato