
Difensore solido, piedi raffinati e una visione di gioco da regista: Marco Baroni, fiorentino classe 1963, era tutto questo. E forse anche qualcosa di più. Non ha collezionato trofei in serie, ma ha lasciato il segno dove contava, regalando al Napoli uno scudetto storico con un gol decisivo nell’ultima giornata del campionato 1989-’90. Un’impresa tutt’altro che semplice in un’epoca dominata da campioni e squadre stellari.



Partendo da sinistra, Baroni nell’Udinese, nella Roma e nel Lecce
Baroni oggi allena il Torino, e ha sessantuno anni. È diventato un maestro delle promozioni dalla Serie B, ma la sua carriera da calciatore merita di essere ricordata. Fa parte di una generazione d’oro – quella cresciuta nell’Under-21 di Azeglio Vicini – che include Giannini, Vialli, Ferri, De Napoli: tutti protagonisti, poi, dell’Italia di Italia ’90.
In difesa, il punto di riferimento era proprio lui, Marco Baroni. Dopo l’esordio in A con la Fiorentina, affronta il percorso classico e duro delle categorie minori: Monza, Padova, e poi la Serie B. A spingerlo nuovamente tra i grandi è l’Udinese, che lo valorizza in un’annata di alto livello. A notarlo è la Roma, guidata da Sven-Göran Eriksson, che punta su di lui per ricostruire una squadra da rifondare.

Sembra la svolta, ma qualcosa si incrina. Baroni perde sicurezza, si smarrisce sotto il peso delle aspettative e viene presto ceduto. Riparte dalla Serie B, dal Lecce, dove ritrova sé stesso e la Serie A grazie anche alla guida di Carlo Mazzone. Due stagioni da protagonista, poi una nuova occasione con una big: il Napoli di Maradona, che lo accoglie e lo mette al centro della difesa.

Il gol che vale uno scudetto. Nella stagione 1989-’90 il Napoli non parte con i favori del pronostico: l’Inter è campione in carica, il Milan domina in Europa, la Juventus resta competitiva. Ma Alberto Bigon orchestra una squadra solida, determinata, capace di tenere testa ai rossoneri fino all’ultimo respiro. E proprio nell’ultima giornata, dopo la clamorosa caduta del Milan a Verona, è Baroni a mettere il sigillo al tricolore: colpo di testa su punizione, gol dopo sette minuti di gioco, scudetto numero due per il Napoli.

Il difensore, che a Roma era stato considerato un mezzo fallimento, diventa ora l’immagine della vittoria. In Supercoppa Italiana, nell’agosto successivo, contribuisce al 5-1 inflitto alla Juventus. Non mancheranno momenti amari, come il rigore fallito in Coppa Campioni che segna l’ultima partita europea di Maradona, ma nessuno può cancellare quanto fatto.
Il Baroni calciatore ha ancora qualcosa da dire: chiude la carriera con un triennio importante a Verona, conquistando un’altra promozione in Serie A. Da allenatore, seguirà lo stesso copione: porterà in A il Benevento per la prima volta nella sua storia, poi il Lecce, e si toglierà la soddisfazione di vincere anche il Torneo di Viareggio nel 2012 alla guida della Juventus Primavera, facendo esordire un giovane Leonardo Spinazzola.
Non sarà stato un fuoriclasse da copertina, ma è stato protagonista in tutte le sue vite calcistiche. E ogni volta, quando sembrava che il sipario fosse calato, Marco Baroni ha trovato il modo di risalire la scena.
Mario Bocchio