Ivo Viktor, il gigante silenzioso che fermò la Germania e ispirò il cucchiaio
Ago 4, 2025

Nel 1996, quando il glorioso Dukla Praga si fuse con l’FC Pribram, dando origine a una nuova realtà chiamata FC Dukla Pribram, si decise di omaggiare il passato con un sondaggio tra i tifosi: bisognava scegliere gli undici più grandi della storia del club. Per il ruolo di portiere non ci fu discussione. Il nome di Ivo Viktor venne scritto da tutti, all’unanimità. Nessun altro. Solo lui.

In uscita sugli attaccanti inglesi



Viktor arrivò al Dukla nel 1963 e vi rimase per quattordici anni, collezionando 316 presenze e diventando una colonna portante di una delle epoche più vincenti del club: due titoli nazionali (1964, 1966) e tre Coppe di Cecoslovacchia (1965, 1966, 1969). Ma oltre ai trofei, ciò che lo rese speciale fu la continuità: fu eletto miglior calciatore cecoslovacco in cinque annate diverse, tra il 1968 e il 1976, qualcosa di rarissimo per un portiere. Quando nel ’77 decise di smettere, lasciò il posto tra i pali – al Dukla e in nazionale – al suo erede Jaroslav Netolicka.

Primi piani del celebre portiere cecoslovacco



Nel frattempo, proprio nel 1976, Viktor stava per vivere il suo capolavoro.



L’Europeo di quell’anno si apriva con un formato a due fasi: otto gironi da quattro squadre, con solo la prima classificata ammessa ai quarti, giocati in gare di andata e ritorno. La Cecoslovacchia partì male: un sonoro 3-0 subito in casa dell’Inghilterra faceva temere l’ennesima delusione. Ma arrivarono tre vittorie fondamentali – contro Cipro, Portogallo e nel ritorno con gli inglesi – che ribaltarono il destino. Nei quarti fu sorteggiata contro l’Unione Sovietica. Vinse 2-0 a Praga, pareggiò 2-2 a Mosca. Nessuno ci credeva, ma erano in semifinale.

A “Wembley” contro l’Inghilterra



Lì li attendeva l’Olanda di Cruijff, una squadra che sembrava venuta dal futuro. Ma quella sera, a Zagabria, in uno stadio Maksimir reso quasi impraticabile dalla pioggia, il collettivo olandese si inceppò. I cechi resistettero, andarono ai supplementari e colpirono con Vesely e Nehoda: 3-1, finale conquistata. Dall’altra parte, la Germania Ovest, campione del mondo e d’Europa in carica, superava la Jugoslavia 4-2.

Ivo Viktor in allenamento

I

l 20 giugno 1976, allo stadio Marakana di Belgrado, andò in scena una finale entrata nella leggenda. Tutti si aspettavano il trionfo tedesco. Ma Ivo Viktor, con la sua maglia verde e il numero 1 dorato, chiuse la porta. Fu monumentale, un baluardo inarrivabile. Il 2-2 al termine dei tempi regolamentari e supplementari portò la sfida ai rigori.

Nella Cecoslovacchia che vinse l’Europeo nel 1976



Fu lì che la storia cambiò per sempre: Uli Hoeness spedì il pallone alto, poi Antonin Panenka si avvicinò al dischetto e inventò il suo capolavoro. Quel rigore – lento, beffardo, appena scavato – passerà alla storia come “il cucchiaio”. Ma senza la resistenza di Viktor, quella poesia non avrebbe avuto cornice.

Una saracinesca nella finalissima contro la Germania Ovest



Per quell’Europeo straordinario, Viktor venne incluso nella formazione ideale del torneo, davanti a Sepp Maier, il numero uno tedesco considerato all’epoca il migliore del mondo. Non solo: il Pallone d’Oro 1976 lo vide sul podio, terzo dietro Beckenbauer e Rensenbrink. Un risultato eccezionale per un portiere.

Miglior portiere dell’Europeo 1976



Nel 2000, quando la rivista sportiva Gól stilò la classifica dei migliori calciatori cechi del Novecento, Viktor figurava ancora sul podio, dietro solo a due giganti: Josef Masopust e Josef Bican. Ma nella memoria collettiva, per chi ama i portieri e la bellezza del gesto difensivo, Ivo Viktor resta un monumento. Uno di quelli che non urlano, ma fanno la storia.

Mario Bocchio

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