Renato Portaluppi, il re decaduto
Lug 5, 2025

Arrivò come un re, se ne andò come un’ombra. L’avventura di Renato Portaluppi alla Roma durò appena una stagione: abbastanza per lasciare il segno, ma non quello sperato.

La presentazione di Renato: arrivò con l’elicottero



Roma, estate 1988. L’Italia guarda al Brasile con occhi pieni di meraviglia. Il campionato sta cambiando pelle, aprendosi sempre più agli stranieri. La Roma di Dino Viola e di Nils Liedholm (nella veste di direttore tecnico) cerca il colpo ad effetto. Lo trova nel Rio Grande do Sul, a Porto Alegre, in un’ala destra esplosiva: Renato Portaluppi, detto Renato Gaúcho.

Renato nel Flamengo



Ventisei anni, un fisico da fotomodello e una Coppa Intercontinentale vinta da protagonista contro l’Amburgo nel 1983 con il Grêmio. In patria è già leggenda: dribbling, gol, carisma, vita mondana. È la sintesi perfetta del calcio brasiliano degli anni ’80. La Roma lo prende dal Flamengo per rilanciare un progetto tecnico ormai in crisi dopo lo scudetto del 1983.

Renato in azione con la maglia della Roma



L’accoglienza è da imperatore. Il Brasile ne canta le gesta, l’Italia ne sogna la classe. Renato però sbarca nella Capitale con l’atteggiamento sbagliato: crede di poter incantare la Serie A con lo stesso spirito da spiaggia con cui ha stregato il Brasile. Ma il campionato italiano è un’altra cosa: duro, tattico, senza pietà.

Ricordi giallorossi


Il primo a capirlo è Nils Liedholm, che lo mette in campo con fiducia ma resta presto deluso. Renato fatica ad adattarsi: fuori posizione, svogliato, disorientato davanti a marcature asfissianti. Qualche lampo di classe non basta. I tifosi, che lo avevano accolto con entusiasmo, cominciano a storcere il naso.

Renato nella Seleção



In campionato gioca 23 partite in campionato e segna 4 gol tra Coppa Italia e Coppa UEFA, pochi dei quali decisivi. Soprattutto, non entra mai davvero nei meccanismi della squadra. Fuori dal campo si vocifera di notti brave, incomprensioni linguistiche e culturali, una vita privata che non si sposa con le esigenze del calcio italiano. Il talento c’è, ma resta chiuso nella valigia con cui era arrivato a Fiumicino.



Dopo un solo anno, la Roma lo scarica. Renato torna in Brasile, al Flamengo, senza lasciare rimpianti. La sua esperienza italiana diventa un caso emblematico: la dimostrazione che il talento da solo non basta, se non è accompagnato da spirito di sacrificio e adattamento.

Paradossalmente, è proprio dopo la delusione romana che inizia la sua seconda vita calcistica: prima come giocatore simbolo del Flamengo e e del Botafogo, poi come allenatore vincente con il Grêmio, con cui trionfa in Copa Libertadores nel 2017. Un cerchio che si chiude, lontano da Roma, lontano da quel sogno italiano mai sbocciato.

Oggi, Renato Portaluppi è una leggenda vivente in Brasile, ma a Roma resta una comparsa. Un re senza regno, che per un attimo aveva pensato di conquistare la Lupa, e invece fu lei a sbranarlo.

Mario Bocchio


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