Petrodollari alla fine del tunnel: il Paris Saint-Germain è campione d’Europa. L’Inter di Inzaghi si scioglie sul più bello
Giu 1, 2025

Allianz Arena, notte di maggio. Il cielo sopra Monaco di Baviera è un sipario teso, pieno di attesa. Lì sotto, due visioni si sfidano per la Coppa dalle grandi orecchie: una storia costruita con le mani, l’Inter, e una edificata con l’oro, il Paris Saint-Germain. Vince la seconda. Ma non per caso. Per una volta, il denaro non solo ha comprato i piedi, ma ha plasmato anche una squadra.

Il Paris Saint-Germain vince la prima Champions League della sua storia, e lo fa umiliando nel gioco e nella testa una Inter smarrita, incapace di dare seguito a quanto di buono aveva costruito fino alla finale. Finisce 5-0 per i parigini, un risultato fulminante che mette a nudo tutte le fragilità della squadra di Inzaghi. Fragilità mentali, ancor prima che tattiche.

La sequenza delle reti della squadra di Luis Enrique svuota l’Inter, che arretra, alla ripresa dopo l’intervallo sotto di due reti gestisce male un ipotetico tentativo di rimonta. Inzaghi aveva affidato le chiavi del centrocampo a un Barella in serata no e a un Çalhanoğlu come impaurito. Il Paris ha sempre preso il campo, spinto da un Doue dominante.

La gioia dei parigini

È un lento crollo. L’Inter perde certezze, il Paris guadagna metri e fiducia. La ripresa è un tormento umiliante, per una squadra svuotata. Thuram non incide, così come Lautaro, Dimarco è spaesato, idem Mkhitaryan. Solo Bastoni cerca di mantenere la testa alta, ma è una diga contro la marea.

E giù le lacrime: quelle dell’Inter, che sa di aver buttato via una finale gestibile, e quelle del Paris, che finalmente tocca il cielo.

Lo sconforto degli interisti

Per il PSG è la chiusura di un cerchio. Dopo più di un decennio di investimenti colossali, figuracce storiche – ricordate il 6-1 di Barcellona nel 2017? – e accuse di essere solo “marketing con le scarpette”, il club della capitale francese entra finalmente nella storia con merito. Non è la squadra di Neymar, non è il circo di Messi e Mbappé: è un gruppo costruito intorno a giovani intelligenti, a una guida silenziosa come Luis Enrique.

In campo, il PSG è sembrato squadra: corto, compatto, feroce. L’Inter, invece, è sembrata stanca, prevedibile, a tratti presuntuosa. Simone Inzaghi, che fin lì aveva gestito il torneo da stratega, si è incartato nella serata più importante, rinunciando al coraggio e concedendo campo a una squadra nata per uccidere negli spazi.

La delusione dei tifosi nerazzurri



La sconfitta non cancella il valore del percorso nerazzurro. Ma getta una luce cruda sul futuro. L’occasione d’oro è sfumata. Come due anni fa contro il City, ma con più rimpianti. Perché questa volta la coppa sembrava possibile. Era lì.

Il Paris, invece, la afferra al termine di un lungo e accidentato cammino. E oggi, per la prima volta, il club che più ha speso nel XXI secolo può dire di aver vinto davvero. Non solo nei bilanci, ma nella storia.

E ora, tutto cambia.

Mario Bocchio

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