Mezzo secolo dopo, il Bologna risale sul treno della gloria
Mag 14, 2025

Ci sono città che si adagiano sulla memoria, e altre che ci convivono come si convive con una fiamma che arde piano, ma non si spegne mai. Bologna appartiene alla seconda specie. Ogni passo del suo presente sportivo, ogni vittoria o sconfitta, ogni speranza affidata a un cross o a una parata, si misura con il peso – dolce e terribile – di una storia gloriosa. E ora, dopo cinquant’anni, il Bologna torna a giocare per un trofeo vero. Non un’amichevole estiva, non una rincorsa salvezza, non un ottavo di finale che vale poco e nulla. Ma una Coppa Italia da stringere, da rincorrere, da sognare.

1974, il capitano del Bologna Giacomo Bulgarelli, riceve la Coppa Italia dal presidente federale Artemio Franchi

L’ultima volta che la città si è stretta attorno a una finale fu nel 1974, in uno stadio Olimpico che ancora portava le cicatrici del calcio degli anni Settanta. Di fronte c’era il Palermo, allora in Serie B. Il Bologna, più forte sulla carta, più abituato alle pressioni, si ritrovò con il fiato corto e le gambe pesanti. La partita finì 1-1. Poi, ai rigori, la gloria. Ma fu una gloria segnata da polemiche, contestazioni all’arbitro Gonella e accuse mai sopite. A Palermo parlarono di furto, a Bologna si parlò solo di una coppa in più, la seconda della propria storia dopo quella conquistata nel 1970. Due lampi in un’epoca che aveva già visto spegnersi la grande luce degli anni d’oro.

Bologna e Palermo prima del fischio d’inizio, insieme al contestato arbitro piemontese Sergio Gonella

Già, perché il Bologna ha un passato che fu leggenda. Sette scudetti, il primo nel 1925, quando il calcio italiano era ancora da inventare. L’ultimo nel 1964, nello spareggio di Roma contro l’Inter di Helenio Herrera: 2-0 secco, con Fogli e Nielsen che marchiarono la storia. Un’impresa che ancora oggi i vecchi raccontano come fosse un romanzo, con Bernardini in panchina e una città che festeggiò come mai prima. Era il Bologna che si faceva chiamare “Lo squadrone che tremare il mondo fa”. E non era solo poesia: era realtà.

Il centrocampista rossoblù Helmut Haller (a sinistra) e il difensore nerazzurro Tarcisio Burgnich (a destra) nel corso dello spareggio-scudetto Bologna-Inter (2-0) della Serie A 1963-’64, disputato in campo neutro allo stadio “Olimpico” di Roma al termine del campionato

Poi, il lungo silenzio. Le retrocessioni, le risalite, le notti di Coppa UEFA negli anni Novanta, il canto di Beppe Signori, i gol di Klas Ingesson, la voglia di tornare grandi. Ma la realtà è sempre stata un passo indietro al sogno. Fino a oggi. Fino a questa stagione che ha rimesso Bologna sulla mappa del calcio che conta. Una squadra giovane, brillante, europea per mentalità e gioco, guidata da un tecnico che ha saputo ridare anima e coraggio. Il Dall’Ara è tornato pieno, vivo, rumoroso. Non per nostalgia, ma per convinzione.

E ora la Coppa Italia. Non è uno scudetto, non è la Champions League. Ma per Bologna è molto di più: è il ritorno alla possibilità. È il risveglio del gigante che dormiva. È una città che ha sempre vissuto il calcio come parte della propria identità più profonda. Vincere oggi non significherebbe solo aggiungere una riga all’albo d’oro. Vorrebbe dire chiudere il cerchio iniziato nel ’74 e, chissà, aprirne uno nuovo. Di nuovo vincente.

La storia chiama. Bologna è pronta a rispondere.

Mario Bocchio

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