La fine della Grande Inter: due partite che cancellarono un’era
Mar 14, 2025

Ci sono momenti nella storia del calcio in cui tutto cambia nel giro di pochi giorni. Per l’Inter di Helenio Herrera, la leggendaria “Grande Inter” che aveva dominato gli anni ’60 con due Coppe dei Campioni e tre scudetti, questi momenti arrivarono tra il 25 maggio e il 7 giugno 1967. Due partite, due sconfitte brucianti: la finale di Coppa dei Campioni contro il Celtic e l’ultima giornata di campionato contro il Mantova. Due disfatte che segnarono la fine di un’epoca irripetibile.

Il “Mago” Herrera con Sandrino Mazzola

L’illusione di Lisbona e il trionfo del Celtic

Il 25 maggio 1967, l’Inter scese in campo all’Estádio Nacional di Lisbona per affrontare il Celtic nella finale della Coppa dei Campioni. I nerazzurri, vincitori del trofeo nel 1964 e nel 1965, erano favoriti grazie alla loro esperienza internazionale e al collaudato catenaccio di Herrera. L’inizio fu promettente: al 7’ Mazzola trasformò un rigore portando avanti l’Inter. Sembrava il preludio a un’altra serata di gloria.

La sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni contro il Celtic

Ma il Celtic, squadra dal gioco veloce e offensivo, impose un ritmo infernale. Gli scozzesi ribaltarono il match con le reti di Gemmell e Chalmers, conquistando la loro prima Coppa dei Campioni e infliggendo all’Inter una sconfitta amara. Fu una serata simbolica: il calcio difensivista e speculativo dell’Inter venne sopraffatto dalla modernità del gioco offensivo scozzese dei ragazzi di Jock Stein. Quella sera, la magia della Grande Inter iniziò a sgretolarsi.

Luis Suárez Miramontes, detto “Luisito”

Questa sconfitta non fu solo una delusione sportiva, ma anche un colpo psicologico devastante. L’Inter, che si era sempre basata su una difesa granitica e su una perfetta organizzazione tattica, si trovò per la prima volta impotente di fronte a un avversario che giocava con una mentalità completamente diversa.

Il Celtic non aveva solo battuto l’Inter, ma aveva dimostrato al mondo che il calcio poteva essere giocato in modo più veloce, più aggressivo, più spettacolare. Fu una sconfitta che segnò l’inizio di un cambiamento nel panorama calcistico europeo.

Mariolino Corso

Il crollo di Mantova e lo scudetto sfumato

A soli dodici giorni di distanza, il 7 giugno 1967, l’Inter aveva ancora una possibilità di riscattarsi vincendo il campionato. Con una vittoria a Mantova, i nerazzurri si sarebbero laureati campioni d’Italia per la quarta volta sotto la guida di Herrera. Sembrava una formalità: il Mantova, già salvo, non aveva più nulla da chiedere alla stagione.

Ma il destino era in agguato. Al 12’ del primo tempo, il portiere interista Sarti commise un errore clamoroso, lasciandosi sfuggire un tiro innocuo di Di Giacomo che si insaccò lentamente in rete. L’Inter, stanca e psicologicamente svuotata dopo la sconfitta di Lisbona, non trovò la forza per reagire. Contemporaneamente, la Juventus vinse contro la Lazio e sorpassò i nerazzurri all’ultima curva, conquistando lo scudetto.

La drammatica e incredibile sfida a Mantova

L’atmosfera dopo la partita di Mantova era surreale. I giocatori nerazzurri sapevano di aver gettato al vento un campionato che sembrava già vinto, e l’amarezza era palpabile. Herrera, che fino a quel momento era stato considerato un genio della panchina, venne messo in discussione. La dirigenza dell’Inter, che fino ad allora aveva riposto totale fiducia nel tecnico argentino, iniziò a chiedersi se il suo ciclo fosse giunto al termine.

Beniamo Di Giacomo nell’Inter (a sinistra) nel Mantova

La fine di un ciclo e le sue conseguenze

Quelle due sconfitte non furono solo episodi sfortunati, ma il segnale di un ciclo al tramonto. Herrera lasciò l’Inter poco dopo, il gruppo storico iniziò a sfaldarsi e i nerazzurri entrarono in un lungo periodo di crisi. La Grande Inter, che per anni aveva dettato legge in Italia, in Europa e nel mondo, era finita.

La prima pagina de “L’Unità” del 2 giugno 1967

L’Inter degli anni successivi non riuscì più a ripetere le imprese del decennio precedente. Il dominio nerazzurro si dissolse lentamente, lasciando spazio ad altre formazioni pronte a scrivere nuove pagine di storia. Il Milan di Nereo Rocco e la Juventus iniziarono a imporsi in Italia, mentre a livello europeo altre squadre, a cominciare dal Liverpool, adottarono uno stile di gioco più moderno e offensivo, abbandonando gradualmente la rigidità tattica del catenaccio.

Il 1967 rimane un anno di rimpianti per i tifosi nerazzurri, un anno in cui il sogno si trasformò in incubo nel giro di due settimane. Due partite, due sconfitte, e la leggenda si dissolse, lasciando il posto alla storia. Tuttavia, la Grande Inter rimane ancora oggi una delle squadre più iconiche della storia del calcio, capace di scrivere pagine indimenticabili che ancora vivono nei ricordi degli appassionati. Il suo declino non cancella le imprese, ma segna il passaggio da un’era all’altra, con tutto il peso della nostalgia e della consapevolezza che certi cicli, per quanto gloriosi, non sono eterni.

Mario Bocchio

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