
Rosario Pagano, napoletano, nato nel 1964, giocava portiere. Cresciuto nel Club Napoli, nella stagione 1980-’81 approdò alla Frattese, dividendosi tra la formazione Berretti e la prima squadra.
Il passo successivo fu quello che avrebbe dovuto lanciarlo, la Serie D da titolare al Nord, in Emilia, nella Mirandolese, ma la militanza durò solo sei mesi. Alla fine dovette accettare la proposta di una squadra di Prima Categoria di un quartiere di Napoli, il Real Santa Lucia.

“Quelli di Frattamaggiore sono stati gli anni più belli, ho giocato al fianco di calciatori del calibro di Luciano D’Agostino, il capitano, e Andrea Chiacchio. Ma legai molto con Vincenzo Di Palma, che mi ha preso sotto la sua protezione facendomi crescere come portiere e come uomo, dividevamo la camera durante le trasferte. Al sabato giocavo con la Berretti, poi Mister Alfredo Ballarò mi chiamava per andare in panchina in Serie C2. La Roma aveva contattato la Frattese perché avrebbe voluto prendermi, ma alla fine qualcosa andò storto e mi ritrovai in prestito alla Mirandolese”.


Maradona prima della partita
La permanenza al Nord fu deludente tanto che Pagano, a 21 anni, decise addirittura di smettere di giocare. Indossò i guanti solo per alcune gare di tornei amatoriali, poi venne contattato dal Santa Lucia. Un contratto biennale e subito la vittoria del campionato.
Quindi venne la storica sfida contro il Napoli di Maradona, per beneficenza, nel fango di Acerra. Una gara ormai conosciuta in tutto il mondo, giocata il 18 marzo 1985 per aiutare un bambino che aveva bisogno di un costoso intervento chirurgico.

Il presidente del Napoli Corrado Ferlaino non voleva che i suoi giocatori andassero a giocare, per paura degli infortuni, ma Maradona aveva dato la sua parola e la rispettò, portando con lui otto compagni, poi chiese a Pietro Puzone, acerrano, colui che gli aveva parlato del problema del bambino, e al capo dei tifosi partenopei Gennaro Montuori, di reperire qualche giocatore che avesse almeno militato in Serie C, perché lui la partita la voleva vincere. E infatti giocò come si trattasse di una gara di campionato. Pioveva, c’era tanto fango, durante il riscaldamento nel parcheggio, Diego non rifiutò mai una foto ricordo con nessuno, poi segnò un gol, i bambini andarono per abbracciarlo, ma lui era contrariato, solo per il fatto che era concentrato. Per lui quella fu una partita vera.


Nel fango di Acerra: Tommaso Mandato e di spalle Maradona (a sinistra). L’espressione del portiere Pagano dopo il gol del “Pibe de Oro”
“A differenza di Tommaso Mandato, che ha cercato di contrastarlo, io molto più semplicemente mi sono seduto a terra per farlo segnare (ride, NdR). Ci sono tanti aneddoti in quella partita che dimostrano quanto grande fosse Diego non solo come calciatore. Ve ne racconto uno: ricordo che mentre Maradona si riscaldava nel parcheggio, Gennaro Montuori gli comunicò che siccome alcuni calciatori del Napoli avevano declinato l’invito all’ultimo istante, per completare la panchina avrebbe fatto spogliare due ultras presenti. Diego si avvicinò e gli disse: ‘Palummella, tu ancora non hai capito chi è Maradona. Questa deve essere una partita vera, c’è tanta gente ed io gioco comunque e sempre per vincere. Adesso portami qui due professionisti oppure non scendo in campo’. E fu così che dalla vicina Frattamaggiore arrivarono due miei ex compagni di squadra della Frattese che militava nell’allora C2. Uno era Marco De Simone, che andò poi al Cagliari e al Napoli, si vedeva che aveva una marcia in più. Nello spogliatoio il nostro capitano, il compianto Rosario Annoverato, ci invitò a non entrare duro su Maradona. Diego aveva un cuore grandissimo, ha fatto male solo a sé stesso, mai agli altri. Di quella gara rimane il fatto che abbiamo aiutato un bambino di Acerra ad avere una vita normale”.
In campo c’era, come detto, anche l’avvocato Mandato, oggi procuratore sportivo, che da Maradona subì anche un tunnel: “La rete contro l’Inghilterra sarebbe stata definita il gol del secolo, quella contro il Real Santa Lucia una delle tante prodezze cui Diego ci avrebbe abituato”.
Mario Bocchio