Era un’epoca in cui negli acquisti dei club italiani, abituati a reclutare dall’Europa o dal Sud America, erano ammessi solo due giocatori stranieri. Nel giugno del 1981 l’Ascoli decise di rompere questa routine trasferendo un giovane ivoriano completamente sconosciuto fuori dal suo Paese. François Zahoui, allora 19enne, aveva iniziato la sua carriera professionale allo Stella Club di Adjamé qualche mese prima, come aveva immaginato durante la sua infanzia.
François Zahoui ai tempi dell’Ascoli
“Un giorno sono andato in una chiesa. Non avevo pregato e una signora mi ha chiesto perché non l’avevo fatto. Le ho risposto che volevo diventare un giocatore professionista, quindi mi ha consigliato di pregare per realizzare i miei sogni. Il parroco è venuto a dirmi che tutto era possibile e che Dio ascoltava anche le preghiere più segrete. Allora ho pregato”, ricorda François Zahoui.
Il seguito avrà una dimensione molto meno mistica, poiché la pura logica sportiva ha rapidamente riconquistato i suoi diritti. All’inizio degli anni ’80, Zahoui venne a giocare un torneo internazionale amichevole con i giovani dello Stella a Marsiglia. Il suo talento attira l’attenzione dei reclutatori di alcuni club francesi, tra cui il Bordeaux, ma gli italiani dell’Ascoli sono i più pronti ad avviare il dialogo.
“Non ho mai percepito il minimo razzismo. Le persone erano adorabili”
“Non ero il migliore, ma probabilmente avevo qualcosa che piaceva. Sono venuti a parlarmi e io ho risposto che dovevano venire a trovarmi ad Abidjan, perché dovevo parlare con la mia famiglia”. Sorpresi dalla franchezza dell’ivoriano, gli italiani accettarono di recarsi ad Abidjan qualche settimana dopo. Zahoui, che ha parlato a lungo con i suoi cari, si sente pronto per provare l’avventura in Europa. I suoi dirigenti ricevono un modesto compenso di trasferimento, e la firma del contratto avviene presso il municipio di Abidjan, poiché il consigliere comunale della capitale, Ernest Mobio, è anche presidente onorario dello Stella.
“Uno sradicamento”
Non lo sa ancora Zahoui quando prenderà l’aereo – via Roma – per Ascoli, cittadina di 45.000 abitanti situata nelle Marche, ma diventerà per l’eternità il primo giocatore africano ad aver firmato per un club italiano. “Quando ho lasciato la Costa d’Avorio, ho pensato soprattutto che non avrei più rivisto così spesso la mia famiglia, i miei cari, il mio Paese. Era uno sradicamento. Sì, avrei giocato in Europa, in uno dei migliori campionati del mondo, mi avrebbero dato un buon stipendio, avrei fatto progressi, ma posso assicurarvi che la partenza è stata un momento difficile”.
L’accoglienza che riceve lo aiuta a superare il trauma dell’esilio. Anche se capisce presto che quasi tutti gli ascolani vedono per la prima volta nella loro vita un uomo dalla pelle nera. “Alcuni volevano toccarmi. Bisogna mettere il tempo in prospettiva: sono passati più di quarant’anni, non eravamo a Roma o Milano ma in un piccolo paese. Ma non ho mai sentito il minimo sentore di razzismo. Le persone erano adorabili”.
Professionalità e dietetica
Ad Ascoli il giovane ivoriano, che i tifosi chiamano “Zigulì”, ha scoperto anche un nuovo modo di fare il suo lavoro. Guadagna il minimo sindacale, un milione e duecentomila lire al mese. Gli italiani sono avanti a tanti altri Paesi in quanto a professionalità, e non trascurano nessun dettaglio. “Ad esempio non potevamo arrivare all’allenamento vestiti in modo troppo casual. Dovevi essere vestito bene perché rappresentavi il club. Ogni mattina era una vera sfilata di moda (ride, NdR). E, d’altro canto, sono rimasto sorpreso dal numero di persone che componevano lo staff tecnico. In Costa d’Avorio c’era l’allenatore ed eventualmente un assistente. In Italia c’erano diverse persone, è stato molto professionale, molto semplice. E attribuivano molta importanza anche alla dieta”.
Esordisce in Serie A il 28 ottobre 1981 in Fiorentina-Ascoli, ma, complici le presenze di De Ponti, Greco e Torrisi, non riesce a trovare un posto stabile in squadra e alla fine le presenze saranno solo undici. In seguito il tecnico Mazzone si ricredette sul giocatore ivoriano, al quale tatticamente chiedeva di finire in fuorigioco per far perdere tempo agli avversari: “Adesso mi sono ricreduto. Zahoui si è dimostrato persona educata, riservata, molto attenta: deve avere avuto una buona infanzia, gli hanno insegnato a stare al mondo. Poi credo abbia fatto buoni studi: oltre alla sua lingua madre, parla correttamente anche l’inglese e affronta qualunque discussione”.
Rientro ad Abidjan
I suoi dirigenti, ma soprattutto lo stesso Mazzone e il presidente Rozzi, sanno anche mostrare empatia quando Zahoui, il cui tempo di gioco è limitato, mostra qualche segno di malinconia, legato alla nostalgia di casa, che le visite regolari di uno zio residente a Marsiglia non bastano a lenire. A metà della stagione 1981-‘82, a Zahoui fu concesso di tornare alcuni giorni ad Abidjan per abbracciare i suoi cari, “un gesto che ho molto apprezzato”, ricorda. La sua avventura italiana durò fino al giugno 1983, quando firmò per il Nancy, in Francia, dove concluse la carriera dopo aver giocato anche nel Tolone, dove si stabilì, e nel Nevers. Ma Ascoli conserva, dice, un posto speciale nel suo cuore.
Mario Bocchio
(Le parole liberamente attribuite nelle varie dichiarazioni sono state ricostruite attraverso libri, interviste e altre fonti storiche, e sono tutte ispirate a fatti realmente accaduti)