Nero, alto, abile, divenne “proprietario” della maglia numero 8 del Portuguesa e aiutò il club a vincere l’ultimo titolo di San Paolo, nel 1973. Il suo nome era Enéas.
È stato uno dei più grandi marcatori della storia del club, ha contribuito a qualificare il calcio brasiliano per le Olimpiadi del 1972, è stato in pre-lista per due Mondiali, all’apice della sua carriera è stato ceduto al calcio italiano e ha addirittura segnato i suoi gol indossando la maglia del Palmeiras nel calcio brasiliano.
Oltre ad essere un grande giocatore, Enéas è stato un personaggio calcistico emblematico. L’attaccante che “dormiva in campo”, l’“oro nero” che non ha brillato in Italia ed è riuscito comunque a essere un idolo. L’uomo che ha concluso tragicamente la sua vita, costretto a letto e agonizzante per quattro in ospedale.
“El Diablo”, come amava farsi chiamare, morì a soli 34 anni, il 27 dicembre 1988.
Terzo dei cinque figli di Arnaldo ed Enedina, Enéas de Camargo è cresciuto nel quartiere di Canindé, a pochi metri dal Portuguesa, club nel quale sarebbe diventato uno dei più grandi idoli. Ha iniziato a frequentare il club all’età di 8 anni, dividendosi tra futsal, basket, nuoto e anche tuffi.
Non ci volle molto per approdare al calcio. Da subito era già considerato una promessa all’interno del club di San Paolo. “A 15 e 16 anni, Enéas si presentò come una grande promessa per il Portuguesa, già come un idolo”, ricorda suo fratello Edir. All’età di 17 anni, Enéas fece il suo debutto contro l’América de São José do Rio Preto e segnò due gol per il Portuguesa nella vittoria per 3-2 nel 1972.
Alto, veloce e abile, Enéas si è affermato l’anno successivo, sotto la guida dell’allenatore Otto Glória. Ad oggi, è il secondo miglior marcatore nella storia del club, con 179 gol in 376 partite, dietro solo a Pinga, che fu il capocannoniere del club tra gli anni Quaranta e Cinquanta.
A soli 19 anni, il titolare della maglia numero 8 guidò il Portuguesa al titolo di San Paolo del 1973, che finì condiviso con il Santos dopo che l’arbitro Armando Marques sbagliò i calcoli ai calci di rigore. Nonostante tutta la sua storia con il club che ha onorato tra il 1972 e il 1980, Enéas aveva la reputazione di “dormire sul campo” per aver preso poca parte nelle giocate quando era senza palla.
“Preferirei Enéas addormentato piuttosto che molte persone sveglie”, dice Wilsinho. “Enéas era un giocatore che giocava verso la porta, non andava a fondo campo, la sua direzione era la porta, dribblava in velocità, aveva la velocità con la palla, forse non era la stessa senza palla, ma poi quello dominava la palla e la metteva davanti, poi nessuno gliela toglieva più, proteggeva benissimo la palla perché era grosso, molto abile”.
“Vincevamo 2-0. Poi Enéas va accanto allo spogliatoio del Santos e si fa delle foto con la gente. Passava Pelé e diceva a noi, a Badeco e a me, di ascoltare: ‘guardate, la partita non è ancora finita, eh’. E poi nel secondo tempo, 2-1, 2-2, e Pelé segnò un gol strepitoso e finì 3-2 per il Santos. Per attirare l’attenzione non c’era bisogno di fare foto con i tifosi sulla recinzione, scattare foto vicino allo spogliatoio del Santos”, ricorda Basílio.
Ancor prima di diventare professionista, ha giocato nelle nazionali giovanili brasiliane. Nel 1971 fu campione del Torneo di Cannes, in Francia. “Erano campioni a Cannes con la squadra brasiliana e i giornali francesi scrisseero che, a 16 anni, Enéas era il nuovo Pelé”, dice Edir.
Vinse anche la preolimpica per Monaco 1972, ma finì fuori dalle Olimpiadi, la stessa cosa accadde con Zico. Nella squadra principale ha giocato solo tre partite, con un gol. È apparso anche nelle liste preliminari di due Mondiali, 1974 e 1978, ma poi è stato tagliato.
Il Portuguesa, però, ha rifiutato di vendere Enéas ai rivali e, deluso dalla squadra brasiliana, il giocatore ha accettato di partire per il calcio estero. “Mi dispiace che mio fratello non sia stato ceduto a una squadra qui a San Paolo nella sua fase migliore. Lo voleva il Santos, lo voleva il San Paolo. Ma il presidente Osvaldo Teixeira Duarte ha detto: ‘Venderò Enéas solo se va all’estero’. E poi andò a Bologna, in Italia”, racconta Elias, fratello di Enéas.
Il calcio italiano non ha consentito la firma di stranieri fino al 1980. Enéas è stato uno dei primi non italiani ingaggiati per giocare per il Calcio. Fu ceduto al Bologna nel 1980 e fu il primo nero a vestire la maglia del club. Oltre ai problemi con mister Gigi Radice, si è messo di mezzo il freddo: “Era al massimo, ma a Bologna faceva molto freddo. Ha anche iniziato bene, ma poi il ginocchio ha cominciato a dargli problemi e non riusciva a gestire la situazione”, spiega Edir.
In totale sono state solo 17 le partite e tre i gol segnati con il Bologna. Poco, ma abbastanza per farlo diventare un giocatore iconico. “L’affetto dei bolognesi per lui è così grande che hanno realizzato addirittura un libro su mio padre (Eneas, una storia di saudade tra Bologna e il Brasile)”, racconta il figlio Rodrigo, che aveva appena quattro mesi quando andò in Italia con il padre.
L’anno successivo Enéas venne ceduto all’Udinese, ma non giocò nemmeno una gara, trasferendosi al Palmeiras.
Mario Bocchio
– continua –
(Le parole liberamente attribuite nelle varie dichiarazioni sono state ricostruite attraverso libri, interviste e altre fonti storiche, e sono tutte ispirate a fatti realmente accaduti)