Lo sgambetto
Gen 8, 2025

Una piccola squadra di provincia che batte una nazionale non è mai impresa banale. E se questo episodio riguarda una squadra della provincia italiana e una nazionale dell’Est nei primi anni Ottanta, ecco che l’evento diventa ancora più singolare.

Merita davvero di essere sottratta al dimenticatoio l’esperienza emiliano-romagnola della grande Polonia di Boniek e Zmuda, che ai Mondiali 1982 ci diede filo da torcere due volte (nel girone e in semifinale) e invece, pochi mesi prima, addirittura perse malamente contro il Modena.

L’undici della Polonia allo stadio “Braglia”

Tutto accade nel mese di febbraio: la Polonia ha appena staccato il biglietto per i Mondiali di Spagna, vincendo un girone per la verità non irresistibile (triangolare con Germania Est e Malta), e il tecnico, professor Antoni Piechnizek (professore, si intende, di Educazione fisica) è molto preoccupato. Infatti, si avvicina il momento di scegliere i 22 convocati, il campionato è fermo per la pausa invernale, e non è chiaro quando e se potrà riprendere. Non è un momento facile, in Polonia: Solidarność, il sindacato (allora fuorilegge) fondato da Lech Wałęsa, agita il paese, e il capo di stato, generale Jaruzelski, ha deciso di reprimere i moti con la forza, proclamando lo stato d’assedio. Di giocare a calcio in queste condizioni non se ne parla.

La rosa e lo staff tecnico del Modena nella stagione 1981-’82

Ma il tecnico ha un’idea, e considerando che la sosta dovrebbe coincidere con quello che oggi chiameremmo uno stage della nazionale, decide di effettuarlo all’estero, in modo da tenere i giocatori lontani da ogni rischio. La Federazione, che molto spera in un buon piazzamento, dice di sì, e Piechnizek opta per l’Italia, dove la nazionale polacca disputerà tre o quattro incontri amichevoli con squadre di club. Il primo a Modena, il 14 febbraio.

Piechnizek prova una Ferrari

La Polonia, a dire il vero, non è proprio al completo: mancano Szarmach (che gioca in Belgio) e Lato (che gioca in Francia), e non c’è fra i convocati il leggendario portiere Tomaszewski, che gioca in Spagna, ma che è ormai fuori dal giro a favore dei più giovani Mowlik e Mlynarczyk; però ci sono Zmuda, Smolarek e Boniek.

Il Modena, affidato a un giovane tecnico, Bruno Giorgi, gioca in C1, e tenta di tornare in serie B, con una squadra dove i giocatori di maggior spessore sono il centrocampista Agostinelli e le punte Tosetto e Rabitti.

Boniek e compagni discorrono coi meccanici al reparto corse

I canarini falliranno l’obiettivo, preceduti da Atalanta e Triestina, ma quel 14 febbraio, giorno di San Valentino, ma anche di carnevale, fanno lo scherzetto ai polacchi. Davanti a un parterre de roi di altissimo livello (in tribuna tutto lo staff della nazionale italiana, da Bearzot a Maldini, a Vicini, il ct del Perù, Tim, e altri allenatori come Radice, Fabbri e Herrera), la Polonia fa una ben magra figura. Agostinelli la gela subito con una fucilata da fuori area al 2’, poi colpisce il palo al 7’ su azione personale e al 34’ serve a Rabitti l’assist per il 2-0. I polacchi, fuori condizione, centrano un legno con Boniek nel primo tempo e accorciano nel secondo al 75’ con il giovane Dziekanowski.

La nazionale polacca in posa con Enzo Ferrari allo stabilimento di Maranello

Ma che per i polacchi il viaggio in Italia fosse più che altro un modo per distrarsi, lo dimostra la visita guidata effettuata il giorno successivo a Maranello, alla Ferrari, ospiti nientemeno che del “Drake” Enzo Ferrari. Che si dimostra ottimo conoscitore di calcio: “La messa a punto non è mai come la gara. Sono certo che quando il motore sarà a pieno regime, sarete un osso duro per l’Italia”, dirà il Commendatore alla delegazione polacca.

Ferrari ricorderà anche un aneddoto del tempo della guerra quando aveva nascosto a casa sua tre polacchi ricercati dai nazifascisti. “Uno era ebreo, due cattolici. Io sono ateo, ma sono rimasto molto colpito della grande fede di tutti e tre. Ho capito che i polacchi sono uomini dal forte spirito”. Poi la visita al parco macchine e al reparto corse, con i giocatori polacchi commossi fin quasi alle lacrime. E non solo per le parole del “Drake”: non capitava spesso, a un polacco, di potersi avvicinare a una Ferrari in quegli anni. Nemmeno in sogno.

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