Luís Sílvio Danuello, la “punta” che “punta” non era
Gen 6, 2025

È bastata una vocale perché un giovane promettente brasiliano diventasse uno dei più grandi falliti della storia della Serie A italiana

L’arrivo in Italia

Dopo alcuni anni di protezionismo, il 1980 è stato l’anno in cui il calcio italiano ha riaperto le porte al mondo, consentendo ancora una volta l’ingaggio di giocatori stranieri. Era una misura molto limitata, solo uno per squadra, ma era già qualcosa. Erano calciatori adattati alle possibilità di ogni club. L’Inter campione in carica ha scommesso sul centrocampista austriaco Herbert Prohaska, la Juventus ha scelto l’irlandese Liam Brady, figura dell’Arsenal negli anni ’70, il Napoli ha scelto Ruud Krol, capitano dell’Ajax e della Nazionale olandese, ma la più numerosa rappresentanza straniera nella serie A era brasiliana.

Il Marília nel 1978. In piedi, da sinistra a destra: Valdirzinho, Sony, Reinaldo, Clodoaldo, Márcio Rossini e il portiere Zecão. Accovacciati: Luis Silvio, Nenê, Jorginho, Serginho Índio e Ferreira

Anni prima di entrare nella storia del calcio portoghese come autore del gol che diede al Porto il titolo europeo nel 1987, nella finale contro il Bayern Monaco, Juary, nazionale brasiliano, andò ad Avellino, la Roma aveva uno dei grandi giocatori brasiliani stelle dell’epoca (e di sempre), Paulo Roberto Falcão. La Pistoiese, esordiente nella massima serie italiana, non è andata a pescare nessun nazionale accreditato.

Brasiliani nella Serie A

Ha scommesso su uno sconosciuto che si supponeva fosse un talento incredibile nelle divisioni secondarie del Brasile chiamato Luís Sílvio Danuello. Poteva benissimo essere l’inizio di un film in cui un piccolo diventa grande tra i grandi. Non lo era.

Nella Pistoiese con Mario Frustalupi

La Pistoiese ha trascorso solo una stagione in Serie A, finendo ultima con soli 16 punti, e la sua stella straniera si è guadagnata un posto nella tribuna dei più grandi fallimenti del calcio italiano, i “bidones” d’oro. La leggenda narra che Luís Sílvio fu assunto a causa di un errore linguistico. La Pistoiese pensava di prendere una “punta” (attaccante), ma il giovane brasiliano era un esterno. Era in questo ruolo che Luís Sílvio si era fatto notare nella squadra del Marília che aveva vinto la Coppa di San Paolo nel 1979 e che gli era valso il trasferimento al Ponte Preta.

Luis Silvio in azione nella Pistoiese

Fu proprio durante una partita di campionato di San Paolo che uno scout pistoiese “scoprì” Luís Sílvio. Guiseppe Malavasi, assistente del club toscano, era andato a trovare Paulinho, ex attaccante del Vasco da Gama, ma voleva il ragazzo dal cognome italiano.

Era questa la stella internazionale che nessuno conosceva ma che rientrava nei piani della Pistoiese, che aveva in difesa un già esperto Marcelo Lippi (futuro allenatore campione del mondo con l’Italia nel 2006). Il club pagò 170 milioni di lire al Ponte Preta e Luís Sílvio arrivò in Italia sullo stesso aereo di Falcão. Sbarcarono a Roma e Falcão, una stella rinomata, aveva migliaia di tifosi ad aspettarlo. Sílvio aveva un’auto per portarlo a Pistoia, in Toscana.

Con Enéas de Camargo prima di Bologna-Pistoiese

Lido Vieri, l’allenatore, pensava di avere tra le mani un diamante. “È molto veloce e ha un ottimo controllo di palla”, aveva dichiarato l’ex portiere. Ma Sílvio non era la “punta” che il club si aspettava. Era un “esterno” che avrebbe potuto dimostrare la sua utilità se la Pistoiese avesse giocato con le ali, ma così non è stato. E divenne subito chiaro che questo giovane brasiliano dalla figura debole e dai capelli lunghi avrebbe sofferto contro la dura difesa italiana. Senza spazio per correre né dribblare, Sílvio colleziona sei presenze discrete con la Pistoiese (zero gol), cinque nei primi sei turni, più una nel 23esimo, trascorrendo quasi tutta la stagione tra panchina e panchina: la Pistoiese fu l’ultima, con appena 16 punti e non sarebbe mai più tornata in Serie A.

Il duello con Luigi Danova del Torino

Un mese prima della fine della stagione, l’“ala” che non era una “punta” lasciò il club, ritornò in Brasile e cominciò la leggenda. C’era chi sosteneva di averlo visto vendere gelati fuori dallo stadio, c’era chi sapeva da fonti attendibili che lavorava come impiegato in una pizzeria a Campinas.

Ricordi pistoiesi

C’era anche chi affermava di averlo visto recitare in film pornografici. Erano leggende con una generosa dose di assurdità per giustificare l’enorme fallimento del calciatore, ma la verità era molto più prosaica.

São José, anno 1987

Luís Sílvio era addirittura tornato in Brasile per continuare a giocare a calcio perché poco utilizzato in Italia. “Mi spostarono a centravanti e rimasi solo in attacco a prendere calcioni”, ricordò alla rivista brasiliana Placar, nel 1987.

Luis Silvio nel 1987, dopo aver segnato il gol del São José nella vittoria per 1-0 contro il Nacional, a São José dos Campos (GUARDA IL VIDEO CLICCANDO QUI)

Giocò ancora fino al 1989, sempre in Brasile, al Ponte Preta, Botafogo-SP, Grémio Maringá, Náutico e São José, e, finita la carriera, non divenne né un venditore di gelati, né un pizzaiolo e nemmeno attore di film per adulti.

Grêmio Maringá Brasileiro série B 1988

Ha aperto un’azienda che vende pezzi di macchine industriali a Marília e il ricordo più bello del suo soggiorno in Italia è il fatto che quello era il luogo in cui è stata concepita la sua figlia maggiore. Altrimenti, un disastro. “Si aspettavano tanti gol, ma io ero uno specialista nei cross e potevo essere, al massimo, una seconda punta”, disse alla Gazzetta dello Sport, nel 2007. “Una seconda punta, con la u, come dicono gli italiani. ‘Punta’, ‘punta’, rovinato da una vocale”.

Mario Bocchio

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