Bianco sui lati, Norman Whiteside è piuttosto verde all’interno. Un cuore che batte per la sua nativa Irlanda e verde come il selciato di Belfast disseminato di bottiglie rotte dopo gli scontri tra nazionalisti e unionisti. È lì, nel cuore della capitale dell’Ulster, che Norman è nato nel 1965,e cresciuto nel quartiere lealista di Shankill Road, teatro dei sanguinosi attentati dei primi anni ’70. Proprio qui costruisce il personaggio del giovane uomo cresciuto in una casa così povera da dover condividere il letto con i suoi due fratelli. Risparmiato dal conflitto tra le due comunità, Norman Whiteside mostrò presto una predisposizione naturale per il calcio giocato a scuola. Una disinvoltura tecnica con la palla nascosta, un atteggiamento aggressivo in campo e un gioco fisico che gli è valso il soprannome di “Shankill skinhead” tra gli amici. Non abbastanza da spaventare i reclutatori inglesi che si accalcano alla porta del giovane ragazzo. Ipswich Town e Liverpool, che gli offrono un periodo di prova, sono state le prime in fila.
Alla fine è stato Bob Bishop, il capo scout del Manchester United, a ingaggiare il cattivo ragazzo grazie all’influenza della famiglia, sostenitrice di lunga data dei Red Devils. Il reclutatore non ha paura. Fu lui a scoprire ai suoi tempi l’altro terrore del calcio nordirlandese, George Best. Uno più o meno esaurito in squadra, basta che sia bravo, perché no? E Norman attira per tutta la sua carriera paragoni con l’idolo dell’Old Trafford, che affronta invariabilmente dopo che i giornalisti che gli sottopongono costantemente il parallelo: “L’unica cosa che ho in comune con George Best è che provengo dallo stesso posto come lui, gioco per la stessa squadra e sono stato notato dallo stesso uomo”.
Otto anni nel Manchester United
Anche per lui si prevede un futuro come i Beatles, il sesto, data una vaga somiglianza con Paul McCartney. Fragoroso è il suo debutto con il Manchester. Norman Whiteside appare sul referto della partita a 16 anni e pochi mesi. È il 24 aprile 1982. Una partita contro il Brighton & Hove Albion. “Shankill skin” entra nel corso della partita e diventa il giocatore più giovane a vestire i colori del Manchester United dai tempi di Duncan Edwards. Poche settimane dopo, otto giorni dopo il suo diciassettesimo compleanno, divenne il più giovane marcatore del club segnando contro lo Stoke City nell’ultima giornata del campionato. Dopo le sue prime imprese, Billy Bingham, il cittì della selezione nordirlandese, incide il suo nome sulla lista dei 22 in partenza per la Spagna. A 17 anni e 42 giorni, Norman Whiteside è diventato il giocatore più giovane a prendere parte a una Coppa del Mondo, battendo il record di Pelé. Le sue prestazioni durante la Coppa del Mondo di Spagna hanno incoraggiato Roy Atkinson, l’allenatore dei Red Devils, a renderlo titolare la stagione successiva.
Una scelta giudiziosa che permette al “Dolce e tenero hooligan” di stabilire nuovi record e deflorare un palmarès ancora vergine. Durante la finale di Coppa di Lega persa contro il Liverpool (1-2), l’attaccante mancuniano apre le marcature e diventa a 17 anni e 323 giorni il giocatore più giovane a segnare nella finale di questa competizione. Fatica perduta e gioia aumentata nei giorni successivi. Il Manchester United vince la FA Cup contro il Brighton & Hove Albion (2-2, 4-0). Whiteside segna il suo piccolo gol durante il replay diventando, ovviamente, il giocatore più giovane a segnare nella finale di questa coppa, a 18 anni e 18 giorni. A fine stagione il Milan punta gli occhi su di lui e tira fuori l’offerta. Delirio. £ 100.000 in contanti. Un bel pacchetto per l’epoca che l’irlandese rifiuta, alzando addirittura la posta due anni dopo quando lo United batte l’Everton, sempre in finale di coppa (1-0). Il gol di Whiteside. Il secondo trofeo della sua giovane carriera è anche l’ultimo. Norman è in cima e non ci vuole molto per tornare giù.
L’arrivo di Alex Fergusson (1986) segna il declino del nativo di Belfast. Dopo una seconda partecipazione alla fase finale della Coppa del Mondo in Messico, Whiteside viene relegato in panchina e tale decisione inizia a colpire nel segno. Anche gli infortuni non lo risparmiano. Dopo un’ultima stagione insipida con i Red Devils (1988-‘89), la speranza caduta si stabilisce all’Everton. Un primo anno onorevole con i Toffees (13 gol in 35 presenze) prima del dramma durante il secondo anno di contratto (ha firmato per 4 anni). Il 20 settembre 1989, il suo ginocchio, fragile e oggetto di molte cure sin dal suo debutto professionistico, cede durante l’allenamento. Un brutto infortunio che richiede l’ennesimo intervento chirurgico e lascia definitivamente in panchina l’irlandese a 26 anni. Una fermata improvvisa. Da allora, Norman ha camminato dal lato selvaggio. Spesso rigido al poker così come al bancone dei pub locali. Come George Best più di una volta. Troppe volte.
Mario Bocchio