Bernard Lacombe è nato nel 1952 a Lione. Ma senza criniera. Come quasi tutti i bambini, alla nascita la sua testa è rotonda come un palloncino. Del resto al pallone ha pensato molto presto, a 11 anni (andava a scuola a Fontaine-sur-Saône), ma senza nemmeno sognare veramente una carriera. Così ha imparato il mestiere di caldaróne per costruire uno stadio ecologico a St-Etienne.
Bernard Lacombe non vuole che nessuno gli metta un’etichetta politica sulle spalle. Preferisce piuttosto indossare un numero. E preferibilmente il 9. Giovane, fresco e attaccante di punta, insomma, a 16 anni, notato da Aimé Mignot, allora allenatore dell’OL, firma per il club della sua città natale. Un anno dopo, nell’anno erotico 1969, giocò la sua prima partita professionistica contro la Stella Rossa al Gerland.
Nell’Olympique Lyonnais
Dal 1971 diventa un indiscutibile titolare come centravanti del Les Gones. Per quasi dieci anni Bernard Lacombe ha vissuto una vera storia d’amore con il suo club. Insieme ai suoi amici attaccanti, Fleury Di Nallo e Serge Chiesa, ha collezionato gol senza riuscire ad accumulare titoli. Deve accontentarsi di una Coppa di Francia nel 1973, a scapito del Nantes, dopo una partita in cui segnò un gol controverso controllando la palla con la mano.
A 21 anni, Nanard è già un vecchio rapinatore d’area. Un riconoscimento che gli è valso la prima presenza in nazionale pochi mesi dopo contro la Grecia. A Lione, Lacombe era felice come il re degli animali della savana fino a quel terribile anno 1978. Di fronte ad alcune difficoltà finanziarie, il suo Olympique Lyonnais fu costretto a vendere i giocatori più pregiati per ricostituire i fondi vuoti. E accade l’impossibile. Bernard Lacombe viene trasferito a Saint-Etienne! L’abitante della periferia di Lione lasciò il suo quartiere di Gerland per raggiungere l’allora capitale del calcio. Lacrime agli occhi.
Lacombe sulle figurine
Preso dalla nostalgia, è arrivato addirittura a entrare negli spogliatoi del Lione durante il derby del Rodano che ha segnato il suo ritorno fisico al Lione. Verde di rabbia, ha mancato la sua partita come la stagione al Forez (32 partite, 14 gol) agli occhi dei tifosi del Saint-Etienne, non sempre in buona fede. Privato ancora una volta di un trofeo nel momento in cui l’ASSE inizia il suo lento declino, Lacombe lascia il Rock. Va a Bordeaux per bere la sua tristezza e malinconia dove tuttavia ritrova – miracolo della vite e del succo d’uva – una seconda giovinezza e inizia una nuova carriera all’altezza delle sue speranze.
Il club guidato dal presidente Claude Bez e allenato da Aimé Jacquet, era una roccaforte del calcio francese all’inizio degli anni ’80. Tra i girondini, Bernard Lacombe ha finalmente raccolto il successo e segnato gol che hanno un significato. Campione di Francia nel 1984, ‘85 e ‘87, ha aggiunto al suo palmarès anche due nuove coppe nazionali (1986 e 87) e un titolo di campione d’Europa con la nazionale francese (1984) dopo due Mondiali deludenti dal punto di vista personale (1978 e ‘82). In Argentina, la Francia parte alla grande (dopo 14 secondi proprio Lacombe rifila il gol all’Italia) e finisce con una brutta foratura (eliminazione al primo turno).
In Spagna, un brutto infortunio all’inizio del secondo turno gli ha impedito di partecipare al resto della competizione, in particolare alla semifinale contro la Germania. Concluse la carriera in nazionale dopo Euro ‘84 per dedicarsi esclusivamente al suo club fino al termine della stagione 1986-‘87, quando si ritirò definitivamente dai campi.
Con la soddisfazione di un lavoro ben portato a termine visto che è ancora, attualmente, il cannoniere francese più prolifico del campionato (dietro a Delio Onnis) con un totale di 255 gol segnati. All’inizio dell’estate del 1988, Nanard si rilassava a casa quando un certo Jean-Michel Aulas, giovane presidente dell’OL,
lo contattò per il posto di direttore sportivo del club. Lacombe accetta e firma un contratto a lungo termine con la sua squadra di lunga data. Raymond Domenech, che porta i baffi dalla nascita, viene nominato allenatore e non si occupa ancora della comunicazione. La squadra allora era in D.2 e iniziava una lenta risalita. Ha finito per crescere e quasi sorpassare il suo grande rivale regionale sotto la guida dell’ex cannoniere seriale.
Mario Bocchio