Si chiamava Michele De Nadai, quello che poi ha sempre giocato col caschetto, la partita era Milan-Cesena, lui se ne stava in panchina, sperando di debuttare. Sull’1-0 Trapattoni chiamò in panchina Calloni (e questo spiega tante cose), fece entrare il ragazzino e quello che ti fece? Arraffato il primo pallone, lanciatogli da Chiarugi, lo buttò in porta senza pensarci troppo. Proprio come Paloschi. “Solo che io ci misi un po’ di più, diciamo 3 minuti invece di 18 secondi”.
Stagione 1973-’74, nel Lecco
L’azione, così come la raccontò la Gazzetta. “De Nadai scattava in avanti e, dal limite dell’area, faceva partire una briscola (allora si diceva così) che Boranga prima smorzava col petto ma non sufficientemente, tanto che la palla proseguiva lentamente la propria corsa e quando il portiere si tuffava all’indietro quello aveva superato già la linea bianca”. Era l’1 maggio 1976, 48 campionati fa. “Per me fu il coronamento di un sogno. Proprio a San Siro, da bambino, avevo visto la mia prima partita, accompagnato da papà e nel vedere uscire i giocatori dal sottopassaggio avevo sognato di poter essere un giorno al loro posto”.
“I giornali parlarono di me per giorni, tirarono pure fuori la storia di mio papà muratore, qualcuno intervistò persino mia zia. Non era un gran Milan, quello di allora, così molti suggerirono una mia conferma”.
E invece? “Invece niente. Giocai altre partite ma in Coppa Italia, tra l’altro segnando ancora, ma non bastarono per restare. E sì che nel Milan ero cresciuto, mi avevano pescato in una squadretta giovanile dieci anni prima, ero costato appena 30mila lire. L’anno dopo finii al Monza, in serie B, dove trovai Braida, che stava chiudendo lì la carriera”.
Divenne l’idolo delle ragazzine, per la sua spiccata somiglianza con Claudio Baglioni, fece un gran campionato e in A ci tornò con le squadre della capitale. E alla Roma divenne il De Nadai che ricordiamo oggi, centrocampista ordinato, dal lancio lungo e preciso.
Giocò un’ottantina di partite, dal 1977 al 1981, segnando 3 gol, poi passò alla Lazio, allora in B. “I tifosi biancocelesti non digerirono quel trasferimento, di me non si fidavano. Fino a quando segnai un gol alla Sampdoria. Al primo allenamento alcuni di loro vennero ad abbracciarmi dicendo che mi ero purificato”.
Quindi altra B, con la Pistoiese, due tornei in C1 a Salerno, poi l’uscita di scena. Ha allenato un paio di anni in C, prima di ritirarsi definitivamente dal calcio. “Oggi vivo a Roma e gestisco una immobiliare”.
Da sinistra: De Nadai con le maglie di Roma, Lazio e Pistoiese
Articoli di giornale riferiti al periodo laziale
“Il giorno del mio debutto – ricorda De Nadai -, avevo come compagni di squadra Rivera, Benetti e Chiarugi e tornare con loro negli spogliatoi, quasi fossi uno di loro, fu un’emozione che non si cancella. Poi ebbi la fortuna di avere come tecnico Trapattoni, uno che a fine allenamento si fermava con i più giovani per migliorarne i fondamentali. Io ero tutto sinistro e lui mi faceva toccare il pallone solo di destro. Purtroppo non mi fu data una seria possibilità, e forse la meritavo più di altri ma non ho rimpianti, in A poi ci arrivai lo stesso”.
Tifa per il Milan? “Sono nato a Milano, cresciuto nel Milan ma ho una certa simpatia per l’Udinese, dovuta alle mie origini friulane. In quanto a mio figlio, è addirittura interista!”.