Il 1 settembre 1945 a Brescia nasceva l’ex calciatore Egidio Salvi. A tutti gli effetti si può considerare una bandiera del Brescia. Ha infatti indossato la maglia con la V sul petto ininterrottamente per vent’anni: dal 1960, quando la vestì per la prima volta, nel settore Primavera, al 1980, anno del ritiro.
Il legame inscindibile con il Brescia si è protratto anche dopo il termine della carriera giocata: dal 1982 al 2013 ha sempre allenato il settore Primavera delle rondinelle.
Nei vari campionati Egidio ha vestito la maglia del Brescia in 401 incontri realizzando 32 marcature ed al tempo stesso ha disputato 40 partite in Coppa Italia portando 4 volte il suo nome nel tabellino dei marcatori. Disputò l’ultima partita con la casacca biancoazzurra il 1 giugno 1980 in Taranto-Brescia (0-0). Quella stagione il Brescia e Salvi festeggiarono la promozione nella massima serie.
A 35 anni sentiva la stanchezza e il peso della vita professionistica e così decise, a malincuore, di abbandonare quel mondo, quei colori a cui tanto era legato per disputare un’ultima stagione in Eccellenza, accettando la proposta della Romanese, club in cui si accaserà accompagnato dal suo ex compagno di squadra Adriano Tedoldi.
Partiamo dai tuoi inizi Egidio, quando e dove è iniziato tutto?
“Nel campo dell’Oratorio di Sant’Antonio. Come tutti i ragazzi del tempo anche noi si andava all’Oratorio a giocare a pallone, nel campo in terra battura, mentre ora è in erba sintetica. La mia vita è iniziata qui, il mio primo allenatore è stato Antonio Balneari, avevo dodici anni. Poi a 12 anni mi mandò in viale Piave ad una selezione, una volta alla settimana sul Giornale di Brescia c’erano le convocazioni per la selezione del Brescia Calcio. Mi presero subito, e così iniziai la trafila”.
Salvi sulle figurine “Panini”: nel Brescia (a sinistra) e nel Napoli
E quando hai compiuto il salto in prima squadra?
“Nel 1964 venni aggregato alla prima squadra, l’allenatore era Renato Gei, è stato l’anno in cui il Brescia in serie B è partito con 7 punti di penalizzazione. Avremmo dovuto retrocedere in C (già all’epoca c’era il calcio scommesse!), poi grazie ai buoni uffici diplomatici e non trascurando il fatto che il Papa del tempo era Paolo VI, il nostro Papa bresciano, fummo ripescati in B ma con l’handicap dei 7 punti”.
Che squadra era quella?
“Uno squadrone! Io giocai le ultime sette partite, se non avessimo avuto la penalizzazione saremmo andati in serie A, invece ci andammo l’anno dopo. C’erano Ottavio Bianchi, Virginio De Paoli, Gigi Brotto, Fumagalli, Mangili, Rizzolini, Beretta, Brülls, Pagani. L’anno dopo andammo in serie A e ci restammo fino al 1968 poi retrocedemmo. Io venni ceduto al Napoli, poi tornai. Gli anni Settanta invece restammo sempre in B. Nel 1977 arrivò come allenatore Gigi Simoni, con presidente Saleri. La squadra era forte, con Malgioglio, Podavini, Galparoli, Venturi, De Biasi, Salvioni, davanti c’erano Penzo e Mutti. Nel 1979 salimmo in A, poi io smisi”.
Quell’anno ci fu il famoso episodio del calcio di rigore che calciasti facendo il cucchiaio, molti anni prima di Totti
“Era l’ultima di campionato, giocavamo al Rigamonti col Catania, stavamo sullo 0 a 0 e ci diedero un calcio di rigore a favore, sotto la curva Sud. Nessuno voleva calciarlo, lo calciai io col cucchiaio e andammo 1-0. La partita finì poi sul 4-1. L’avevo visto fare alla televisione, in quel momento c’era molta tensione ma mi ero allenato a calciarlo in quel modo. Ci vuole sangue freddo”.
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