Come rompere un preconcetto, smontare una verità diffusa in Sud America che afferma “che nel calcio gli europei sono ronzini mentre i sudamericani fanno tutto bene”. D’accordo, ma senza contare che l’Uruguay avrebbe combinato qualche pasticcio con questi tiri a due palle. Un giornalista famoso lo dirà meglio di noi, ma è un fatto che la Celeste “non ha fatto il viaggio in Messico per niente”.
Questa squadra di banditi offre un recital di atteggiamenti nel caos, colpi seriali e una verguenza tipiche dell’America del Sud. E Urugu… sì, fa male (!!!) in particolare.
Due incontri culminano in picchi di violenza. La prima, quando i giocatori in maglia celeste incontrano l’URSS per i quarti di finale del Mondiale. Lì è una dura battaglia sul prato con i sovietici che non sono gli ultimi a reagire non appena gli fanno il solletico. L’Uruguay infastidisce i sovietici che, di conseguenza, vedono rosso.
Alcuni uruguaiani dal forte temperamento
La partita si fa tesa. Si combatte colpo su colpo. I giocatori lottano in campo. Alla fine, per davvero, l’Uruguay vince con un margine minimo (1-0) grazie ad un gol viziato da un grottesco errore arbitrale.
No, c’era un’atmosfera marcia quel giorno per una partita che il pubblico aveva evitato, preferendo Messico-Italia in programma alla stessa ora.
Ma che dire della partita successiva che conta per la mezza finale che contrappone la Celeste al Brasile, pochi giorni dopo? Una partita che sa di storia che risale a venti anni – esattamente – prima. Durante gli inni c’è odore di polvere da sparo. Poi boom, c’è l’esplosione al calcio d’inizio. Contrasti micidiali, colpi bassi, prese di karate…
Il trattamento riservato a Pelé
Tutto va storto ed è così fino alla fine. Per la cronaca vince il Brasile (3-1), ma quel giorno la guerra ebbe la precedenza sullo sport. Gli uruguaiani, ma anche i brasiliani giocavano al savate mentre aspettavano il ballo della palla. Normale, con i sudamericani. Peccato. Forse non stavano passando una bella giornata.
Mario Bocchio