Dopo un Campionato europeo come quello appena visto… la nostalgia torna al passato, quando i nostri campi da gioco, fin da quelli parrocchiali, erano frequentati da buoni Maestri. “Uomini del calcio” direbbe un mio ex compagno di squadra Guido Savio, oggi dotto psicologo: “Persone che avevano in mente prima di tutto il bene di noi ragazzini, dei giovani e anche degli uomini fatti. Si servivano del calcio perché quello conoscevano come strumento per fare del bene, agli altri, e anche a sé stessi”.
Ecco perché oggi colgo l’occasione per ricordare, tra i molti allenatori dilettanti e dirigenti conosciuti in epoca remota, Toni Bortoli, mancato a soli quarantanove anni, scopritore di talenti. Anche quello di Massimo Briaschi, poi attaccante del Lanerossi, Genoa e Juve, il quale lo ha ricordato nella bella intervista di Luca Ancetti pubblicata sul GdV di un paio di anni fa.
Toni Bortoli con un giovanissimo Massimo Briaschi allievo della Marte di Ca’Pajella
Toni Bortoli era un allenatore vecchio stampo che visse la sua missione tra i quartieri Conca e Ca’Pajella di Thiene; una figura carismatica non solo per i ragazzi della Robur e dell’Audace-Marte, ma anche per tutte le squadre del circondario. Il suo negozio di barbiere in via Trieste, di fianco all’entrata dello “Stallo Maccà” vicino alla locanda “Sole Vecio”, fu per lunghi anni il luogo di ritrovo di giocatori, allenatori, dirigenti o semplici appassionati: un “santuario” del mondo sportivo locale, direbbe Gianni Brera.
Anch’io, sebbene fossi un giocatore di una squadra avversaria, avevo di lui totale ammirazione. Grande conoscitore dei giovani, Toni Bortoli, con quel suo fare burbero, sapeva infondere nei ragazzi fiducia in sé stessi così da trarne il meglio sia in campo sia nella vita di ogni giorno. Quando si trasferì in Ca’Pajella per seguire l’Audace-Marte, io avevo appena subito un grave infortunio giocando in Prima Categoria con la Robur. Vedendomi tutto afflitto, Toni mi propose, spronandomi all’ottimismo, d’allenare i giovanissimi durante il periodo di convalescenza. Capii solo allora quanto la stima tra noi fosse sentimento reciproco; non voleva che mi deprimessi per poi attaccare le scarpe al chiodo. Alla cena di fine stagione, di fronte alla squadra dei ragazzini in festa, mi fece dono di una bella targa di riconoscimento che conservo ancora con piacere tra i miei ricordi. Ecco perché, quando vedo qualche foto sui giornali o in tv dell’allenatore di Trieste, Nereo Rocco, il mio pensiero corre come un lampo in via Trieste nella bottega di barbiere e alla figura di Toni Bortoli che rivedo seduto in panchina con un cappello simile calcato sulla testa.
Ed è così, con deferenza, che ancora oggi, nonostante tanto tempo sia passato, riconosco in lui, alla pari del “Paròn” del Milan di Rivera, uno degli “Uomini del calcio” di Serie A della nostra meglio gioventù.
Giuseppe (Joe) Bonato