Definendolo il miglior giocatore straniero del campionato francese davanti a Josip Skoblar e Juninho, la rivista France Football non si è sbagliata. Trent’anni dopo aver lasciato il PSG, Safet Sušić è ancora magico a Parigi (e anche altrove). Lo stadio vibra ancora delle prodezze tecniche del bosniaco, nato vicino a Zavidovići il 13 aprile 1955 con un pallone tra i piedi, lo stesso pallone che in un certo senso sostituisce la sua buona stella, e che non smetterà mai di giocherellare con tanta grazia dei talenti nel corso della sua carriera. Sušić ama il pallone e il calcio ama gli artisti, che amano Parigi. Capricci delle celebrità.“Ville lumière”.
Safet Sušić nel Sarajevo
PSG-Sušić. Una coppia che, però, non si è quasi mai incontrata. Pieno di qualità, il trequartista è già titolare indiscutibile a 16 anni nell’ammiraglia di Zavidovici. Imprese in campo raccontate anche nei corridoi dei grandi club della regione, Safet Sušić approda all’FK Sarajevo all’inizio degli anni ’70. La sua prima storia d’amore è proprio con questo club, forse la più bella e la più intensa (dal 1973 all’ 82). Un decennio trascorso recitando il suo repertorio e sviluppando la sua tecnica, inventando nuovi gesti per le generazioni future. Un creatore che si evolve sotto i riflettori e non esita a far brillare i suoi partner. In 350 partite in maglia granata, “Papet” ha segnato 250 gol e ne ha regalati quasi altrettanti ai compagni. Un giocatore decisivo e su questo non c’è da dire. L’Italia è interessata a lui. Soprattutto Inter e Torino. Firma un primo contratto con i milanesi poi, sotto la pressione di una fantastica offerta da parte della dirigenza del Torino, opta subito per il Toro (1982).
Sušić nella nazionale jugoslava
Safet Sušić ha 28 anni, l’età legale stabilita dai vertici della federazione jugoslava per qualsiasi giocatore che voglia trasferirsi in Occidente, e sembra desideroso di confrontarsi con le stelle del Calcio. Troppo. L’Inter sporge reclamo e Safet riceve un anno di squalifica nello Stivale. Ciao ciao. Il presidente Borelli, che segue la vicenda da lontano, intuisce la mossa giusta e va all’attacco all’indomani del Mondiale di Spagna. Sušić arrivò nella capitale francese nell’estate del 1982 e si presentò al pubblico al Parc durante il torneo di Parigi. E parti subito con il primo aereo per tornare a casa. La Federazione jugoslava blocca il trasferimento fino a dicembre. Il “Papet” esordisce ufficialmente con il PSG contro il Monaco con una sconfitta al Parc.
Alti e bassi, Safet Sušić li raccoglie a Parigi. Stagioni che si susseguono e non sono sempre uguali. Il PSG brilla o rasenta il ridicolo – le eliminazioni in Coppa dei Campioni contro Videoton (1984) e Vitkovice (1986) – quando non affronta il peggio. Come questa stagione 1987-‘88 durante la quale il club parigino deve la sua salvezza grazie ad una vittoria al Vélodrome nelle ultime giornate di campionato. Gol di Sušić e Gaby Calderon. Lo jugoslavo, messo da parte praticamente tutta la stagione da Gérard Houllier, firma il suo ritorno e salva il club dalla retrocessione. Una delle rare partite in cui si distinse quell’anno. Perché sì, come tutti gli artisti del calcio, Safet è accusato di scegliere le sue partite. I capricci della star che giocano anche brutti scherzi. Il PSG resta indietro anche in Coppa. Finalisti nell’85, Sušić e PSG non sono riusciti a cancellare la loro disastrosa stagione in campo (13esimi in campionato, eliminazione prematura contro il Videoton al secondo turno della Coppa delle Coppe).
Contro il Monaco, Sušić, incapace di trovare una soluzione, ha smesso di giocare e il Paris ha quasi raggiunto il terzo successo nella competizione. Eppure la Coppa di Francia, il Paris, Borelli e Safet la adorano. Le prime righe iscritte nel palmarès del club. Vittorie conquistate con brio. Nel 1982 contro i Verdi. Una partita intensa e drammatica: Rocheteau che pareggia dopo la doppietta di Platini, rigori e Pilorget che mette dentro quello decisivo. L’anno successivo Sušić succedette a Surjak e, sei mesi dopo il suo arrivo, lasciò il segno nella finale dell’83 contro il Nantes. Certo, c’è il “brasiliano” José Touré ma quella sera Sušić era magico. Un gol magnifico e un assist per Toko. Il PSG realizza la doppietta e “Papet” dà spettacolo, palla incastrata nei tacchetti. Una grande partita come quelle dell’anno del titolo (1986), la sua migliore stagione delle nove trascorse con la maglia parigina. Che a volte flirta con il sublime quando quella sera del settembre ‘84, sciorinò cinque assist in una partita tra PSG e Bastia. Disfatta 7-1 dei corsi al Parc!
Ricordi parigini
È così con Safet (e PSG), periodi luminosi (fasi) e periodi bassi. Troppi sprechi nei suoi dribbling (a volte improduttivi) e il PSG si impantana nella media o nella mediocrità che solo un miracoloso secondo posto in campionato (1989) fatica a tirarlo fuori dall’anonimato. “Papet” era stanco quando Canal + rilevò il club nel 1991. Il vecchio (all’epoca 36enne) non corrispondeva esattamente all’immagine dinamica del canale criptato e al nuovo look del PSG. Va alla Stella Rossa. La Stella Rossa di St-Ouen.
Un modo per risplendere un’ultima volta non lontano dalle luci della capitale. E poi cala il sipario dell’artista a fine stagione (1992). Gerd Müller ha un record molto scarso rispetto alla taglia delle sue performance, e il suo talento viene notato a livello di nazionale durante la sua prima selezione (ottobre 1977). Safet Sušić segna una doppietta contro l’Ungheria e una tripletta nella la sua seconda presenza (contro la Romania). Magico davvero…
Mario Bocchio