“Il bomber dei poveri”. Quando penso a Gioacchino Prisciandaro, il soggetto di questa biografia calcistica, la prima cosa che mi viene in mente sono i 4 gol segnati in uno storico derby nel campionato interregionale 1999-2000, quando il “Priscia” indossava la casacca granata del Rutigliano. Leggendo i contenuti di questo libro e sfogliando le bellissime immagini di repertorio che lo arricchiscono, ho fatto un tuffo nel passato di quasi 20 anni, ritrovandomi in un calcio diverso, sicuramente più genuino, per quanto già esistessero il calcio scommesse e il doping, ma in cui trovavi ancora degli uomini veri, prima ancora che calciatori, lontani dal divismo esasperato di questi anni di reality e social network.
Il giornalista Mimmo Giotta ripercorre le tappe e le gesta di questo indimenticato attaccante, vissuto nella aree di rigore (e aggiungerei negli incubi peggiori) delle squadre avversarie: uno di quei panzer vecchio stile, che trasformava in oro qualunque pallone toccasse, ovunque egli giocasse.
Prisciandaro nasce alla Madonella, quartiere centrale a ridosso del mare di Bari, dove impara a giocare per strada, palestra che gli dona personalità e carattere, valori che saranno indispensabili lungo il suo percorso di vita e sportivo; è il primo di cinque figli di una famiglia povera, che dopo qualche anno si trasferisce al quartiere San Paolo, dopo aver ottenuto una casa popolare.
Il bomber, che pare cresciuto a pane e dinamite, dimostra una grande passione per il gioco del calcio, ma deve anche studiare per volontà della famiglia; sarà costretto a lavorare sin da piccolo per portare qualche soldo a casa, compromesso che gli permetterà di allenarsi e di formarsi calcisticamente nella vicina Monopoli. Il libro fa rivivere con nostalgia quel calcio fatto di allenatori e presidenti spinti dalla passione e non solo dall’interesse, snocciolando la carriera di un calciatore capace di segnare caterve di gol dalla Prima categoria fino alla Serie B, senza dimenticare gli amici, i famigliari, i dirigenti incontrati, le occasioni perse ed i rapporti con i tifosi.
In quasi ogni piazza in cui ha giocato lascia un buon ricordo di sé, ma è a Cremona che tutt’oggi viene ancora ricordato come “Jack lo squartaporte”: in Lombardia arriva la promozione in serie B e diventa un vero e proprio beniamino.
Avendolo contro, di certo, non si poteva far altro che sperare, magari, distraendolo dagli spalti, potesse sbagliare mira, anche se poi quasi sempre il “Priscia” puniva e seppur ti trovavi dall’altra parte della barricata, non potevi far altro che applaudirlo alla fine della contesa, o magari sperare di averlo in squadra l’anno successivo.
Questo libro, in ultima analisi, mi ha molto affascinato un po’ per il cuore da tifoso che ancora conservo, un po’ perché ha evocato atmosfere e situazioni di un calcio che oggi non si riescono più a trovare, se non nei meandri del football nostrano. Sarà che sono un nostalgico, ma la storia del ragazzo che ha dovuto lavorare, fare il garzone e prendere due pullman per giocare a pallone mi ha dato da pensare al parallelismo tra il calcio e il percorso della propria vita, fatto di crescita e divertimento, ma che porta con sé sempre una sorta di “educazione” a certi valori.
Il costo del libro è di 15 euro e contribuirà a dare mantenimento alla sua scuola calcio per ragazzi di Casamassima, dove mancano strutture per allenarsi adeguatamente e si è costretti a emigrare nei paesi vicini per far giocare i giovani atleti. Per acquisti, la via più veloce è prenotandolo attraverso la pagina facebook “Il bomber dei poveri”.
Il mio consiglio è di comprarlo, per dargli quell’occasione che Prisciandaro non ha avuto da giocatore nella sua città natale, perché dare tutto senza risparmiarsi mai non è da tutti, perché anche in quel ruolo che il luogo comune vuole ad appannaggio di giocatori solitari ed egoisti, ci sono tanto altruismo e umanità di cui raccontare tanto per quel che riguarda il campo che fuori dal campo.
Rocco Denicolò