Il brasiliano José Mehdi Faria, ex allenatore del Marocco dal 1983 al 1988, è morto nel 2013 all’età di 80 anni dopo una lunga malattia. Fu il primo a portare una squadra africana oltre il primo turno di un Mondiale, nel 1986.
José Mehdi Faria, il più marocchino dei brasiliani, non c’è più. È morto a Rabat, l’allenatore nato a Rio nel 1933 – convertitosi all’Islam – aveva definitivamente adottato la sua seconda patria. Otto anni di carriera nel Royaume chérifien e un ottavo di finale al Mondiale con la selezione, inevitabilmente, creano legami. Il Marocco, questo paese a cui ha dato tutto e che alla fine gli ha restituito…
Ma prima di arrivare nel Maghreb, negli anni ’70 Faria ha frequentato i corsi di allenatore presso l’accademia del Fluminense. Gli è stato affidato il settore giovanile del club e ha vinto più volte il titolo di “miglior allenatore delle giovanili” in Brasile. Uno status che attira nuovi protagonisti nel calcio, soprattutto nel Golfo. Nel 1979, all’età di 47 anni, Faria intraprese il suo primo esodo, in Qatar. Lì, ha agito come tuttofare e architetto del calcio qatariota: ha guidato sia la nazionale juniores – che è riuscito a portare ai Mondiali – sia la squadra locale dell’Al-Sadd, con la quale ha vinto diversi trofei a livello nazionale. Un costruttore è nato…
L’Eldorado marocchino
Fu allora che le prestazioni di Faria – e in particolare la sua capacità di condurre progetti reali con squadre modeste – arrivarono all’orecchio del re del Marocco, Hassan II, nel 1982. Alla guida del FAR di Rabat e della nazionale, riuscì a qualificare quest’ultima per i Giochi Olimpici di Los Angeles del 1984. La prima pietra dell’edificio che avrebbe raggiunto il suo apice due anni dopo.
Il soprannome di “mago bianco” venne quindi dato per la prima volta in Africa (molti altri sarebbero seguiti in seguito). E non sarà usurpato, tutt’altro. A livello nazionale, è stato incoronato campione con il FAR nel 1984 e ha vinto tre Coppe del Trono dal 1984 al 1986. Ha anche guidato la nazionale due volte alle semifinali della Coppa d’Africa (1986 e 1988). Ma sono stati soprattutto i Mondiali messicani a rendere Faria parte della storia del Paese…
L’epopea del 1986… poi l’oblio
All’alba dei Mondiali del 1986, il Marocco era una squadra consolidata, sicura della propria forza e fiduciosa grazie alla partecipazione alle Olimpiadi di due anni prima e alla semifinale della CAN nello stesso anno. L’allenatore brasiliano può contare su giocatori come Aziz Bouderbala, Merry Krimau, Mohamed Timoumi, Abderrazak Khairi e Boushaba Hmida. Il Marocco, tuttavia, ha iniziato con due pareggi – contro Polonia (0-0) e Inghilterra (0-0) – che lo hanno messo in una posizione delicata per gli ottavi. Fortunatamente, la terza partita del girone è stata una svolta straordinaria: il Marocco ha travolto il Portogallo per 3 a 1 (doppietta di Khairi e gol di Krimau) e ha conquistato all’ultimo minuto il primo posto nel girone. Negli ottavi di finale di un paese africano ai Mondiali, il Marocco non si è comportato male contro la Germania Ovest, ma ha ceduto alla fine con un gol di Matthäus (87esimo) e alla fine ha perso 1-0.
Dopo questa impresa, Faria ritornò gradualmente nei ranghi nonostante una breve esperienza a Khouribga (1995-1997). Malato e indebolito finanziariamente da diversi mesi, il brasiliano ha sempre dichiarato il suo amore per il Marocco. Ha sempre voluto essere sepolto lì. Forse per non lasciare mai il Paese che – e che lui – adorava.