Scirea nasce il 25 maggio 1953 a Cernusco sul Naviglio, nell’hinterland di Milano. È il terzo dei quattro figli di papà Stefano, operaio siciliano alla Pirelli, e mamma Giuditta, lombarda e anche lei grande lavoratrice.
“Io vengo da una famiglia di operai, – dirà Gaetano – mio padre ha fatto 35 anni alla Pirelli, e anche mia madre ha lavorato per 34 anni. Sapevo i grandi sacrifici che facevano loro e per questo non ho mai avuto grilli per la testa”.
Come tanti bambini della sua età, sogna in strada con un pallone fra i piedi e nei pomeriggi si allena a palleggiare contro il muro: di destro e di sinistro, con l’interno e col collo del piede. Un giorno, è il 1963, viene notato da Gianni Crimella, ventenne allenatore e dirigente della Serenissima, la squadra di calcio a 7 dell’Oratorio San Pio X di Cinisello Balsamo, dove gioca anche suo fratello Paolo.
Scirea nella Serenissima San Pio X, campionato CSI 1965-‘66
“Controllava il pallone con una naturalezza pazzesca per un bambino di 10 anni. – ricorda Gianni a Sky – Gli dissi: ‘Perché non vieni a giocare alla Serenissima?’. ‘Se devo venire vengo’, mi rispose. ‘E certo che devi venire’, insistetti”.
Inizia così la carriera di uno dei più grandi campioni della storia del calcio italiano.
“Si era bambini – dirà in seguito Scirea ricordando quei tempi – si stava lì dalla mattina alla sera. Si giocava spensierati”.
Paolo e Gaetano ereditano dal padre la passione per l’Inter.
“Quando c’erano le partite di Coppa – rivela Paolo a Sky – andavamo a casa di una signora che aveva la televisione e ci permetteva di vederle”.
Il papà, grazie a un collega che gli regala i biglietti, lo porta a vedere a San Siro Inter-Mantova del 1961. Qualche anno dopo Crimella riesce a procurarsi 3 biglietti per Inter-Liverpool, semifinale di Coppa dei Campioni del 1965, in cui i nerazzurri di Helenio Herrera rimontano gli inglesi e fa un regalo ai due fratelli. Il terzo goal dei milanesi lo segna Giacinto Facchetti, in una delle sue incursioni offensive.
Gaetano è felicissimo di aver assistito a quello spettacolo, e in quel momento decide che avrebbe fatto il calciatore, anche se non può sapere che 10 anni più tardi sarà lui a sostituire proprio il campione nerazzurro come libero della Nazionale italiana.
Un anno dopo, per assecondare la sua passione per l’Inter, il tecnico della Serenissima porta Gaetano a fare un provino con i nerazzurri. Ad osservarlo, in uno dei campi del club sul Naviglio, c’è un certo Maino Neri, che lo schiera all’ala sinistra. Scirea per la prima volta gioca in un campo di calcio a 11. L’ultima parola spetta al responsabile delle giovanili, Peppino Meazza, che alla fine dice no.
Gaetano continua allora a giocare come attaccante nella Serenissima fino al 1967. Pensa tanto al calcio che viene bocciato a scuola in terza media. Quando lo dice al padre, riceve una vera lavata di capo. Stefano vuole che suo figlio torni a scuola, lui non ne ha voglia e per ottenere il rispetto di suo padre inizia a lavorare in un paio di negozi.
Silenzioso e timido, il giovane Gaetano è orgoglioso e pretende molto da sé stesso. Crimella, che di professione fa il venditore di materassi in giro per la Lombardia, grazie a un contatto riesce a organizzargli un provino con l’Atalanta, uno dei migliori vivai d’Italia, diretto dal dottor Brolis.
Per la seconda volta nella sua vita Gaetano deve giocare su un campo di calcio a 11. Crimella nota che tre dei compagni di squadra nel provino giocano abitualmente insieme in un piccolo club, per cui dà un consiglio al ragazzo:
“Tu prendi il pallone e non passarlo più, perché non te lo ridaranno mai. – gli dice – O te lo portan via o vai al tiro”.
Gaetano esegue e fa un bel provino, segnando alcuni goal. Il problema è il suo fisico, che agli occhi di Brolis appare gracilino. Crimella garantisce che il ragazzo crescerà e svilupperà un bel fisico. Il dirigente atalantino prende tempo, ma poi qualche settimana dopo chiama: Scirea a 14 anni è tesserato dall’Atalanta.
Papà Stefano è inizialmente perplesso, ma si ricrederà, mentre mamma Giuditta lo appoggerà sempre e diventerà sua complice. Gaetano entra nelle giovanili dell’Atalanta e viene allenato da Guido Capello e da un giovanissimo Ilario Castagner.
In campo gioca inizialmente da ala e poi da mezzala, dove i tecnici della squadra bergamasca pensano possa rendere meglio. Come mezzala disputa anche due stagioni con la De Martino, l’antica Primavera, ma fatica ad esplodere. I critici dicono che in quel ruolo abbia poca fantasia. Un giorno però la sua posizione in campo cambia per sempre, ed è il destino a metterci lo zampino.
“Capello mi ha salvato! – racconterà in seguito Gaetano – Ero, infatti, sul punto di lasciare il calcio. Credevo di aver sbagliato mestiere; mi sembrava di essere un fallito. La maglia che abitualmente indossavo era quella di mezzala, e a battitore libero giocava Belotti, il mio amico Vittorio. Un giorno giocavamo a Melegnano e Belotti si ruppe una gamba. Capello, l’allenatore, decise su due piedi di sostituirlo proprio con me, una mezzala, quel giorno tredicesimo e unico sostituto. Ricordo tutto di quegli anni. E con un certo piacere rammento le finali raggiunte con Ilario Castagner”.
È la svolta che Scirea aspettava. Gioca una bella gara e nelle successive si ripete. Nel suo ruolo diventerà un campione scrivendo pagine indelebili nel calcio italiano.
Anche per il debutto di Gaetano in prima squadra è il fato a metterci lo zampino. Ad una settimana dall’inizio del campionato 1972-‘73, il libero titolare della Dea, Giancarlo Savoia, si infortuna. Il tecnico Giulio Corsini deve scegliere chi lo sostituirà e dà fiducia a Scirea.
Si gioca al Sant’Elia, contro il Cagliari di Gigi Riva. Finisce 0-0, Rombo di Tuono non trova il goal e nel post partita spende parole importanti per il diciannovenne atalantino.
“Quel ragazzino lì, taciturno come me, farà strada”, dichiara. Avrà ragione.
L’Atalanta nelle partite di Coppa Italia e nelle prime due giornate di campionato non prende goal, ma alla terza è in programma il derby lombardo contro il Milan di Gianni Rivera e Corsini decide di cambiare l’assetto della sua squadra, inserendo nuovamente Savoia nell’undici titolare.
I giornali dell’epoca parlano del giovane Scirea atalantino
Il numero 10 rossonero è in stato di grazie, e il risultato che ne vien fuori è roboante: 9-3 per il Diavolo, sua miglior vittoria di sempre in Serie A. Quel risultato peserà non poco nella storia di Scirea, perché proprio per differenza reti peggiore rispetto a Roma, Sampdoria e L.R. Vicenza l’Atalanta retrocede in Serie B.
Il classe 1953, comunque, ha lasciato il segno, visto che alla nona giornata, nell’altro derby lombardo contro l’Inter, viene chiamato a rimpiazzare il mediano Bianchi e diventa il primo sostituto di quest’ultimo e della mezzala Pirola. Colleziona 20 presenze senza reti ma nel 1973-‘74 Savoia è ceduto, Corsini è esonerato e rimpiazzato con Heriberto Herrera, e Gaetano gioca da libero titolare un ottimo campionato di Serie B, con 38 presenze e un goal.
Fra gli osservatori che monitorano le sue prestazione c’è anche Romolo Bizzotto per conto di Giampiero Boniperti, presidente della Juventus. Qualcuno lo riferisce a Gaetano, ma lui, ragazzo schivo e timido, non vuole nemmeno crederci. Così si arriva all’estate, dopo un piazzamento finale all’11° posto, e mentre Scirea è mentalmente con la testa alle vacanze, la Juventus anticipa la concorrenza e lo acquista per 700 milioni più i cartellini di Giorgio Mastropasqua e Gian Pietro Marchetti, e la comproprietà di Giuliano Musiello.
“Il campionato era finito ed io ero a casa, – ricorderà Scirea – senza particolari preoccupazioni. A un certo punto mi venne a trovare il dottor Brolis, un dirigente, e senza molti preamboli mi comunicò che la Juventus mi aveva acquistato. Dovevo andare a Torino alle visite mediche. Impazzivo dalla felicità”.
“Quella notte non ce la feci proprio a prendere sonno. Sembrerà forse scontato, ma è la pura verità. Credo che ogni calciatore, forse anche ogni ragazzino, abbia sognato una volta nella vita di arrivare a far parte della Juventus. Ed io ci ero arrivato davvero”.
Prende realmente coscienza del trasferimento quando, tornato a casa, trova tutta la sua famiglia ad aspettarlo, felice per la bella notizia.