Menzione speciale nel viaggio tra le realtà “alternative” del calcio messinese lo merita una società che, nonostante i pochi anni di attività, ha regalato lustro alla città per i risultati ottenuti e per l’innovazione portata nel mondo del calcio siciliano. Parliamo dell’Unione Sportiva Arsenale, compagine nata in seno al bacino militare dello Stretto. Nata per volere del dopolavoro marittimo, la squadra rossoblu cominciò la sua attività nell’estate del 1944, con il nome di Società Sportiva Lega Arsenalotti. Ma è il 1946 ad essere ricordato come l’anno zero della squadra della marina: la direzione tecnica, infatti, affidata al triumvirato composto da Russo, Mazzotta e Moschella, decise di applicare un sistema di gioco sull’onda lunga del grande Torino. Negli anni precedenti la guerra, infatti, le squadre giocavano senza un modulo preciso, applicando una divisione dei ruoli casuale, fondata solamente sulle attitudini naturali dei calciatori.
L’Arsenale, grazie ad un ordinatissimo 4-4-2, vinse il campionato di prima divisione e, nella stagione 1947-’48, si presentò ai nastri di partenza del transitorio campionato di serie C, il quale premiava le prime cinque squadre di ogni raggruppamento con la partecipazione alla riformata (e ridotta) terza serie nazionale, al via nella stagione successiva. L’Arsenale conquistò un meritatissimo quarto posto, alle spalle di Catania, Reggina ed Igea Virtus. La lega nazionale, per riempire i posti lasciati vacanti da altre compagini, premiò anche Trapani, Acireale e Messina, classificatesi immediatamente dopo la squadra rossoblu.
Nel campionato successivo, però, l’Arsenale pagò lo scotto del fittizio salto di categoria ma, grazie alle 18 reti realizzate dal bomber Cereseto, riuscì a salvare la categoria, posizionandosi al quattordicesimo posto. Nella stagione seguente, ovvero la serie C 1949-’50, la squadra del bacino marittimo raggiunse il punto più alto della sua storia: sulla panchina arsenalotta arrivò Felice Levratto, ex centravanti dell’Inter e dell’Italia, che portò il suo calcio rivoluzionario basato sulla velocità delle ali.
L’Arsenale concluse il campionato al quinto posto, alle spalle del Messina (che volò in serie B) e di compagini blasonate come Cosenza, Reggina e Lecce. Nel girone di andata, tra l’altro, gli uomini di Levratto riuscirono anche a fermare il Messina sullo 0-0, in un Enzo Geraci gremito in ogni ordine di posto.
Dopo l’exploit del 1950, però, l’Arsenale fu costretto a ridimensionare i programmi per insufficienza di fondi, dinnanzi ad un calcio che cominciava ad assumere sempre di più i connotati di un affare prosciuga-risorse. Messina, inoltre, era una città dalle buone risorse economiche ma votata all’Acr, che aveva da poco conquistato la cadetteria. Il campionato 1950-’51, infatti, si concluse con una retrocessione, in virtù del sedicesimo posto. L’estate successiva, in preda alla cocente delusione, la dirigenza dell’Arsenale decise di non iscrivere la squadra in quarta serie, abbandonando la breve ma sfolgorante storia di una società che rimase nella memoria dei tifosi peloritani.
Non solo Messina, pertanto, in una città che ha sempre, visceralmente, amato il giuoco del football. Un centro che, nonostante sia conosciuto per una scarsa affezione al proprio territorio, sa risvegliarsi quando una palla, scagliata da “piedi giallorossi”, riesce a gonfiare le porte avversarie.
Marco Boncoddo