Il riferimento è inevitabile ogni volta che si parla dell’eliminazione dell’Argentina dai Mondiali del 1966 nei quarti di finale contro l’Inghilterra, paese ospitante. “Dopo l’espulsione, Antonio Rattín si sedette sul tappeto della regina, poi accartocciò la bandiera che stava nell’angolo e quando se ne andò gli lanciarono lattine di birra”. Parole di più, parole di meno, è scritto in migliaia di articoli di giornale, in spagnolo, inglese e in molte altre lingue. Per verificarlo basta fare una semplice ricerca su Google: “Rattín carpet queen”.
La Coppa del Mondo in Inghilterra non è stata trasmessa in diretta televisiva in Argentina. Le immagini sono state viste solo tre giorni dopo. Gli argentini hanno ascoltato il seguito della partita alla radio e poi si sono informati attraverso la stampa Clarín, La Nación, Crónica e le riviste El Grafico e Goles. Ciò che dicevano nelle loro pagine era quasi una parola sacra. Ciò che è stato mostrato, scioccante. Tuttavia, nei riferimenti dell’epoca, non vi sono allusioni all’evento.
Le immagini più diffuse sono state quelle dell’arbitro tedesco Rudolf Kreitlein che espelle Rattín, il tumulto, le discussioni, lo sventolio della bandiera britannica nell’angolo e il mancato scambio di maglie tra Oscar Más e George Cohen, interrotto dall’allenatore degli inglesi Alf Ramsey. Di tappeti, regine e birre, niente.
Ma Rattín lo ripeté così tante volte che cinque decenni dopo modellò la sua versione preferita. “Dopo 15 minuti ho chiesto l’interprete perché addebitava tutto a favore dell’Inghilterra. Mi ha cacciato. Ha detto, fuori, fuori, mi ha tagliato. Il gioco è stato sospeso per circa 25-30 minuti. I leader della FIFA sono entrati in campo, io mi sono seduto sul tappeto rosso della regina per guardare 10 minuti di calcio. Poi sono andato negli spogliatoi e quando sono passato vicino alla bandierina del corner ho stravolto la bandiera inglese che sventolava. Li ho insultati, mi hanno lanciato lattine di birra”. Lo racconta così, con dovizia di particolari, nella serie di documentari Football is History (Capitolo 3, Koala Contents, 2012).
Le domande sono mature. Nessun fotografo è riuscito a perpetuare l’immagine di Rattín sul tappeto rosso, ma invece, quel momento in cui ha sventolato la bandiera britannica? Nessuna delle telecamere della televisione inglese o di quelle assunte dalla FIFA per girare il film ufficiale dei Mondiali ha cambiato il centro dell’attenzione? Nessuno ha osato dire che hanno lanciato lattine di birra al giocatore? Quando iniziò a raccontare la sua versione l’allora capitano della Nazionale argentina?
Non si trovano menzioni sui giornali dell’epoca, né argentini né stranieri. Manuel Nolo Ferreira, ex giocatore dell’Estudiantes de La Plata ora diventato giornalista, ha raccontato a Clarín: “Rattín era stato ammonito due volte e quando volle far capire all’arbitro tedesco che era lui il capitano, di fronte a un fallo da un giocatore inglese, lamentandosi perché non si proteggeva allo stesso modo i rivali, fu espulso dal campo di gioco”.
Il quotidiano spagnolo Mundo Deportivo spiega: “I giocatori si sono riuniti, i direttori tecnici sono scesi in campo, i guardalinee si sono avvicinati, si è discusso per sette minuti e mezzo e l’arbitro è rimasto immobile nella sua decisione ed è riuscito a imporre i suoi criteri”. E che Rattín mise un piede in campo, dalla linea laterale, dove rimase a lungo, una volta ripreso il gioco, prima di ritirarsi negli spogliatoi, mentre l’arbitro, mediante una palla rimessa, riprendeva il gioco ”.
Nel documentario prodotto da Christian Rémoli ci sono due tipi di immagini: una a colori, dalla televisione ufficiale, e un’altra in bianco e nero, dalla telecamera di casa di Rattín. Vedi il tappeto rosso, ma mai l’ex Boca seduto lì, lo vedi camminare verso l’angolo guardando la partita, che era già ripresa, e anche la gente che segue l’azione. Lo potete vedere mentre preme la bandierina mentre la maggioranza del pubblico segue la partita. Lo si vede allontanarsi con passo stanco, fare gesti agli spalti, ma niente sorvola l’umanità del Topo, men che meno le birre.
Qualche anno fa, un sito internet pubblicò il video integrale della partita tra Inghilterra e Argentina. Non è più disponibile C’era tutta la sequenza, i 9 minuti di sospensione (non 25 o 30 come sostiene Rattín), si vedevano le discussioni al centro del campo di gioco, molto vicino a un tappeto rosso che arrivava fino alla linea laterale al centro del campo. campo, tra Rattín, un dirigente argentino e uno della FIFA, quando la partita era già ripresa; poi il lungo e lento cammino del giocatore verso gli spogliatoi.
Le due telecamere di quella trasmissione smettono di inquadrare Rattín per meno di un minuto. Si sarà seduto per quel breve momento? Potrebbe essere stato dopo essere entrato nello spogliatoio, in qualche posto riservato che nessuno poteva vedere?
“Anche il rifiuto di Rattin di lasciare il campo, per quanto comprensibile, non era l’atteggiamento corretto. Per otto minuti rimase sulla linea esterna, con un piede dentro e uno fuori dal campo, discutendo con l’arbitro, con i dirigenti della FIFA e con chiunque volesse unirsi,” scrisse lo scrittore inglese David Downing, presente quel giorno, in una nota pubblicata dal quotidiano Página 12 il 24 luglio 2006.
La storia ha la sua storia originale, quella prima miccia inarrestabile. Erano trascorsi pochi giorni dallo storico 23 luglio di Birmingham. Il centrocampista del Boca ha fatto riferimento all’accaduto in un’intervista rilasciatagli da Ernesto Cherquis Bialo per la rivista El Grafico (edizione numero 2443 del 2 agosto 1966) pochi giorni dopo il ritorno in Argentina.
Il Topo, che aveva 29 anni, raccontò: “Bene, dovevo andarmene litigando violentemente. Ho fatto segno all’interprete quanto avevano pagato l’arbitro. Ho parlato al pubblico, che era lì, incollato alla fila, dicendo la stessa cosa: molti mi fischiavano e altri mi applaudivano. Nessuno ha capito niente: né io loro, né loro io. Poi mi sono seduto sul tappeto reale, che me ne frega! E alla fine ho afferrato le bandierine inglesi che erano sulle bandierine d’angolo e le ho strette fino a strapparle. Se non mi prendono, alla fine del gioco li ammazzo. Per fortuna non l’ho fatto. Non ho mai più giocato a calcio”.
Successivamente l’argomento non venne più menzionato per molto tempo. Nel Libro dei Mondiali, pubblicato prima dei Mondiali del ’78, ci sono testimonianze di Rattín, un gran numero di foto e un resoconto dettagliato degli eventi e nessuna menzione del sit-in sul tappeto. Nel periodo che precede Argentina-Inghilterra ai Mondiali in Messico, nel 1986, la storia riprende forma.
Oltre al momento in cui premette la bandierina del corner con la bandiera britannica (non quella inglese), la certezza più grande di questa storia è che a causa dello scandalo e della mancata comunicazione tra il giocatore e il giudice quattro anni dopo, iniziarono ad essere usati i cartellini gialli e rossi. “Mi ha guardato con cattive intenzioni. Per questo ho capito che mi aveva insultato”, ha spiegato l’arbitro tedesco nel suo resoconto.
Il giudice internazionale inglese Ken Aston, che fu uno di quelli che cercarono di parlare con lui e calmare Rattín a bordo campo, nel 1970 presiedette il Comitato Arbitri della FIFA, e fu lui a proporre l’utilizzo dei cartellini a partire da Mexico ‘70.
Mario Bocchio