Centravanti tappo, cosce tornite, spalle da ginnasta su busto da Playmobil e baffo folto a incutere rispetto, Nikolaos “Nikos” Anastopoulos arrivò ad Avellino nel settembre del 1987, portando in dote venticinque reti nella nazionale greca e una certa autorità da ras del quartierino nell’Olympiakos.
Rimase nove mesi, il tempo di sedici partite e una retrocessione dopo dieci anni consecutivi di serie A, record di sempre per l’Avellino. Il suo fallimento fu colpa dello scandalo delle “lenzuola d’oro“, ma il “baffo del Pireo” Anastopoulos non lo seppe mai.
Il 22 maggio del 1987, giorno della processione di santa Rita, cinque giorni dopo la fine del campionato e ventiquattro giorni dopo la fine della legislatura con la caduta del governo Craxi, il presidente dell’Avellino Elio Graziano venne arrestato, implicato nello scandalo delle “lenzuola d’oro”.
“Zio Elio”, come lo chiamano in città, amico di tutti, ha il vezzo di calare sullo stadio Partenio a bordo di un elicottero bianco, porta al polso sinistro una catenina d’oro con l’effigie di santa Rita, di cui è devotissimo, e nella mano destra tiene in caldo fragranti mazzette da centomila lire, devoto pure a quelle.
Le mazzette vengono distribuite ai primi adoranti tifosi, “zio Elio, zio Elio“, che lo vanno ad accogliere quando fa la sua apparizione in tribuna.
Megalomane, ingenuo, scaltro, onnipotente, una volta la claque che lo circonda gli fa credere che per collegarsi e intervenire al Processo del Lunedì di Biscardi bisogna sborsare venticinque milioni. E lui paga, sull’unghia.
È padrone di un’azienda chimica a Fisciano, produce un detersivo, il Dyal, che piazzerà come sponsor sulle maglie dell’Avellino, ma soprattutto realizza il “tessuto non tessuto”, il famoso “Tnt”, le lenzuola sottili in uso sui treni di tutta Italia. Sono quelle che lo mandano in galera, per una storia di finanziamenti illeciti. Sono quelle che fanno dell’Avellino una squadra da retrocessione.
Al posto di Graziano arriva Francesco Improta, con sé porta il pacco Nikos Anastopoulos. La società è piena di debiti, soldi non ce ne sono più. I giocatori li reclamano, chiedono ma non ottengono il fallimento, la squadra è allo sbando e va avanti con il freno a mano tirato fino alla B.
L’allenatore è Eugenio Bersellini da Borgotaro che -regola numero uno – durante la partita fa scaldare le riserve obbligandole a correre lungo la linea laterale simulando infine il cross, così gli rimane in testa il movimento, a ‘sti ragazzi. Nikolaos Anastopoulos non capì, si adeguò, fallì.
Furio Zara