Nel 1963, la squadra di calcio lussemburghese realizzò una delle sue più grandi imprese eliminando l’Olanda, dopo due confronti epici, negli ottavi di finale di Euro 1964. Una doppia partita giocata in terra olandese che fece sognare un intero paese e diede i giocatori e al loro allenatore lo status di eroi.
Il Campionato europeo di calcio per nazioni, l’antico nome dell’Euro, è stato creato nel 1960. Lungi dall’essere l’attrazione mediatica di oggi, questa competizione è solo agli inizi. Dopo una prima edizione vinta dall’URSS in Francia nel 1960, la seconda, la cui fase finale si giocherà in Spagna, propone un ottavo di finale tra il piccolo Pollicino del Lussemburgo e la favoritissima Olanda.
Segno della differenza di posizione tra le due squadre, la federazione del Granducato, scarsamente attrezzata finanziariamente, offre alla sua controparte olandese di giocare le due partite in terra olandese e di dividersi le entrate. Un modo per guadagnare qualche soldo in più a scapito del vantaggio sportivo che una partita casalinga può conferire, il che la dice lunga sulle ambizioni della federazione. Tuttavia, la squadra lussemburghese, sotto l’egida di Robert Heinz, non si rassegna a un destino che pare scontato. Determinato a rompere lo status quo, l’allenatore tedesco innova facendo applicare per la prima volta ai giocatori la rivoluzionaria tecnica della trappola del fuorigioco. Una strategia all’epoca considerata difensiva e suicida, al limite addirittura dell’anti-gioco d’azzardo.
Tuttavia, i giocatori seguono il messaggio dell’allenatore e, consapevoli dei rischi di una simile strategia, si avvicinano alla partita in uno stato di enorme concentrazione nonostante l’assenza dei due attaccanti di punta Kohn e Dimmer.
11 settembre 1963: nello stadio di Amsterdam gremito da 40.000 tifosi locali, la partita inizia male per il Lussemburgo che, al 5′, concede il primo gol a Nuninga con un tiro su uno splendido passaggio alto dal centrocampo. Si prevede il peggio per la squadra del Granducato che, tra la sorpresa di tutti, va in gol con un furioso colpo di testa di May su calcio d’angolo al 33′. Un pareggio che, oltre a mettere a pari merito le due squadre, libera i Roud Léiw che riescono a mantenere il pareggio nella ripresa. Lo stupore lascia il posto alla preoccupazione da parte degli olandesi. Gli Oranje avranno anche colpito due volte i pali, ma la fine della partita viene fischiata con questo risultato. A dimostrazione dell’impresa compiuta, il pubblico batavo applaudirà calorosamente la piccola squadra lussemburghese per l’impresa.
Il Lussemburgo in posa (a sinistra) e il tecnico tedesco Robert Heinz
30 ottobre 1963: le due squadre si affrontano per il ritorno a Rotterdam, in uno stadio ancora più pieno e ancor più infuocato rispetto all’andata. Le due selezioni non hanno bisogno di aiuto per trovare le motivazioni necessarie alla vittoria: l’Olanda vuole cancellare l’affronto dell’andata, e il Lussemburgo è pronto a lottare anima e corpo per conquistare una qualificazione storica.
Con pochissimi cambi nella formazione titolare, i Red Lions, che per la prima volta nella loro storia hanno svolto un corso di preparazione mentale prima della partita, sono disinibiti e giocano con sicurezza e passione. Uno stato d’animo che permette loro di stupire ancora una volta con un’apertura firmata da Dimmer, uno dei due cambi tattici apportati in questa occasione da un ispirato Robert Heinz. Un momento di follia riversato subito dal pareggio olandese che scalda l’atmosfera di uno stadio che gioca il suo ruolo di dodicesimo uomo. Mentre il secondo tempo offre una feroce battaglia tra le due squadre, è ancora una volta Dimmer a realizzare l’impensabile e a segnare la vittoria per il Lussemburgo. Al fischio finale, due risultati storici in contrasto tra loro: per il Granducato è l’impresa più grande della storia. Per l’Olanda, professionista da dieci anni, questa è l’umiliazione peggiore.
Mentre i Leoni Rossi si muovevano in una certa indifferenza fino a questi due incontri, l’atmosfera è diventata completamente diversa dopo la storica impresa. Nel giro di due partite, gli uomini allenati da Robert Heinz passarono da quasi anonimi a eroi della nazione, e il primo turno dei quarti di finale non fece altro che confermarlo. In uno Stade Josy Barthel (chiamato anche Stade Municipal) pieno di 8.000 tifosi entusiasti, il Lussemburgo dà il benvenuto alla Danimarca. Una splendida partita di calcio che si concluderà con un prolifico risultato di 3-3. Un punteggio che, unito al secondo pareggio otto giorni dopo a Copenhagen in un clima più che ostile, permetterebbe alla Dimmer compegni di far seguire al miracolo di Rotterdam l’impresa di Copenhagen. Palla 1-1 al centro, la finale si giocherà in campo neutro, una settimana dopo nella città… di Amsterdam.
Purtroppo, nonostante il sostegno di duemila tifosi accorsi con tutti i mezzi fino alla città olandese, il Lussemburgo, autore ancora una volta di una grande prestazione, finirà per crollare dopo il sesto gol (!) di Madsen in questo triplo confronto. Una crudele sconfitta per 1-0, in uno stadio innevato, che distrusse i sogni della fase finale. Dopo la delusione, i giocatori lussemburghesi tornarono a casa sicuramente perdenti ma soprattutto considerati dalla popolazione per il loro vero valore: eroi.
Mario Bocchio