Durante la Copa América del 1979, Pelusa esordì in un torneo ufficiale con la nazionale argentina indossando la maglia numero 6, poiché il “suo” 10 aveva un titolare: Juan Carlos Bujedo.
Diego Armando Maradona, l’uomo che divenne sinonimo di 10, un giorno aveva solo il 6. Il calciatore che per tutta la sua carriera fu sempre legato a quel numero destinato ai talentuosi, rappresentò la nazionale argentina indossando un’insolita maglietta con stampato il sei sul retro. Era la Copa América del 1979, l’unico torneo ufficiale in cui Pelusa non indossò il numero con cui fu sempre immortalato. Juan Carlos Bujedo è il nome del terzino sinistro di Córdoba che è stato l’unico che ha potuto, almeno per un po’, separare El Diez dal dieci.
Quella edizione della competizione continentale durò cinque mesi, non aveva una sede fissa e non venne rispettato l’elenco dei convocati per ogni incontro. Tanto che, ad esempio, il Brasile ha utilizzato 37 giocatori durante la competizione e il Paraguay, campione, 46. Dal canto suo, la nazionale argentina, guidata da César Luis Menotti, era appena diventata campione del mondo un anno prima e l’allenatore decise di provare quei giocatori che avrebbero potuto reggere l’eredità futura. Daniel Passarrella era l’unico giocatore della rosa del Mundial presente.
In quegli anni Bujedo giocava per il Racing di Córdoba, che all’epoca era uno dei frequentatori abituali dei tornei nazionali, dimostrando buone prestazioni sotto il comando di Alfio Basile nel 1978 e nel 1980. Ecco perché Menotti, un allenatore che teneva conto del calcio cosiddetto secondario, scelse questo difensore per il nuovo palcoscenico. L’Argentina faceva parte del Gruppo C di quella Copa América insieme a Brasile e Bolivia: l’esordio a La Paz, complice l’altitudine, terminò con il successo degli andini per 2-1.
Nella partita successiva, giocata il 2 agosto in Brasile, a causa di alcune assenze per infortunio, Menotti convocò Maradona, che si stava preparando a disputare il mondiale Under 20 in Giappone, e nella distribuzione delle maglie scelse una di quelle che non erano state assegnate al debutto. “Ci è sembrato strano. Non so nemmeno perché Diego usasse il numero 6, era una situazione strana”, racconta Bujedo, che alla fine non giocò una partita in quel torneo, anche se si vendicò nella Copa América del 1983, già agli ordini di Carlos Bilardo. Maradona, allora diciottenne, dopo i Mondiali del 1978 era stato il titolare indiscusso con la maglia dieci in ogni amichevole della squadra di Menotti ed era la seconda volta che indossava un numero insolito: la fu nel suo debutto con l’Albiceleste, in un’amichevole con l’Ungheria, nella quale indossò il 19. Quella partita contro il Brasile, terminata con una sconfitta per 2-1, segnò la sua prima partita in un torneo ufficiale con la nazionale. “Quel giorno che andammo a giocare al Maracaná mi disse che poteva prestarmi i dieci per un po’”, ha sempre raccontato ridendo Bujedo.
Maradona ebbe la sua vendetta pochi giorni dopo, quando l’8 agosto l’Argentina ospitò la Bolivia allo stadio José Amalfitani. Con Bujedo in panchina, il talento di Villa Fiorito primeggiò, fu il trascinatore della squadra e segnò un gol al 20′ della ripresa decretando la vittoria per 3-0. Le altre reti vennero realizzate da Daniel Passarella e da Jorge Gáspari. Poi la nazionale pareggiò poi con il Brasile al Monumental, nell’ultima partita del girone, e venne eliminata dalla competizione per l’assenza di Maradona che due giorni dopo, il 25 agosto, iniziò la sua partecipazione ai mondiali giovanili … in cui divenne campione.
Ma questa non è l’unica storia che lega Bujedo al Pibe. “Ho assistito alla partita che la nazionale argentina ha giocato contro i giocatori di Córdoba allo Chateau Carreras – oggi stadio Mario Alberto Kempes – e quel giorno Diego ha segnato due gol, il primo con la nazionale maggiore” ricorda l’ex calciatore. Anche se i due gol nell’amichevole contro la Scozia del giugno 1979 vengono conteggiati come i primi di Pelusa con la maglia dell’albiceleste, in quella partita del maggio di quell’anno Maradona esordì due volte in rete nella vittoria per 5-5 contro il Racing, squadra in cui Bujedo era il marcatore principale a sinistra.
Qualche tempo dopo quella Copa América, Bujedo e Maradona si incontrarono di nuovo in nazionale quando Menotti li convocò entrambi per un giro d’Europa nel settembre 1979 in cui affrontarono Germania Ovest e Jugoslavia. “Dopo essere stato campione delle giovanili, Ramón Díaz e Maradona si unirono alla squadra per quelle amichevoli e io dovevo condividere la stanza con Diego. Come compagno di squadra era impressionante, un ragazzo che metteva sempre il gruppo al di sopra di tutto”, ricorda con affetto. Quell’anno Bujedo fece il salto più grande della sua carriera: passò dal campionato con il club Cordoba e sporadicamente alla nazionale, alla marcatura del tedesco Karl-Heinz Rummenigge, una delle stelle di quei tempi. “Non dimentico più le parole di Flaco. Mi ha detto: ‘Gato, fai finta di giocare nel quartiere. Non pensare a chi marcherai, perché oggi è il migliore del mondo, gioca come fai sempre e basta’”. Bujedo indossò anche la maglia del Vélez e fece parte della squadra seconda nel Metropolitano 1979, rimasta nella memoria per il suo stile di gioco.
Conserva un aneddoto che riflette chi fosse Pelusa. “Dovevo condividere con lui un ritiro. Alle 7,30 del mattino uscivamo sempre dalla stanza, caricavamo un sacco di palloni e andavamo ad allenarci nei tiri liberi. Io giocavo da portiere e Diego raccomandava ai ragazzi che ci guardavano dietro alla porta di stare attenti, lui lanciava loro delle palle per tenersele, poi ne faceva venire qualcuno a lavargli la macchina, faceva sempre quei gesti con i ragazzi indigenti”.
Durante la sua permanenza con la nazionale argentina, Bujedo ha avuto il privilegio di essere allenato da César Luis Menotti e Carlos Salvador Bilardo, entrambi campioni del mondo. Per Bujedo la differenza tra i due è chiara e la descrive nei minimi dettagli.
“César ti esprimeva la libertà di giocare”, dice l’ex difensore e ricorda un aneddoto vissuto con il Flaco: in pratica Bujedo riceveva palla e respingeva. Menotti, con la sigaretta in mano, i pantaloni arrotolati e la camicia legata sopra la testa, interruppe il gioco, si avvicinò al cordobese e gli diede un calcio nel sedere facendogli una domanda: “Fa male? Beh, anche a lei (per la palla), quindi non picchiarla così se non è un’emergenza, trattala bene perché è lei che ci darà sempre da mangiare”.
Con Bilardo, invece, visse un’altra situazione particolare prima dell’esordio della Copa América del 1983 contro l’Ecuador. “Eravamo al ritiro di Quito e un giorno Carlos è entrato nella stanza alle 2 del mattino e mi ha svegliato per spiegarmi come sarebbe stato l’allenamento tattico del mattino successivo”, conclude.
Mario Bocchio