Vasilis Botinos, scomparso nel 2022, rimarrà il leggendario calciatore che ha tenuto testa ai colonnelli della giunta. È stato minacciato con un revolver e in realtà gli è stata stroncata la carriera all’età di soli 29 anni.
Febbraio 2022. Vasilis Botinos è, all’età di 77 anni, sconfitto dal coronavirus. I tifosi dell’Olympiakos e gli appassionati di tutto il calcio greco hanno pianto un eccezionale giocatore, una delle migliori ali nella storia della Grecia. Con la maglia dell’Olympiakos, in 140 presenze, ha segnato 120 gol ed è stato votato nell’undici d’oro nel ruolo di esterno sinistro.
Vassilis Botinos è riuscito però ad assaporare solo 2 scudetti (1966, 1967) e due Coppe di Grecia (1968, 1971), diciamo solo perché i trofei sono pochi di fronte alla grandezza della sua formazione e abilità calcistica.
Due sono le cause per cui questo gigantesco calciatore non è riuscito ad assaporare gioie maggiori. Un grave infortunio e il fatto di essere stato nel “mirino” dei colonnelli della giunta militare. E dittatoriale.
Il risultato è stato sostanzialmente quello di chiudere di fatto la sua carriera a soli 26 anni e tre anni dopo di appendere le scarpe al chiodo per sempre.
Il calendario indicava il 31 dicembre 1967 quando l’Olympiacos affrontò l’Apollōn Atene per la tredicesima a giornata di campionato allo stadio Karaiskakīs,. L’intervallo si chiude con i biancorossi in vantaggio 2-0, grazie alle reti di Botinos e Siderīs
Secondo testimoni dell’epoca, Botinos ha un problema con le scarpe e chiede a Takis Ktenas, responsabile del materiale della squadra, di cambiarle. Per qualche ragione, tuttavia, Ktenas lo ignora e Botinos gli lancia la scarpa. All’improvviso appare un uomo in abito civile, afferra il calciatore dell’Olympiakos per il bavero e dice severamente: “Ti toglierò dalla squadra, faresti meglio a parlare con Ktenas”.
Botinos reagisce istintivamente e gli dà uno forte schiaffo. Quindi, Thanasis (Soulis) Kinley corre, si mette in mezzo e dice a Botinos “Cosa hai fatto? Sai chi hai colpito?”. “No, chi?”, risponde Botinos, “è il nuovo capo di stato maggiore dell’Olympiakos, il colonnello Papapostolou”.
Tutti nello spogliatoio si bloccarono. L’Olympiacos ritornò in campo con 10 giocatori, con il pubblico che dagli spalti chiedeva il rientro di Vassilis Botinos. È successo. Dieci minuti dopo entra di nuovo sul prato e segna il quarto e ultimo gol dell’Olympiakos (4-0).
Da quel giorno la saeta rossa dell’Olympiakos fu anche una spina per i colonnelli della giunta.
La lotta contro la dittatura era appena iniziata, Papapostolou era uno dei figli prediletti di Aslanides, che all’epoca controllava gli sport greci. “Da allora, ogni volta che ne hanno avuto la possibilità, mi hanno reso la vita difficile. Una volta siamo andati a prendere i biglietti che ci spettavano e il mio non c’era. ‘È un mio ordine’ disse Papapostolou. Si sono sentite brutte frasi, gli ho risposto per le rime. Poi ha tirato fuori una rivoltella e fortunatamente Sideris e Aghanian erano lì e gli hanno afferrato la mano”, aveva raccontato lo stesso Botinos in un’intervista rilasciata nel 2014.
Non gli fu permesso di ottenere un trasferimento all’estero. “Ho avuto molti problemi anche con Aslanidis, che era stato informato di tutto. Non mi rilasciava il passaporto e non mi lasciava partire. Ho avuto diverse offerte, la più grande è stata dalla Germania, 1,5 milioni di marchi all’anno. Ma né l’Olympiacos né la dittatura mi avrebbero lasciato. ‘Anche da morto giocherai qui’, mi hanno detto, con frequenti minacce alla mia famiglia”.
Nonostante il suo immenso talento, la sua carriera finì ingiustamente e senza gloria. Mentre attraversava un ottimo periodo e si susseguivano le offerte di squadre straniere, nel 1970 subì un grave infortunio che fu l’inizio della fine. “I medici hanno detto di non giocare, ma sono stato costretto a giocare, mi hanno minacciato di corte marziale, perché se non giocavo andavo contro la rivoluzione. Alla fine, il mio quadricipite è partito”, ricordava Vasilis Botinos.
Senza alcun supporto durante l’infortunio da parte dell Olympiakos, Ferenc Puskás, tecnico del Panathīnaïkos che lo ammirava e lo voleva, lo portò dal medico del Real Madrid. Riuscì a tornare e il Panathīnaïkos espresse rapidamente interesse ad acquisirlo, tuttavia i colonnelli non vollero mai che questo trasferimento avvenisse.
“Qualcuno ha parlato con Aslanidis e gli ha detto che anche se sto bene e gioco a calcio con il Panathinaikos, il Pireo brucerà. Così hanno deciso di non consentire il trasferimento”, ha detto. Così è andato al Paniōnios, ha dimostrato ancora una volta quanto valesse e ha concluso la sua carriera a 29 anni senza avere il tempo di fare quello che voleva, così come chi ama il calcio.
Mario Bocchio