Dall’estro di Spencer esce un passaggio celestiale, mentre un prete corre come un’anima conducendo il diavolo alla comunione; un tocco a rete e il portiere Gabriel el Bambi Flores, in ginocchio, chiede già gli oli santi. Juan Manuel Bazurco, il sacerdote del calcio, ha appena segnato l’unico gol nella vittoria in trasferta del Barcelona de Guayaquil contro l’Estudiantes de La Plata.
Giovanissimo in Spagna (a destra) e nel Barcelona di Guayaquil
La partita tra l’Ídolo del Astillero e la Pincharrata è una delle semifinali nel triangolare del Gruppo 2 della Copa Libertadores nel 1971, è nota come l’impresa di La Plata. Il miracolo di Davide contro Golia.
D’altronde la squadra ecuadoriana era stata pronosticata come “terza” squadra da El Gráfico; la stampa argentina aveva descritto la partita come una mera formalità, aveva parlato di una valanga di gol. Gli ecuadoriani vivevano ancora dell’ormai lontana vittoria per 3-2 contro i colombiani del Millonarios nel 1949, con il gol di Víctor Lindor a cinque minuti dalla fine della partita, dopo aver pescato un rimbalzo offerto dal portiere Gabriel Ochoa Uribe.
Sacerdote e attaccante del Portoviejo
L’Estudiantes era appena stato campione della Libertadores tre volte di fila (1968, ’69 e ‘70) e imbattuto nel proprio stadio per detta competizione. Aveva vinto la Coppa Intercontinentale contro il Manchester United di Sir Bobby Charlton e George Best nel 1969. Allo stesso modo, nello stesso anno aveva vinto anche la prima Coppa Interamericana contro i messicani del Toluca. Era la squadra che più di ogni altra primeggiava in qell’epoca grazie, tra l’altro, alla rivoluzione calcistica portata avanti da Osvaldo Juan Zubeldía. El Zorro mise fine all’egemonia dei grandi in Argentina, introdusse il doppio turno di allenamento, lo studio approfondito dei rivali, le lunghe concentrazioni. Quell’Estudiantes era una squadra di lavoratori che ha schiacciato magnificamente chi si è trovata davanti. Verón senior, Pachamé, Bilardo e la “pietra focaia” Aguirre Suárez, erano nomi che da soli facevano paura. Entrando in campo hanno prodotto il terrore nei rivali..
Un “piccolo padre” in tonaca e camandula ha riscritto la storia allo stadio Jorge Luis Hirschi di La Plata. Originario dei Paesi Baschi, Juan Manuel Bazurco arrivò in Ecuador come missionario dopo aver preso, in un primo momento, la tonaca al posto delle scarpette. A Motrico, sua città natale, eccelleva in una squadra di terz’ordine, e quando fu chiamato dalla Real Sociedad, lui disse di no perchè aveva già scelto la vita clericale.
Il prete calciatore
Andò a officiare come parroco a San Camilo, un piccolo paese rurale nel cantone di Quevedo, a ovest della Repubblica dell’Ecuador. Lì i parrocchiani cominciarono a riempire da un momento all’altro la chiesa per la messa domenicale, non si aspettavano di trovare un prete giovane, alto e biondo; ancor meno, che di tanto in tanto alzava la tonaca per giocare a calcio e segnare dei gol.
Indossò così la divisa della squadra cittadina, e venne nuovamente sedotto dall’infinita magia del fútbol: la sua bravura giunse alle orecchie del Portoviejo che gli fece una proposta difficile da rifiutare. Lui mise solo una condizione, non avrebbe giocato con le partite concomitanti con la messa o con il catechismo. La U verde, da poco promossa in prima divisione, accettò la clausola del prete.
Bazurco divideva il suo tempo tra la ricerca di pecore smarrite e il gonfiare reti avversarie. Intanto, in quei giorni, Otto Vieira, allenatore brasiliano del Barcelona di Guayaquil, cercava un compagno d’attacco per il nuovissimo capocannoniere assoluto del Peñarol e della Libertadores Alberto Spencer, che tornava a giocare in una squadra del suo paese. L’Equipo Canario doveva disputare la Libertadores. Come disegno divino, i dirigenti del Barcelona ricevettero il nome del prete cannoniere. Quando andò a firmare il contratto in tonaca e Bibbia in mano, il tecnico brasiliano esclamò: “Ho chiesto un centravanti, non un prete!”.
Nella prima fase di Coppa e dopo essersi lasciati alle spalle i colombiani dell’Atlético Junior Barranquilla e del Deportivo Cali, gli ecuadoriani del Barcelona e dell’ Emelec furono costretti a rompere l’equilibrio della classifica con uno spareggio per passare al turno successivo. Nella ripresa entrò in campo padre Bazurco, che collaborò con un gol nella vittoria finale per 3-0 sui Los Eléctricos. In questo modo il Barcelona approdò al triangolare delle semifinali: Unión Española de Chile ed Estudiantes de la Plata sarebbero state le loro rivali.
Dopo aver iniziato in casa perdendo contro l’Estudiantes e vinto contro l’Unión Española, i colombiani dovettero rischiare la vita nella terza partita delle semifinali in Argentina.
Il 29 aprile, la fitta nebbia, così comune nelle notti autunnali del Río de La Plata, fece la sua presenza insieme a trentamila tifosi di Pincha; la vittoria in trasferta degli argentini a Guayaquil faceva presagire una partita facile. Tuttavia, dopo i primi minuti della minuti nella ripresa, un contropiede avrebbe fattofesteggiare tutto l’Ecuador. Arístides Castro, commentatore di Radio Atalaya, lasciò nella sua narrazione una frase per i posteri: “beato il bottino di padre Bazurco”.
Sfortunatamente per il prete e i suoi compagni di squadra, poi vennero sconfitti giocando molto male in Cile contro l’Unión Española, un risultato amaro che li lasciò senza alcuna possibilità di raggiungere la finale della Libertadores. Bazurco metabolizzò la grande notorietà del 1971, al termine della stagione lasciò Guayaquil per ritornare al Portoviejo. Poco dopo smise di giocare e fece ritorno nei Paesi Baschi anni dopo. Lasciò il sacerdozio e ebbe due figli; trascorse i suoi ultimi anni come professore di filosofia.
L’ex sacerdote Bazurco nel marzo del 2014, pochi giorni prima della sua morte, rilasciò un’intervista: “A 18 anni ero letale e molto agile, colpivo bene la palla con entrambi i piedi, e me la cavavo anche di testa”.
Mario Bocchio