Sulle rovine romane nel centro di Chester, in Inghilterra, il Dublin Packet era in fermento. I toffees venivano da tutta l’Inghilterra nel pub solo per vedere The Legend da vicino.
Jim McCartney faceva parte dei visitatori; il padre di una delle icone del quartetto di Liverpool era azzurro fino al midollo, nato nel cuore del quartiere dell’Everton, il suo gusto non poteva essere diverso. Forse, se la musica non fosse stata presente in famiglia, Paul sarebbe stato un marcatore proprio come l’idolo di suo padre, e i Beatles non sarebbero mai stati i Beatles.
Cosa c’è di meglio che bere una pinta e ascoltare Dixie che parla delle sue imprese; la sua enormità di gol ha fatto scorrere tanta birra quanto l’acqua trasporta il Mercey nel Mare d’Irlanda. Così trascorsero i primi anni di pensionamento di William Ralph Dean, proprietario del Dublin Packett.
Mano nella mano con il padre, all’età di otto anni entra per la prima volta a Goodison Park. Non appena gli azzurri lanciavano il loro primo attacco, il ragazzo imprecava tirando per un braccio l’orgoglioso padre: “Un giorno giocherò per l’Everton”. Quindi era toffee, Mr. Dean aveva già portato a termine la sua missione.
Padre di quattro ragazze prima di William Ralph (1907), Mr. Dean che lavorava nelle ferrovie, incoraggiò il ragazzo a giocare a calcio iscrivendolo a una scuola dove potesse giocarci. A undici anni già lavorava per aiutare l’economia di famiglia in un caseificio, iniziava la sua giornata alle 4 del mattino sollevando pesanti fusti. Disciplina e un corpo di pura fibra erano di forte aiuto in uno sport duro in quegli anni.
A causa della sua carnagione scura e dei capelli ricci, nasce il soprannome di Dixie con cui non si è mai trovato a suo agio; si riferiva agli schiavi raccoglitori di cotone degli Stati Uniti meridionali.
A sedici anni, i suoi 27 gol in trenta partite con i Tranmere Rovers di terza divisione annunciavano già numeri enormi. Il colpo di testa è stato il suo gol simbolo, che ha esaltato grazie ai suoi quasi sei piedi e all’allenamento con le palle mediche.
Arsenal e Newcastle mostrarono interesse; ma fu l’Everton a pagare tremila sterline, una fortuna per l’epoca, per ottenere l’ attaccante. Le parole del ragazzo si sono avverate.
La robustezza fisica è inutile senza la forza mentale che porta al raggiungimento degli obiettivi. Più di quindici interventi chirurgici nei suoi primi anni da giocatore, tra cui la perdita di un testicolo e il terribile incidente in moto con la fidanzata dove ha subito fratture alla mascella e al cranio che lo hanno lasciato privo di sensi per 36 ore, preannunciano una carriera breve. Aveva già segnato 33 reti nella sua prima stagione 1925-‘26 a soli diciotto anni. I medici temono per la sua vita ed escludono il calcio per l’attaccante ancora in via di sviluppo; tutti tranne lui, un disco di platino in testa, quindici settimane di recupero e ritorno sul prato verde. È così che è cresciuto il mito dell’Everton.
24 gol dopo l’operazione, polvere da sparo ancora intatta. Poi arriva la stagione 1927-’28, dove sale al culmine e le gesta sembrano tipiche di divinità mitologiche e non di esseri in carne ed ossa. Sessanta gol in 39 partite, numeri che a distanza di un secolo sembrano irraggiungibili.
Per siglare il record assoluto nei campionati inglesi, l’Everton, già campione, affronta nell’ultimo appuntamento il celebre Arsenal di Chapman. Dixie sinora ha segnato 57 reti. Al minuto 15 la specialità della casa, di testa, il primo gol. Un rigore procurato da lui stesso è il secondo. Ha già completato 59 eguagliando i numeri di George Camsell del Middlesbrough della stagione immediatamente precedente. Al minuto 75, tira con il piede sinistro da calcio d’angolo, una perfetta tripletta e Goodison Park si trasforma in Olimpo per elevare il più grande dei loro dei verso l’alto.
Con rendimenti irregolari nelle stagioni successive, l’Everton ritorna campione al termine del campionato 1931-’32. 383 gol in 433 partite fanno di Dixie il secondo marcatore di tutti i tempi dietro Arthur Rowley (434 gol in 619). Ma ha la miglior media-gol di tutti i tempi.
Con la nazionale inglese ha segnato 18 gol in 16 partite, quando visitò la Germania nazista in una tournée amichevole, Dixie si rifiutò di salutare il Führer. Dopo aver compiuto 22 anni, non è mai stato più convocato con i Tre Leoni, perchè politicamente non si adattava all’establishment.
Il 1 marzo 1980, con la gamba destra amputata, vittima di una trombosi, Dixie entrò puntualissimo come sempre a Goodison Park per il derby del Merseyside.
Liverpool due Everton uno. Con la fine della partita, il fischio finale è stato anche per il suo cuore. Cadde in ginocchio nel tempio che era la sua casa; nel luogo dove fece la promessa dell’amore eterno, proprio lì dove ora in bronzo possiamo vedere quello che Bill Shankly, mitico allenatore del Liverpool, paragonò ai grandi artisti della storia: “Dixie Dean è stato il miglior centravanti che sia mai vissuto e appartiene alla stirpe di geni come Beethoven, Shakespeare e Rembrandt”.
Bocchio Mario