Pulici, Wilson, Petrelli, Oddi, Martini, Nanni, Frustalupi, Re Cecconi, Garlaschelli, D’Amico, Chinaglia. Per i tifosi della Lazio la formazione della squadra-scudetto del 1974 era una filastrocca simile a quella della Grande Inter: Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Milani, Suarez, Corso. Una squadra, quella biancoceleste, fatta di tutte personalità forti e anche un po’ border line che da ieri ha perso un altro colonnello, Vincenzino D’Amico, stroncato da un cancro.
Si sa tutto delle bizzarrie di quei giocatori: dalle pistole portate in ritiro ai cazzotti in allenamento, di fascisti e di compagni sul campo divisi in clan. Da una parte quello di Chinaglia, bomber e uomo di personalità dello spogliatoio, e Wilson, dall’altra quello di Martini e Re Cecconi (con D’Amico che ebbe sempre una posizione neutrale) che tra di loro se le davano di santa ragione ma quando si trattava di partite vere erano uno per tutti e tutti per uno.
C’è però una maledizione su quella Lazio che vinse il campionato: tante le morti precoci, ultima proprio quella di D’Amico. Il primo fu Tommaso Maestrelli, vero artefice di quel miracolo, morto a causa di un tumore al fegato nel 1976, solo due anni dopo il tricolore.
Nel marzo del 1975, negli spogliatoi di Bologna, sì sentì male: “Sento freddo alla pancia e mi fa male”. Il medico sociale, Renato Ziaco (che sarebbe scomparso nel 1985, tre mesi dopo Antonio Lisandrini, il padre spirituale del club, e un anno dopo l’addio di Gigi Bezzi, indimenticato dirigente accompagnatore), gli chiese se avesse gli stessi sintomi altrove, ma non era così. Diagnosi: tumore al fegato. Il tecnico lasciò la Lazio per curarsi, riuscì anche a tornare in panchina nella stagione successiva salvando la squadra dalla retrocessione in serie B. Ma alla fine dovette arrendersi il 2 dicembre del 1976.
Poi fu la volta di Re Cecconi, morto nella maniera più assurda che si potesse immaginare. Il 18 gennaio 1977 finse una rapina con una pistola giocattolo a un gioielliere di via Nitti, alla collina Fleming, l’uomo reagì con una pistola vera e sparò un colpo che prese il biondo laziale in pieno petto. Prima di morire Luciano, che aveva soltanto 28 anni, fece in tempo a sussurrare: “Ma era uno scherzo”.
Nel febbraio del 1987 un infarto fu invece fatale a Umberto Lenzini, il presidente di quella Lazio. Improvvisa anche la morte di Mario Frustalupi, il 14 aprile del 1990: aveva 48 anni e stava raggiungendo la famiglia per le vacanze di Pasqua a bordo della sua Lancia Thema. In provincia di Alessandria, venne travolto da una Golf che ne invase la carreggiata.
Nel 2011, giorno del compleanno di Roma (21 aprile), si spegneva a 66 anni Luigi Polentes, una delle riserve più importanti, nella sua Vittorio Veneto, a causa di un male incurabile. Solamente un anno più tardi, il 1 aprile 2012, morì nella sua camera della casa a Naples, negli Stati Uniti, dopo avere autografato alcune fotografie, il bomber amatissimo Giorgio Chinaglia, che fu anche presidente per due anni nella Lazio.
Da sinistra: Luigi Polentes, Ferruccio Mazzola (insieme ad Angelo Domenghini) e Mario Facco
Oggi riposa nella tomba della famiglia Maestrelli al cimitero Flaminio, a Prima Porta. L’anno dopo toccò a un’altra riserva, Ferruccio Mazzola, fratello di Sandro e figlio di Valentino.
La storia luttuosa non finisce qua. Nel 2018, nel breve volgere di quattro mesi, una malattia terribile si porta via anche il difensore 72enne Mario Facco (ad agosto), quindi il portiere Felice Pulici che è stato a lungo anche dirigente sportivo nella Lazio. A marzo del 2022 muore improvvisamente il capitano della Lazio dello scudetto, Pino Wilson, 76 anni, che fino a pochi giorni prima interveniva nelle radio private e organizzava cene con gli ex compagni di squadra. Anche Wilson riposa nella tomba della famiglia Maestrelli. Ora la scomparsa di D’Amico, il più giovane di quella banda per sempre nel cuore di tutto il popolo laziale.