La storia di Silvio Berlusconi si lega a doppio filo non solo a quella dell’imprenditoria e della politica italiana, ma anche a quella del calcio. In 31 anni di presidenza del Milan ha vinto tutto quello che c’era da vincere.
Era il 20 febbraio 1986 quando la società rossonera passò a lui. Partito con una storica bandiera rossonera come Nils Liedholm, l’anno successivo tentò la sua prima scommessa, Arrigo Sacchi. E fu vincente. L’allenatore di Fusignano veniva da una promozione in B con il Parma e un settimo posto nella serie cadetta. Un azzardo, dicevano in molti. E invece con lui in panchina arrivarono uno scudetto (nel 1988), due Coppe dei Campioni (1989 e 1990), due Intercontinentali e altrettante Supercoppe europee. Un Milan stellare, passato alla storia come la squadra del Secolo, dove le punte di diamante erano gli olandesi Marco Van Basten, Frank Rijkaard e Ruud Gullit. E insieme a Berlusconi, a costruire quel Milan dei sogni, c’è sempre stato Adriano Galliani, amministratore delegato dal primo all’ultimo giorno della sua presidenza.
Altra scommessa vinta fu Fabio Capello, che seppe fare ancora meglio del suo predecessore portando a casa 4 scudetti, una Champions (dove i rossoneri umiliarono in finale il Barcellona per 4-0) e una Supercoppa europea. Così come Alberto Zaccheroni, che pur non avendo mai scaldato fino in fondo il cuore di Berlusconi, è stato l’artefice dello scudetto numero 16 della storia del Milan, nella stagione 1998-‘99.
Con Carlo Ancelotti, dal 2001, un altro ciclo vincente. Con l’ex bandiera rossonera in panchina, il Milan vince altre due Coppe Campioni, di cui una in finale contro la Juventus di Marcello Lippi, e un Mondiale per Club. Le ultime gioie con Massimiliano Allegri (un campionato e una Supercoppa italiana) e Vincenzo Montella, che nel 2016 ha conquistato l’ultimo trofeo (una Supercoppa italiana) della sua presidenza (conclusasi nel 2017 con la vendita al gruppo cinese Sino Europe Sports).
Le delusioni? Poche in corsa. A partire dalle sconfitte in finale di Champions nel ’93 contro l’Olympique Marsiglia, quella con l’Ajax nel ’95 e con il Liverpool nel 2005. Oppure la scelta di affidarsi a Oscar W. Tabarez nel 1996 o Fatih Terim nel 2001. Tutte, quelle vere, concentrate nel finale, quando ormai non era più il grande Milan. Ma la presidenza Berlusconi sarà ricordata tra le più vincenti della storia non solo del club ma anche del calcio italiano e mondiale. Il bilancio complessivo parla di 8 scudetti, una Coppa Italia, 5 Champions League/Coppa dei Campioni, 3 Mondiali per club/Intercontinentale, 5 Supercoppe europee e 7 Supercoppe italiane.
Un’era lunga 31 anni, fatti di trionfi e giocatori stellari, come Shevchenko, Inzaghi, Ibrahimovic, Savicevic, Boban, Desailly, Maldini, Kakà, Leonardo, Nesta, Pirlo, Rivaldo, Ronaldinho, Rui Costa, Seedorf, Weah, solo per citarne alcuni. Come lui, nessuno mai.
E insieme a Berlusconi, a costruire quel Milan dei sogni, c’è sempre stato Adriano Galliani, amministratore delegato dal primo all’ultimo giorno della sua presidenza. E che lo ha accompagnato nel 2018 anche nell’avventura al Monza, dove ha ripetuto nel giro di pochi anni una scalata incredibile. Dalla Serie C il club è passato nel 20202 alla Serie B e quest’anno ha vissuto la prima storia stagione in Serie A, conclusa all’undicesimo posto con 52 punti, il secondo migliore punteggio per un’esordiente in Serie A (dietro il Chievo nell’annata 2001-‘02 con 54 punti).