Una volta in Serie A di inglesi ne arrivavano meno che adesso. Pochi, ma buonissimi. Come Gerry Hitchens, che in Italia trovò la sua America calcistica con l’Inter e lasciando eccellenti ricordi anche al Torino, all’Atalanta e al Cagliari. Quarant’anni fa, il 13 aprile 1983, l’attaccante inglese moriva forse come aveva sempre sognato: su un campo da calcio.
Hitchens nasce a Rawnsley, nel 1934, e il suo futuro sembra già segnato: in quella zona, lo Staffordshire, si nasce e si muore in miniera, praticamente. Siamo nel centro dell’Inghilterra e Gerald (vero nome di Gerry) fino quasi a vent’anni non può fare altro che adeguarsi: la mattina lì, al chiuso, nel pomeriggio in una macelleria come garzone. Gli piace anche giocare a calcio, ci mancherebbe, quella è la patria del football, ma solo a livelli semi-amatoriali con gli Highley Miners Welfare. “Miners”, cioè “minatori”, da lì non si scappa. Fino a quando durante una partita di un torneo regionale non viene notato dal segretario dei Kidderminster Harriers, che di fatto lo mette sotto contratto negli spogliatoi. Mica male quel ragazzo che segna un mucchio di gol, da qui il salto di categoria, nella Southern Football League: sempre semi-dilettanti, ma un filino meglio come livello.
Con l’Aston Villa (a sinistra) e nell’Inter
Non ha nulla del predestinato, Hitchens, coi suoi capelli rosso da “pel di carota”, ma continua a segnare valanghe di gol in questa scalata continua che lo porterà all’Aston Villa passando per il Cardiff City. A questo punto dovrebbe, come quasi tutti i grandi giocatori inglesi dell’epoca, salire ulteriormente di livello, ma in patria. E invece no, Gerry nel 1961 prende un aereo e si imbarca per l’Italia: direzione, Milano sponda Inter. Come spiegherà tempo dopo: “Sapevo che un calciatore aveva una carriera breve e mi interessava vedere posti diversi dal solito, così scelsi di andarmene dall’Inghilterra. Anche per questione di soldi”.
Gerry Hitchens sulle figurine “Panini”
Costo dell’operazione: 85mila sterline, una cifra enorme (oltre un milione di lire dell’epoca, quando un caffé costava 50 lire) che in pochissimi sono disposti a sborsare. Tra questi, il patron dell’Inter, Angelo Moratti, impressionato dai numeri di Hitchens e folgorato dalla sua prestazione in amichevole a Roma contro l’Italia, dove aveva segnato una doppietta nel 3-2 finale a favore dei Tre Leoni.
Non essendoci ancora osservatori sparsi in tutto il mondo, naturalmente bisognava arrangiarsi con ciò che succedeva nelle vicinanze. C’è da sostituire Angelillo, passato alla Roma, e si opta per questo inglese frizzantino nello stesso periodo in cui curiosamente anche il Milan pesca oltremanica con Jimmy Greaves, che però durerà poco. I due ogni tanto si troveranno assieme per qualche drink, senza essere mai beccati. Gerry con la moglie Meriel sono anche “vittime” dei paparazzi, che con questa coppia così esotica si scatenano, in un’era di Dolce Vita.
Hitchens nel 1961 a Milano, fra Law e Charles, nella nazionale di Lega (a sinistra). L’inglese in azione
Se il Milan sul campo toppa con Greaves, l’affare per i nerazzurri è invece evidente, perché Hitchens alla prima stagione in nerazzurro segna 16 gol anche se la squadra sotto la guida di Helenio Herrera si squaglia, dopo un girone d’andata sontuoso. Nell’annata successiva, invece, Hitchens viene ceduto al Torino nel mercato autunnale dopo un gol in 5 partite: l’Inter vincerà lo scudetto, ma l’inglese osserverà i festeggiamenti da lontano, anche se pro forma gli viene attribuito quel tricolore. Del resto Gerry da quando in nerazzurro aveva cominciato a trovare spazio un certo Sandro Mazzola si era reso conto che quello riservato a lui stava finendo. Intanto in granata la macchina da gol non si è fermata. Anzi, in tre anni sono 28 le reti realizzate da Gerry in una squadra ormai abituata a sentir parlare la lingua di Shakespeare grazie a Law e a Baker.
Da lì le ultime esperienze all’Atalanta e al Cagliari. Meglio a Bergamo che in Sardegna (anche se segna il gol che il 3 marzo 1968 dà al Cagliari la prima storica vittoria a San Siro contro il Milan), fino al 1969, quando abbandona l’isola per tornare in patria al Worcester City e poi in Galles, al Merthyr Tydfil.
Totale in Serie A, 59 gol in 205 presenze. Al momento nessun inglese ha fatto meglio di lui. Una decisione, quella di stabilirsi per quasi un decennio in Italia, che gli era costata la maglia della nazionale, mai più indossata dopo il Mondiale del 1962, chiuso ai quarti di finale contro il Brasile.
Alf Ramsay, il commissario tecnico, era stato categorico in tal senso: l’Inghilterra solo a chi giocava in Inghilterra. In Galles Hitchens ci rimarrà fino alla morte, avvenuta il 13 aprile del 1983. Infarto, durante una partita di beneficienza. L’ultima sua azione, un colpo di testa sopra la traversa. Due passi, il malore improvviso: quando lo portano all’ospedale di Wrexham il cuore ha già smesso di battere. Lascia cinque figli, di cui due nati in Italia. Non aveva ancora compiuto 49 anni. Morto su un campo da calcio, forse molto meglio che in miniera.