Igor Zaniolo è stato il classico bomber di provincia. Non è mai arrivato in Serie A, ma nel corso della carriera l’ha sfiorata più volte. Quando si parla di Zaniolo la mente corre veloce, e non potrebbe essere altrimenti, a Nicolò, ritenuto da molti uno dei più grandi talenti espressi dal calcio italiano negli ultimi anni. Eppure c’è stato un periodo, tutt’altro che breve, nel quale quello famoso in casa Zaniolo non era il giocatore che dalla Roma si è appena trasferito al Galatasaray, bensì suo padre Igor.
A differenza del figlio non è arrivato a calcare i campi più importanti d’Europa, tuttavia il Nicolò di oggi non sarebbe una delle stelle della Serie A se alle spalle non avesse avuto un papà che l’ha cresciuto facendogli amare il calcio e che gli è stato vicino indirizzandolo in un momento nel quale la sua giovane carriera sembrava essere arrivata ad uno di quei bivi che in realtà non portano a nessuna parte.
È stato Igor Zaniolo a pretendere che Nicolò nel 2016 venisse liberato dalla Fiorentina, il club che l’aveva cresciuto ma che evidentemente non aveva capito come far proseguire il suo percorso di crescita, ed è stato sempre Igor che, nonostante le tante offerte, ha consigliato al figlio di ripartire dall’Entella, società che gli avrebbe consentito di mettersi in mostra in Serie B e di guadagnarsi poi le attenzioni dell’Inter. Il resto è storia.
“Dopo tre anni la Fiorentina ci disse che Nicolò non era all’altezza della Primavera. Per lui fu un momento di grande stress, non si aspettava una cosa del genere, ma fu bravo l’Entella a fiutare l’affare e a farlo debuttare in Serie B, prima che poi andasse all’Inter e alla Roma”.
Igor Zaniolo ha sempre saputo cosa fosse meglio per il figlio e questo per un semplice motivo: perché conosce il mondo del pallone da vicino. La sua avventura nel mondo del calcio è durata oltre vent’anni, un lungo periodo nel quale si è costruito una solida fama di bomber di provincia.
Gioca nell’Aosta e il suo allenatore è Ferruccio Mazzola, il fratello della leggenda dell’Inter, Sandro. Con le sue prestazioni ha attirato le attenzioni del club meneghino che è pronto a fargli firmare un precontratto e a dargli la possibilità di giocarsi le sue chance nel corso del ritiro. Ormai è tutto fatto, dopo tante curve finalmente arriva il rettilineo finale che conduce al calcio che conta, ma proprio quando ormai il traguardo è ad un passo, succede l’imponderabile.
È il 24 marzo 1996 quando all’Arena Garibaldi di Pisa l’Aosta sfida i padroni di casa in un match di altissima classifica del Girone A di Serie D. La tensione è enorme, sugli spalti ci sono oltre novemila tifosi e il clima in campo è incandescente. Zaniolo avverte la pressione e commette una serie di falli che inducono l’arbitro ad estrarre il cartellino rosso. La sua gara è finita. L’attaccante nell’abbandonare il campo punta il difensore avversario Davide Lucarelli e lo colpisce con una testata. È la scintilla che fa esplodere una rissa incredibile. I giocatori nerazzurri lo rincorrono per vendicare il compagno, entrano in campo anche i dirigenti e dalle tribune inizia a partire di tutto. Volano pugni e diventa difficile anche solo tornare negli spogliatoi, ma il peggio deve ancora venire.
I tifosi del Pisa si spostano fuori dallo stadio, hanno deciso che Zaniolo non può andarsene senza aver pagato. Le ore passano e lui potrà lasciare l’impianto solo quando ormai è sera e verrà travestito da carabiniere e caricato su una macchina delle forze dell’ordine. Il peggio è passato, ma ad attenderlo ci sarà una squalifica di sei mesi oltre che un epilogo inevitabile: l’accordo con l’Inter salta.
Zaniolo, a 22 anni, è ancora bloccato in Serie D. Riparte dalla Sanremese e dalla sua Liguria, prima di approdare allo Spezia dove, in quattro stagioni tra Serie C2 e Serie C1 diventerà un idolo della tifoseria. Insieme alle buone prestazioni arrivano anche i goal, 35 in 104 presenze, e sono quelli che valgono l’interesse del Perugia ma, proprio quando la Serie A sembra di nuovo vicina, si inserisce il Cosenza che mette sul tavolo 2,5 milioni di euro e si assicura il suo cartellino.
Alla sua prima stagione in Serie B segna 13 reti in 27 partite, abbastanza per svoltare. A volerlo con forza è questa volta la Reggina che è pronta ad investire cinque milioni di euro pur di strapparlo alla concorrenza ma, ancora una volta, il salto in Serie A sfuma. Il presidente del club calabrese, Lillo Foti, è realmente disposto ad un sacrificio importante e vuole presentarlo insieme a Shunsuke Nakamura, l’altro grande colpo che ha pensato, ma questa volta è lo stesso Zaniolo a non sentirsela. È da poco diventato papà di Nicolò e vuole riavvicinarsi alla Liguria.
“Foti mi chiamava anche di notte. Mi disse che solo Roberto Baggio gli aveva detto di no, ma io gli risposi che al nome di Baggio doveva aggiungere anche il mio. Sono di Genova e volevo avvicinarmi a casa e così preferii andare alla Ternana. Alla fine fu un errore, perché non mi trovai bene”. L’anno di Terni è negativo, ma quello successivo al Messina è di quelli importanti. Con i suoi sei goal contribuisce alla promozione della squadra di Bortolo Mutti in Serie A: questa volta l’approdo in massima serie se l’è guadagnato festeggiando sul campo. Il Messina è pronto a puntare ancora su di lui, ma Zaniolo sente che a precederlo nelle gerarchie ci sono i nuovi arrivati Zampagna e Nicola Amoruso, oltre ad Arturo Di Napoli e al Pampa Sosa. Crede di essere la quinta scelta e preferisce quindi restare in Serie B alla Salernitana. Non avrà più altre occasioni di confrontarsi con la massima Serie.
Un anno dopo è lo Spezia a bussare di nuovo alla sua porta. Il sogno è quello di riportare la bandiera a casa, ma il Genoa offre il doppio di stipendio e non si può rinunciare. I tifosi degli Aquilotti non la prendono bene, ma la firma sul contratto arriva lo stesso. L’annata in rossoblù sarà contraddistinta da due cose: l’infortunio al tendine d’Achille ed un unico goal, quello segnato contro il Monza, che varrà la promozione in Serie B.
La carriera di Zaniolo poi proseguirà in C2 con Cisco e Carrarese, prima degli ultimi goal segnati in D con Novese e Lavagnese e in Eccellenza con Massese e Real Valdivara. Appenderà gli scarpini al chiodo nel 2013 ormai quarantenne, quattro anni prima dell’esordio di Nicolò in Serie B. Quando nel 2018 suo figlio farà il suo debutto con la maglia della Roma, lo farà direttamente in Champions League, contro il Real Madrid e nella mitica cornice del Santiago Bernabeu. Roba da predestinati.
Igor intanto è tornato a La Spezia, la città che da calciatore di più ha amato, dove ha un bar-tabaccheria. Gli sarebbe piaciuto seguire Nicolò da vicino a Madrid, ma il lavoro gli concede poco tempo libero e la notizia che il figlio avrebbe sfidato i campioni d’Europa da titolare gli è arrivata troppo tardi per potersi organizzare. È partito dalle giovanili della Sampdoria, osservando da vicino due fuoriclasse come Vialli e Mancini, ma emergere quando hai davanti compagni di reparto forti e talentuosi come Claudio Bellucci e Nicola Amoruso non è facile. Il percorso che lo porta al calcio di un certo livello diventa quindi un po’ più lungo e tortuoso, inizia ad Alessandria e Crevalcore, ma nel 1996 gli si presenta realmente l’occasione non solo di fare il grande salto, che lo porterebbe dalla D alla Serie A, ma addirittura di approdare in una big del calcio italiano.
Oggi si divide tra il suo nuovo mondo lontano dal calcio e Nicolò, che intanto si è lasciato alle spalle il secondo grave infortunio della sua carriera ma che non ha ritrovato piena centralità all’interno dello scacchiere di José Mourinho. A 23 anni, ha tutto il tempo, la forza e le qualità per ritornare in Italia e diventare un pilastro di quella Serie A che Igor ha solo sfiorato, ma che ha potuto vivere attraverso gli occhi di suo figlio.