Incroci prestigiosi nel cammino della squadra biancorossa degli anni Ottanta, con due tecnici che hanno fatto la storia e un calciatore da “pallone d’oro”
La Macobi degli anni Sessanta viene imitata dalla Torretta S.C., nata nel ’69 e promossa in C2 nell’80 sotto la presidenza del commendator Giuseppe Nosenzo. Allenato da Giovanni Sacco, diventato tecnico dopo aver indossato la maglia biancorossa per due stagioni ed essere stato sulla panchina della Berretti durante l’annata ’78-79, l’Asti arriva quarto a pari punti col Pontedecimo, e una ventina di giorni dopo, esattamente il 15 giugno 1980, diventa Asti T.S.C. in seguito alla fusione con la Torretta.
La nuova squadra affronta la C2, ma arriva ultima e retrocede così nel neonato campionato Interregionale dopo un’annata vissuta in mezzo a un’acerrima quanto assurda rivalità, a livello dirigenziale ma anche sugli spalti, tra ex biancorossi ed ex rossoblù. Presieduto dal commendator Nosenzo, l’Asti T.S.C. era stato guidato in panchina prima da Bruno Nattino, poi dall’ex calciatore della nazionale azzurra Angelo Domenghini e infine dal pugliese, ma astigiano di adozione, Raffaele Cuscela (classe 1925), ex terzino del Torino e artefice della salvezza in Serie D ottenuta nel ’79 dall’Asti del presidente Gastino.
L’Asti T.S.C. torna comunque in C2 nel maggio dell’82. Tra i professionisti resterà fino all’87, con il fiore all’occhiello della promozione in C1 ottenuta nell’84. Arriva infatti secondo alle spalle del Livorno, e il 4 dicembre dell’83, nel match esterno con l’undici amaranto, pareggia 0-0 davanti a circa 15.000 spettatori. Prima del calcio d’inizio, i sostenitori astigiani avevano salutato calorosamente lo sportivissimo pubblico dello stadio Armando Picchi. Stesso comportamento due settimane dopo a Lucca, dove i locali tifosi rossoneri avevano salutato le due squadre con i fuochi d’artificio. Il 29 gennaio 1984, il sodalizio sardo del Sant’Elena Quartu, che sta attraversando una grave crisi economica, non si presenta ad Asti in occasione della prima giornata di ritorno (si ritirerà poi dal campionato). A scopo cautelativo nonostante l’assenza dell’arbitro designato, il signor Bonazza di Monfalcone (Gorizia), l’Asti T.S.C. scende regolarmente in campo alle 14,30 e fa documentare dai fotografi non solo l’ingresso dei giocatori sul rettangolo di gioco dello stadio comunale (ora intitolato alla memoria dell’astigiano Vincenzo Censin Bosia, portiere del Torino campione d’Italia nel 1928), ma anche la presenza dei fedelissimi sugli spalti. Pochi giorni prima, la Commissione Disciplinare della Lega di Serie C aveva restituito all’Asti, grazie soprattutto all’interessamento del direttore sportivo biancorossoblù (l’avvocato Pietro Patrisso), gli allora due punti per vittoria ottenuti il 18 dicembre 1983 nella sfida esterna con la Lucchese. Inserita nella schedina del Totocalcio, quella gara era terminata con il successo dell’Asti per 1-0 (rete di Marchese), ma il risultato non venne omologato pochi giorni dopo per l’entrata in campo di Frara al posto del presunto espulso Venturini a 15 secondi dal triplice fischio di chiusura. A fine stagione l’Asti T.S.C. sale in C1 con in porta Iliano Riccarand e il giovane canellese Roberto Bocchino. Quest’ultimo militerà successivamente in Serie A prima nella Sampdoria, poi nell’Ascoli.
Tra l’82 e l’87 l’Asti T.S.C. affronta ben 14 trasferte in Sardegna. A Quartu Sant’Elena, che è un sobborgo di Cagliari, per la prima gara del campionato di C2 ’83-84 l’undici sardo vince di misura (2-1), ma questa partita verrà annullata in seguito al già citato ritiro del Sant’Elena dal torneo di competenza.
Come già sedici anni prima, così anche nell’85 i galletti restano nella terza divisione nazionale soltanto per una stagione. Dopo aver portato l’Asti in Serie C1, l’allenatore Ezio Volpi non riesce infatti a conquistare la salvezza, un traguardo che sembrava ormai a portata di mano a poche giornate dalla conclusione. Nel maggio dell’85, le sconfitte patite a Legnano, a Vicenza e a Piacenza risultano però fatali alla squadra del presidente Nosenzo, che retrocede così in C2 dopo una stagione non certo da sottovalutare considerate anche le vittorie di prestigio ottenute a Modena (2-1 il 28 ottobre ‘84) e in casa contro Spal (2-0 il 21 ottobre ‘84), Treviso (1-0 il 10 febbraio ‘85) e Reggiana (1-0 il 6 aprile ‘85). Sempre in casa, l’Asti pareggia 0-0 col Vicenza il 16 dicembre dell’84. Nell’occasione i biancorossi veneti schierano come titolare il non ancora diciottenne fantasista Roberto Baggio, che dieci anni dopo, negli Stati Uniti, diventerà vicecampione del mondo con la nazionale del commissario tecnico Arrigo Sacchi. Lo stesso Sacchi allenava il Rimini in quel campionato di C1, e sempre negli anni ’80 un’altra avversaria dell’Asti, il Pontedera, era guidata da un futuro c.t.: stiamo parlando di Marcello Lippi, sulla panchina degli azzurri campioni del mondo in Germania nel 2006.
Ancora in riferimento al periodo che va dall’83 all’85, con alcune valide iniziative la tifoseria astigiana è molto vicina alla squadra, e la segue in tutte le trasferte del continente. Prima della gara interna col Vicenza, il cavalier Giovanni Zambotto, vale a dire uno dei fondatori della Federazione Italiana Sostenitori Squadre di Calcio (nata nel 1970), consegna al presidente del club “Amici dell’Asti” Enzo Ceppani (titolare del Ristorante Hotel Genova scomparso il 1° marzo 2020) la Coppa Disciplina vinta dal pubblico astigiano per il comportamento corretto e leale tenuto durante l’intero campionato di C2 ’83-‘84.
Nell’estate dell’85 la squadra viene affidata al tecnico Lucio Muiesan, ex giocatore di Serie A con le maglie di Bologna, Verona e Roma. L’Asti si salva bene nell’86 lanciando anche un attaccante talentuoso come Michele Padovano (diventerà infatti campione d’Europa con la Juventus dieci anni più tardi), ma non riesce a fare altrettanto durante l’annata successiva. Del resto, il commendator Nosenzo ha chiesto a Giusto Lodi di sostituirlo al vertice della società, e con in rosa tanti giovani volenterosi ma ancora inesperti per una categoria professionistica, i galletti lasciano mestamente la C2 in ultima posizione chiudendo l’avventura il 7 giugno 1987 sul campo del Montevarchi (toscani vittoriosi con il risultato di 2-0).
Vestirà poi l’azzurro anche lo stesso Padovano, classe 1966. L’unica sua presenza risale al 29 marzo 1997 a Trieste (Italia vittoriosa per 3-0 sulla Moldavia).
Nel periodo che va dall’81 all’87, oltre a Riccarand, Bocchino e Padovano, si mettono in evidenza i vari Moretti, Spollon, Franchini, Prevedini, Cappelletti, Allegrini, Pillon, Bellaccomo, Spigoni, Venturini, Marchese, D’Agostino, Castagna e Rinino. In C1 l’undici biancorossoblù schiera, fra gli altri, il ventenne centravanti Roberto Paci: tornerà poi alla Lucchese, e con i rossoneri toscani porterà a termine la carriera in Serie B.
Una menzione particolare la merita comunque il galletto del ’48 Enrico Pasquali, giocatore prima e allenatore poi. Nella veste di tecnico ha lanciato Michele Padovano ai massimi livelli, Sandro Castagna, Maurizio Rinino e Mogoș tra i cadetti e molti altri giocatori in C.
Nel campionato Interregionale 1987-‘88, i biancorossi si classificano terz’ultimi, ma l’allargamento dei gironi a 18 squadre consente all’Asti di non lasciare la categoria. Durante l’estate dell’88, il massimo club calcistico della città piemontese torna a chiamarsi A.C. Asti con l’arrivo della dirigenza composta dal presidente Gianmaria Piacenza (già vice di Giusto Lodi) e dai vicepresidenti Remo Turello e Piero Chiesa.