Considerato uno dei più grandi terzini degli anni 90, Dan Petrescu fa parte della generazione d’oro del calcio romeno che ha prodotto in quel periodo giocatori del calibro di Gheorghe Hagi, Florin Raducioiu, Ilie Dumitrescu o Gheorghe Popescu.
La fine della dittatura in Romania servì da spinta anche al calcio, con la Nazionale capace di raggiungere traguardi prestigiosi come i quarti di finale ai Mondiali di Usa 94. Di quella Nazionale, Petrescu (foto sotto) è stato un perno fondamentale. In totale saranno 95 le sue presenze con la maglia dei “tricolori”.
Quando arriva a Foggia nel 1991, Petrescu ha 24 anni ed è reduce già da una significativa esperienza in patria con la Steaua Bucarest. Ma è ovvio che la Serie A è tutta un’altra cosa. L’incontro con Zeman e la rigidità tattica del calcio italiano gli impongono una rapida maturazione. Petrescu si applica e in breve tempo diventa subito il terzino destro titolare dello scacchiere zemaniano.
Il romeno sfreccia sulla corsia, e lascia intravedere anche ottime doti tecniche a differenza del suo “alter ego” mancino Codispoti, giocatore più di corsa e sacrificio.
Il primo gol in Serie A lo realizza a Firenze, un gran destro di collo piede in una vittoria storica per i rossoneri che espugnano il Franchi dopo aver già stupito il calcio italiano pareggiando a San Siro alla prima giornata.
Ne arriveranno altri, saranno 7 in totale le sue marcature. Dopo la memorabile stagione 1991-’92, Petrescu a differenza di Signori, Baiano e Rambaudi resta in rossonero anche l’anno successivo.
Le cessioni eccellenti portano nelle casse della società la bellezza di 53 miliardi scatenando all’inizio del campionato 1992-’93 una forte e veemente protesta nei confronti di Casillo che avrebbe potuto con qualche ritocco portare il Foggia ai vertici.
Con una squadra composta in gran parte da giocatori provenienti dalle serie minori e da illustri sconosciuti i rossoneri iniziano la stagione nel modo peggiore. Alla quarta giornata il Foggia, ancora a zero punti, ospita l’Udinese allo Zaccheria. Termina 1-0 con gol proprio di Petrescu. La giostra di Zemanlandia è pronta a ripartire, i rossoneri si salvano con grande anticipo dando spettacolo su tutti i campi e il rumeno si conferma come uno dei migliori terzini del campionato, ormai maturo e disciplinato anche in fase difensiva.
Nel 1993-’94 passa al Genoa, ma la sua definitiva consacrazione si compie in Inghilterra con la maglia del Chelsea. Insieme agli italiani Vialli, Zola e Di Matteo, “Agent Mulder” (soprannome affibiatogli a Stamford Bridge per la somiglianza con l’agente Fbi di X-Files) è protagonista dei successi dei Blues dal 1995 al 2000 conquistando una Coppa di Lega, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa e disputando oltre 150 partite all’ombra del Big Ben.
Sono vittorie ancor più significative se si considera che a quell’epoca il Chelsea non era ancora un club di primo piano del calcio inglese, quello che poi diventerà dal 2004 con la presidenza del magnate russo Roman Abramovich.
Dopo due parentesi sfortunate con Bradford e Southampton, Petrescu conclude la carriera in patria nella National Bucarest, suscitando il malumore dei tifosi della Dinamo, il suo club d’origine. Casualmente, la sua ultima partita è la finale di Coppa di Romania contro la Dinamo Bucarest. Dopo il ritiro, Petrescu intraprende la carriera da allenatore, girovagando tra Romania, Russia, Polonia, Qatar e Cina.
Simone Clara