Prima l’addio dal Palermo dopo averlo riportato in Serie B, poi quello assolutamente inatteso dal Perugia dopo poche settimane. Silvio Baldini non è pazzo e spiega apertamente a La Gazzetta dello Sport le sue scelte.
Con il cellulare staccato e irreperibile per chiunque, l’uomo da giorni si è rifugiato in Toscana, sulle Alpi Apuane. È un periodo di riflessione intenso questo, che arriva dopo un anno difficile in cui l’allenatore ha deciso di dimettersi prima dal Palermo e poi, a nemmeno un mese dalla firma del contratto, dal Perugia. Scelte inaspettate e che hanno scatenato le polemiche, come al solito, ma che il toscano ha ritenuto “necessarie e inevitabili”.
“Il tempo è il bene più prezioso. Se non ce l’hai vuol dire che non esisti. E il mio tempo a disposizione, a 64 anni, è sempre meno. Non mi va di sprecarlo”.
Un tempo che, secondo Baldini, al Perugia sarebbe stato buttato: “Ho trovato bravi giocatori ma tra loro non c’era quel legame vero che porta i risultati. Non era una famiglia. E quando non c’è famiglia, non c’è amore, non c’è passione”. Amore e passione. Due sentimenti che nell’intervista torneranno più e più volte, in grado di muovere l’intera vita di un uomo che anche nella carriera non ha mai messo soldi e vittorie al primo posto. L’esempio più memorabile fu quando accettò di allenare la Carrarese in Serie C dopo sei anni di eremitaggio in montagna a una sola condizione: non essere pagato.
“Non ho il culto della vittoria. Non m’interessano le vittorie dove non c’è amore e spirito di fratellanza. Vedo le cose con il cuore, non con gli occhi e a Perugia non c’erano le condizioni”, ha concluso senza mezzi termini Baldini.
E sul presidente Santopadre: “È una persona semplice, bellissima la sua storia da imprenditore. Ha provato a chiamarmi ma avevo staccato il cellulare. Quando prendo una decisione non torno indietro”.
A questo punto verrebbe da chiedersi quanto una squadra possa risultare scarsa per essere abbandonata così in fretta dal proprio allenatore, ma il mister ha fatto chiarezza anche su questo: “Non c’era questa differenza tecnica incolmabile tra il Perugia e i primi in Serie A, ma quando ti accorgi che l’egoismo dei singoli è superiore alla capacità di sognare non puoi farci niente. Non erano i risultati a preoccuparmi, ma le prestazioni di una squadra che si rifiuta di sognare”. E sulle dimissioni dal Palermo, consegnate a luglio: “I nuovi proprietari non credevano in me. Basti pensare che mi hanno lasciato un anno di contratto mentre a Corini, il mio successore, hanno fatto un biennale. Avevo tre fisioterapisti miei e me ne hanno imposti altri due, insieme a un preparatore atletico di cui non avevo bisogno”.
Vivere il presente, stare bene, godere di ogni momento: fare ciò che si vuole. Sono questi i pilastri che da sempre muovono uno degli allenatori più anticonformisti d’Italia, ricordato con un sorriso dai più appassionati per quel calcio sul sedere dato al collega Di Carlo, in mondovisione, durante un match di Serie A. “Ognuno deve essere sè stesso, non si deve vergognare della sua storia. La vita è corta, non sono un tipo che si può adattare. Non ho mai inseguito il denaro, è la mia forza”, ha affermato Baldini. E nel caso in cui non si creassero le condizioni giuste per continuare la sua carriera? Per il tecnico, non si tratterebbe di un problema rilevante: “Non penso al futuro, ma al presente. Quando verrà la decadenza insopportabile del corpo farò come i cani e i capi indiani. Mi allontanerò, andrò a morire per i fatti miei in montagna. La Signora vestita di nero verrà a prendermi e io l’aspetterò. Cercherò di ammaliarla con le parole. Le dirò che non ho rimpianti. Che non mi è mancato niente”.
La morte: Baldini ne parla con ironia. Ma anche il più forte tra i forti è costretto ad abbracciare momenti di tristezza, ad avere cose a cui non riesce a rinunciare: “Quando sono triste penso solamente a vivere. Penso a mia figlia Valentina. Lei e mia moglie hanno segnato la mia vita. Mi va bene rimanere senza niente, ma non posso perdere le mie donne”. “Va bene rimanere senza niente”, ma c’è un oggetto a cui il mister non può davvero rinunciare: “Il mio punteruolo, è sempre con me. Ora più che mai, visto che sto andando da solo nel bosco”. Appunto, imprevedibilità mista a follia.
Messo da parte (per sempre?) il calcio, l’allenatore si dedica alle sue passioni: le passeggiate nei boschi, i suoi cani, la raccolta di funghi con gli amici. E c’è spazio anche per un ritorno nell’Isola. “Vado una settimana a disintossicarmi da Mario, il mio amico pastore che vive sulle montagne siciliane con le sue mucche, le capre e i cani randagi. Quando vado e lui mi parla, io torno bambino. Di quando domava il suo cavallo guardandolo negli occhi. Come quando ascoltavo le favole della nonna”.