Pierpaolo Manservisi, l’Uccellino, instancabile centrocampista offensivo. Una carriera prestata al sacrificio: pochi i gol, nonostante la posizione avanzata ricoperta, tanti i chilometri corsi per i compagni.
Come faceva alla Lazio, quando Maestrelli lo schierava nel tridente con Chinaglia e Garlaschelli, ma: “Nella Lazio giocavo praticamente terzino. Dietro di me c’era Martini, un terzino sinistro molto offensivo che si spingeva sempre in avanti. Mi toccava continuamente tornare indietro per coprirlo. Lui faceva l’ala, io il terzino”.
Totalmente diversa la posizione che occupava a Napoli: “Chiappella mi diede il numero 9 e mi schiero? dietro le punte. Facevo il pendolo su tutto il fronte offensivo: partivo dal centro per svariare a destra e sinistra. Giostravo dietro ad Hamrin e Altafini. Il primo anno le giocai quasi tutte”. Fu proprio Chiappella – come racconta Jacopo Pascone – a volerlo in azzurro nel 1969. L’ex perno difensivo del primo scudetto della Fiorentina, una volta appesi gli scarpini al chiodo, si sedette subito in panchina per guidare la “sua” Viola.
Iniziamo da Firenze. Fu Chiappella a far esordire l’Uccellino nell’ultima giornata del campionato 1963-‘64, il 31 maggio, in una sconfitta indolore al della Vittoria di Bari. “Nei ragazzi della Fiorentina facevo l’ala destra”, ed e proprio in quel frangente che gli venne affibbiato il soprannome che si porterè dietro per tutta la carriera: “Quando giocavo nelle giovanili viola in prima squadra c’era Kurt Hamrin. Io e lui ci assomigliavamo molto fisicamente, entrambi piccolini e scattanti, per questo cominciarono a chiamarmi Uccellino, lo stesso soprannome che tutti davano al campione svedese”. Dopo Firenze e prima di Napoli, cinque stagioni che lo formano come calciatore: prima le Serie C con la Lucchese (34 presenze 8 reti); poi la B con il Livorno (3 gol in 24 gare); infine il triennio passato a Pisa. In nerazzurro ottiene la promozione in Serie A nel ’68, seguita da un torneo sfortunato ma vissuto da protagonista. “Il Pisa scese in B e io mi ritrovai a dover scegliere tra Verona e Napoli. Optai per la seconda. Come allenatore ritrovai Chiappella, un tecnico che già mi conosceva benissimo”.
In azzurro vive una stagione positiva, tre gol contro Torino, Milan e “uno proprio contro la Lazio, grazie alla grande complicità del portiere Di Vincenzo che fece un paperone”.
È quella la stagione (1969-‘70) in cui il Napoli affronta per la prima (e unica, prima della Champions odierna) volta l’Ajax in gare ufficiali. Azzurri e Lancieri si ritrovarono contro negli ottavi di finale della vecchia Coppa delle Fiere.
Nell’andata al San Paolo fu proprio un volo di testa dell’Uccellino a decidere la sfida: “Cruijff non giocava, mentre al ritorno giocò titolare e fece la differenza”.
Un mese e 10 giorni più tardi, il 21 gennaio 1970, si giocò ad Amsterdam: “Mi ricordo che c’era il campo ghiacciato, faceva freddissimo. Loro giocavano con le calze di nylon. Dopo aver vinto 1-0 con il mio gol al San Paolo, perdemmo 1-0 nei tempi regolamentari ad Amsterdam. Nei supplementari Rinus Michels fece un cambio: il calciatore che entrò ci fece tre gol. Perdemmo incredibilmente 4-1 il doppio confronto. Cruijff non segnò ma si vedeva già che era un fuoriclasse. Loro erano uno squadrone: avevano perso l’anno prima la finale di Coppa dei Campioni contro il Milan e si apprestavano ad aprire il ciclo del grande Ajax”. Il guastafeste di quella sera, Ruud Suurendonk, viene ricordato solo per quella folle tripletta da record, segnata in soli sei minuti.
Una scusante a distanza di oltre 50 anni forse più un aneddoto, l’assenza di Hamrin per la sfida di ritorno: “Hamrin aveva mangiato del pesce crudo a Napoli e si prese un’intossicazione, per questo non partì per Amsterdam”. In azzurro Manservisi tornerà anche nel 1971, in prestito dalla Lazio: “Al Napoli mi sono sempre trovato benissimo, sia con la squadra che con i compagni: tutti veri professionisti”.
Fonte Guerin Sportivo