I giovani, i brasiliani, i difensori tosti… e poi João Paulo. È tra le squadre più care ai suoi tifosi il Bari di trent’anni fa, del 1989-‘90, guidato dal molfettese Salvemini, trainato da uno che da quelle parti è un gradino sotto San Nicola: Sergio Luis Donizetti detto João Paulo. Un Bari che arrivava dalla B: al primo campionato con Salvemini alla guida i Galletti erano riusciti ad arrivare primi a pari punti col Genoa e ad essere promossi in A grazie ai gol di Paolo Monelli, ma soprattutto grazie a una difesa impenetrabile. Quel Bari prese 17 gol in 38 giornate, non subendone mai più di uno per partita, tranne in due gare: col Messina all’andata e poi nell’ultima contro il Monza. C’era Massimo Carrera, futuro pilastro juventino, in quella difesa, con lui un giovanissimo Lorenzo Amoruso che iniziava a giocare in prima squadra, c’erano i baresi Loseto, De Trizio, Terracenere e Di Gennaro, c’era Mannini in porta. E c’era anche Pietro Maiellaro, da Lucera, che a Bari divenne ‘u brasilian’ per via della sua tecnica sopraffina. Un presagio.
Per la Serie A – come scrive Cristiano Vella – Salvemini chiese più cessioni che acquisti. E il direttore sportivo Janich in estate andò proprio in Brasile e tornò con tre sconosciuti e tanti sberleffi: il roccioso difensore argentino Lorenzo dall’Argentinos Juniors, il centrocampista Gerson dal Palmeiras e soprattutto l’attaccante brasiliano João Paulo dal Guarani. Tra gol e giocate quest’ultimo fece innamorare i baresi al punto che l’estate ’89 è ufficialmente “L’estate in cui il Bari comprò João Paulo”, come da titolo di un bel libro di Francesco Marrocco che racconta il capoluogo pugliese, le sue storie e le leggende. Quel Bari fu un gran bel vedere: arrivò decimo in campionato, vinse la Mitropa Cup contro il Genoa, fermò praticamente tutte le grandi, dal Napoli di Maradona che sarà campione d’Italia all’Inter del Trap e dei tedeschi, reduce dallo scudetto dei record, regalò tanti bravi giovani al calcio italiano.
Proprio nell’ottobre ’89 i Galletti di Salvemini giocarono una grandissima gara a San Siro contro l’Inter (non sarebbe stata l’ultima nella Milano nerazzurra): vantaggio biancorosso con uno dei suoi ragazzini terribili, Angelo Carbone, su assist di João Paulo, pareggio nerazzurro di Berti e Bari che rischia di vincerla nel finale.
Un pari che si inquadrava in una striscia di dieci risultati utili consecutivi raggiunti dai biancorossi, temuti e rispettati da tutti: il Napoli futuro campione dovette sudare al della Vittoria pareggiando solo nel finale, idem la Fiorentina, il Milan di Sacchi riuscì a spuntarla solo al novantesimo con Van Basten, non riuscì a domare i Galletti la Juve e neanche al ritorno l’Inter.
Grazie a quella rosa il Bari rimase in A per tre anni, portando in biancorosso anche grandissimi campioni e retrocedendo nel 1992 pur avendo forse la rosa più forte del trentennio di presidenza di Vincenzo Matarrese, con dentro Zvone Boban, David Platt e Robert Jarni. Ma quel Bari dell’89 resta ai posti più alti nel cuore dei baresi: un gradino sotto il Bari dei baresi di Catuzzi… insomma, come San Nicola e João Paulo.
Fonte Il Fatto Quotidiano