Sicuramente, la maggior parte di voi non sa nulla del protagonista di oggi. Non era un crack, non era nemmeno un top player, come va di moda dire oggi, ma i suoi baffi allora, e i social network adesso, lo hanno reso una celebrità, almeno negli ambienti degli amanti del calcio vintage.
Arberth van den Ban è nato il 14 ottobre 1946 a Westzaan, nei Paesi Bassi. Esordisce da professionista nell’ormai defunta ZFC e nel 1970 firma per l’AZ Alkmaar, uno dei club più in vista del calcio olandese.
Van den Ban era centrale, ma più che per il suo gioco era famoso – come detto – per i suoi spettacolari baffi, chiaramente fuori moda negli anni ’70, ma li curava con attenzione.
Nel 1972 è passato all’FC Amsterdam e nel 1976 ha firmato per l’Haarlem, dove ha trascorso sette stagioni. In questo club ha vinto un campionato di Seconda Divisione, ed ha visto muovere i primi passi un giovanissimo Ruud Gullit.
Come si puòi immaginare, il suo look inconfondibile lo rese uno dei protagonisti delle collezioni di figurine del suo tempo. Ora, con l’avvento delle nuove tecnologie e della nostalgia calcistica, la figura di Abe van den Ban, che ha 76 anni e porta ancora i baffi, ha riacquistato fama.
Il colorato Zaankanter (la natìa Westzaan sorge nella regione dello Zaan) aprì un barbiere, possedeva diversi caffè e un ristorante e gestiva un centro per richiedenti asilo. Ma il pubblico del calcio olandese lo ricorda principalmente per la sua gag iconica. “Mia moglie non voleva quei baffi”.
Van den Ban è un eroe del culto primordiale. Rimane un qualcuno i cui famosi baffi sono stati giudicati i più belli nella storia del calcio professionistico da Old School Panini. “A volte sento accuse che ci metterei del gel o qualcos’altro. Non è vero”.
“All’inizio ci mettevo del sapone. Poi i miei baffi sono rimasti esattamente nella posizione che volevo. Magri e stretti. Ma se iniziavo a sudare o iniziava a piovere… che schifo, quel sapore. Non era nemmeno possibile bere una birra. Meglio alzarsi. Questo mi ha ucciso immediatamente”. Segue una risata. “Adesso posso colorarmi i baffi”. Van den Ban ora vive in Ungheria per la maggior parte dell’anno.
Sapeva fin da piccolo di volere dei baffi speciali. “Avevo dieci o forse undici anni quando eravamo in vacanza in Italia. A Loano il campeggio si chiamava ‘Emilio’. Non lo dimenticherò mai. Ho visto un italiano con dei baffi enormi. Lo volevo anch’io. Dall’età di diciassette anni ho lasciato crescere i baffi. È diventato il mio segno distintivo”.
Per due volte ha dovuto ridimensionarli. “La prima volta fu per via del mio trasferimento dallo ZFC Zaandam all’AZ’67. Dalla Seconda alla Prima Divisione è stato un bel passo. I fratelli Cees e Klaas Molenaar hanno posto una condizione: avere i capelli corti e i baffi tagliati. L’AZ ’67 voleva darsi l’immagine di un club pulito. Beh, dovevo. Fortunatamente, tutto è tornato come prima sei mesi dopo”.
Della sua carriera ricorda anche il brutto infortunio all’anca, il cartellino rosso nella sfida europea contro gli allora cecoslovacchi del Nitra, di aneddoti divertenti sull’allenatore Barry Hughes e il perché non è diventato lui stesso un allenatore.
Mario Bocchio